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L’agricoltura high tech che nasce in Italia

Il Gruppo Arrigoni è leader nella produzione di tessuti tecnici che consentono di migliorare la resa delle coltivazioni, di ridurre l’impiego di prodotti chimici e di operare in maniera molto più sostenibile.

Che cos’hanno in comune le serre high tech del Messico, le coltivazioni di mirtilli della Namibia, le piantagioni di barbabietola da zucchero della Spagna, i preziosissimi vigneti francesi e le coltivazioni di porri dei Paesi Bassi? Sono tutte produzioni alimentari protette dagli agrotessili e dalle reti per l’agricoltura realizzate da Arrigoni, storica azienda tessile comasca che negli ultimi decenni si è specializzata e imposta come leader a livello europeo per i materiali utilizzati nel campo agricolo.

Che si tratti di ridurre le temperature in una serra, di contenere l’impatto del sole per garantire a piccoli frutti di crescere nelle condizioni climatiche ideali, di proteggere dagli insetti i campi coltivati riducendo drasticamente l’impiego di pesticidi, di difendere le piante e i loro frutti da grandinate e piogge troppo aggressive, Arrigoni rappresenta infatti il punto di riferimento per il mondo dell’agricoltura, grazie a un know how e una serie di linee tecniche che rappresentano un unicum sul mercato internazionale.

L'agricoltura high tech che nasce in Italia
L’agricoltura high tech che nasce in Italia

Progettati intorno alla pianta

“Noi progettiamo i nostri prodotti agrotessili intorno alla pianta, con l’idea che se questa è nelle condizioni di vita ideali avrà bisogno di meno fertilizzanti, meno interventi chimici e potrà dedicare le sue energie a quella che è la sua missione: fruttificare. Per contribuire al benessere della pianta  abbiamo il nostro team di agronomi interno e collaboriamo con diverse facoltà di Agraria, oltre che con il Politecnico di Milano, la Fondazione Mach e l’Università di Wageningen, nei Paesi Bassi, che è specializzata proprio in studi agrari di alto profilo”, spiega Paolo Arrigoni, amministratore delegato del gruppo.

Rappresentante della terza generazione nell’azienda fondata nel 1936 da nonno Achille per produrre tessuti di alta qualità per camicie e cravatte, fu proprio lui, Paolo Arrigoni, a spingere negli anni Ottanta perché la tessitura, che nel frattempo era passata in mano a papà Giovanni, si specializzasse nei prodotti per l’agricoltura, abbandonando progressivamente i tessuti per l’abbigliamento che pure avevano fatto la fortuna del distretto tessile comasco. 

L'agricoltura high tech che nasce in Italia
Paolo Arrigoni

Dai tessuti per camicie e cravatte all’agricoltura

“Noi eravamo stati tra i primi a cominciare a lavorare la fibra di polietilene, già alla fine degli anni Sessanta, grazie al fatto che mio padre era amico di Enrico Vismara, un ingegnere chimico che fu tra i primi a svilupparla” prosegue l’amministratore delegato. “Fu così che negli anni Settanta ci dedicammo contestualmente alla produzione dei tessuti per abbigliamento e di quelli tecnici, cominciando con le reti antigrandine, con quelle per la raccolta delle olive e con i sacchi per l’ortofrutta. Quando io entrai in azienda, però, suggerii che sarebbe stato meglio specializzarsi in un solo settore. E, anche se con qualche perplessità e dubbio iniziale, mio padre accolse l’idea di puntare sull’agricoltura, che poi era ed è ancora una mia grande passione”. 

Una scelta che si sarebbe presto rivelata un vero lampo di genio. E che oggi, tra la crescita degli eventi climatici estremi, l’incremento delle temperature, e la diffusione di insetti provenienti da altre parti del mondo che minacciano il settore agricolo, sembra destinata a pagare ancora più che in passato. 

Certo, ciò non toglie che gli oltre 85 anni di storia dell’azienda, che oggi conta circa 170 dipendenti tra il quartier generale di Uggiate-Trevano e le unità produttive in Italia (due) e Romania, siano stati caratterizzati anche da qualche difficoltà. Nonostante il successo planetario del gruppo, che oggi esporta il 60% della produzione in oltre 70 Paesi nel mondo, dall’Africa al Sud America, dai Caraibi al Medio Oriente, dall’Europa fino ai Paesi dell’Est, far passare in un settore conservatore come quello agricolo il concetto che grazie agli Agrotextiles comaschi fosse possibile ridurre dell’80% l’impiego di pesticidi e aumentare notevolmente la produzione e la qualità dell’ortofrutta è stata un’operazione tutt’altro che facile. 

Prossima sfida: il benessere animale

“In tal senso ci sta aiutando molto il ricambio generazionale nelle aziende agricole e il fenomeno imitativo tra i produttori, che seguono le esperienze positive dei colleghi che utilizzano i nostri tessuti”, spiega Arrigoni. “Un’altra fortuna sono state le normative europee che prevedono residui chimici sempre più bassi nei prodotti alimentari e un’attenzione sempre più alta all’ambiente, tutte cose alle quali noi offriamo una soluzione efficace”.

È su questa falsa riga che l’azienda guarda anche al futuro. “Vogliamo completare l’offerta di soluzioni per il mondo dell’agricoltura, per cui abbiamo recentemente acquisito una società che si occupa anche di film plastico in agricoltura, e poi siamo certi che un altro tema sarà quello del benessere animale, per cui i nostri tessuti potranno servire anche per garantire condizioni più naturali negli allevamenti, che tenderanno ad essere sempre più all’aria aperta”, conclude l’amministratore delegato. 

Libero Quotidiano, 22 gennaio 2022.

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