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Come il Cloud Nazionale può salvaguardare i nostri dati, nonostante i colossi Usa

Il Governo ha presentato la Strategia italiana per tutelare le informazioni sensibili della Pubblica Amministrazione e dei cittadini. Ma il regno dell’archiviazione è in mano a Google, Facebook, Microsoft ed Apple. Parla Marco Bruni, Ad di Sourcesense

La capillare diffusione delle tecnologie come l’Internet of Things, si pensi agli spazzolini elettrici che ti indicano come e quando lavarsi i denti e delle connessioni a banda larga, che sono state fondamentali in questo ultimo anno e mezzo, hanno comportato una crescita esponenziale del volume di dati.

Con la stessa velocità è cresciuta anche la capacità degli hacker di carpire i segreti delle aziende o sabotarne le attività e rubare i dati personali e sensibili attraverso virus e malware. 

Non solo, a non farci dormire sonni tranquilli ci si sono messi anche altri Paesi, amici per giunta, come gli Stati Uniti che hanno emanato il Cloud Act, una norma che consente alle autorità pubbliche, dalle forze dell’ordine alle agenzie di intelligence, di acquisire dati dagli operatori di servizi di cloud computing a prescindere dal posto in cui questi si trovino. Quindi, anche se sono su server fuori dagli Stati Uniti. 

Un problema che riguarda anche l’Italia da vicino, visto che il regno dell’archiviazione dei dati in tutto il mondo è gestito da giganti americani leader del settore. Stiamo parlando, infatti, di operatori come Google, Amazon, Microsoft, Apple, da noi tutti utilizzati quotidianamente.

La settimana scorsa il Ministero dell’Innovazione tecnologica e transizione digitale, guidato da Vittorio Colao, tra l’altro ex AD di Vodafone, ha presentato la “Strategia Cloud Italia”, un documento con il quale ha fornito l’indirizzo strategico per l’implementazione e il controllo delle soluzioni Cloud nella Pubblica Amministrazione. L’obiettivo è chiaro e semplice: tutelare i dati sensibili del nostro Paese.

La nascita di un Cloud Nazionale ha ovviamente catturato l’interesse delle principali realtà italiane attive nel Cloud Computing, tra cui il “Consorzio Italia Cloud”, formato esclusivamente da aziende italiane, con sede nel nostro Paese e senza essere partecipate da società estere. 

Abbiamo incontrato Marco Bruni, consigliere fondatore del Consorzio, nonché Presidente e Amministratore Delegato di Sourcesense, realtà leader nelle soluzioni cloud-native basate su tecnologie “Open Source”, che si è soffermato proprio sull’importanza della sovranità digitale del dato.

“È fondamentale garantire la massima sicurezza dei dati riguardanti tutti i cittadini ed evitare di mettere in mano a soggetti esteri questo patrimonio. Player di primo piano attivi a livello nazionale stanno manifestando il loro interesse avvalendosi della collaborazione di giganti americani, leader mondiali del settore, che sono soggetti al Cloud Act statunitense, il quale potrebbe consentire al governo americano l’accesso ai dati delle amministrazioni e dei cittadini italiani”.

Marco Bruni

Preoccupazioni che sono state in parte placate dalle indicazioni fornite durante la presentazione del Governo italiano, ma che in qualche modo rimangono sullo sfondo.

“Da quello che abbiamo potuto apprendere la strategia per il cloud nazionale va nella giusta direzione, visto che pone l’accento sull’autonomia tecnologica italiana e la sicurezza dei dati, in linea con quelle che erano le nostre preoccupazioni e sollecitazioni”, sottolinea Bruni.

“Occorrono senz’altro indicazioni tecniche più precise per poter dare una valutazione dettagliata, ma è intenzione del Consorzio presentare una proposta globale e in linea con i migliori standard di sicurezza internazionali, che valorizzi le competenze delle aziende italiane del settore, nel pieno rispetto delle linee guida che sono state comunicate dal Ministro Colao”.

Leggi anche “Dati Facebook rubati

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