Dietro all’accelerazione delle operazioni militari dei Talebani c’è Pechino? Xi Jinping cerca un nuovo alleato in Teheran per gestire una regione che tra commodities e risorse potrebbe essere la più ricca al mondo. E tutto questo tiene Mosca in panchina, con grande disappunto di Putin che presto dovrà affrontare le elezioni.
Qual è il ruolo della Cina in Afghanistan? Molte pagine sono state spese sulle cause e sulle responsabilità della caduta rocambolesca di Kabul. Chi scrive, assieme ad altri, aveva già evidenziato come lo scenario afghano avrebbe rischiato di ripercorrere le stesse fasi di quello iracheno, diventandone di fatto una cornucopia.
Nonostante la fluidità degli eventi ancora in corso, come il ritorno in campo delle forze del Panjshir guidate dall’ex primo vice-presidente Amrullah Saleh e da Ahmad Massoud jr, una certa dinamicità – silente – la si può percepire da un certo attivismo da parte di alcuni attori esterni coinvolti.
Accelerazione delle operazioni militari, un modo per capitalizzare l’accordo con Pechino?
La Cina di Xi Jinping aveva già delineato un accordo preventivo con la leadership politica talebana, pretendendo una serie di condizioni chiave per un riconoscimento politico reciproco e il sostegno economico necessario a quest’ultime.
L’accelerazione delle operazioni militari dei miliziani può quindi essere letta come un modo per capitalizzare il prima possibile l’accordo con Pechino e consolidare la propria posizione a livello internazionale.
L’incertezza degli eventi, l’assenza di una leadership istituzionale certa e la variabile Panjshir hanno frenato il processo di riconoscimento da parte cinese, il cui obiettivo è insinuarsi nella partita afghana in maniera rapida e netta.
Gli interessi della Cina nella regione: un trilione di dollari in commodities
Gli interessi di Xi nella regione sono molteplici: ridisegnare gli accordi sulla Belt Road Initiative con la nuova leadership afghana, progetto già avviato con il precedente governo Ghani. Inoltre, l’Afghanistan siede su di una riserva di risorse minerarie centrali per lo sviluppo industriale e tecnologico cinese, soprattutto nel campo della tecnologia eco-sostenibile della quale Pechino punta a diventare leader.
Stime del 2010 parlano della presenza di commodities pari ad un trilione di dollari, anche se un report dello stesso Governo afghano nel 2017 alzava le stime a tre trilioni.
Il ruolo di Teheran: seconda potenza regionale con la Cina
Un ulteriore tassello nel mosiaco geopolitico lo gioca Teheran. Il rafforzamento delle relazioni attraverso una serie di accordi economici (dei quali abbiamo già accennato in un nostro precedente articolo) metterebbe Pechino in condizione di mediare tra Iran e mondo talebano.
Creare un blocco comune di forze nella regione permetterebbe a Xi di attuare la sua nuova politica estera e slegarsi dal ruolo di sola potenza regionale.
E Mosca?
Il riposizionamento di Pechino nella regione e i legami ancora più forti con Teheran e Kabul mettono Mosca in una scomoda posizione. Saltato il cosiddetto “piano A”, più attendista, la diplomazia russa per non perdere terreno e ristabilire gli equilibri regionali si vedrà costretta a mettere in atto il “piano B”.
Già più volte l’iper interventismo di Pechino aveva indispettito il Cremlino, che in questa partita avrebbe voluto giocare solo il ruolo di mediatore visto il già ampio dispendio di risorse e le imminenti elezioni di settembre per il rinnovo della Duma.
Se in una partita di Buzkashi (sport equestre dell’Asia centrale) vince la squadra più forte e aggressiva, in questo contesto Mosca non può giocare il ruolo del totem strattonato dai fantini vincenti, ritagliandosi uno spazio che non può che essere dietro le quinte.