lunedì, Febbraio 3, 2025
Google search engine
HomeCronache genialiNon solo Ucraina. Preoccupa il fermento tra Caucaso e Asia Centrale

Non solo Ucraina. Preoccupa il fermento tra Caucaso e Asia Centrale

I riflessi del conflitto in corso e l’uso distorto di smart power rischia di trasformare queste regioni in territori ad alto rischio per l’equilibrio internazionale.

Se dovessimo prendere in prestito terminologia ed analisi da altre scienze, questo sarebbe il momento più opportuno per farlo dalla sismologia e vulcanologia. Secondo questa disciplina una serie ripetuta di piccole scosse sismiche potrebbe essere il segnale per un evento di più grandi proporzioni.

Distratti – giustamente – dalle cronache e dagli eventi orbitanti attorno all’Ucraina, è facile perdere il focus su altri Paesi della regione che potrebbero divenire teatro di tensione nel prossimo futuro.

I segnali che arrivano da Caucaso e Asia Centrale

Molti segnali – scollegati fra loro – arrivano sia dal Caucaso che dall’Asia Centrale su quelli che potrebbero essere gli scenari di politica interna prima e geopolitica poi.

Il motivo per il quale eventi interni ai singoli Paesi potrebbero trasformarsi in internazionali sono dovuti al sempre più massiccio uso – distorto –  di “smart power” (mix di hard power e soft power), strategia che permette di raggiungere i propri obiettivi geopolitici con un minor impatto sui costi diretti e indiretti per la super potenza di turno, in quanto questi spesso ricadono su altri.

Ultimo esempio da noi analizzato qui, quello del ritiro statunitense dall’Afghanistan.

Il fermento tra Caucaso e Asia Centrale
Non solo Ucraina. Preoccupa il fermento tra Caucaso e Asia Centrale

L’intensificazione degli scontri in Nagorno-Karabakh

I primi segnali di un fermento in questo senso arrivano dal Nagorno-Karabakh, dove negli ultimi giorni gli scontri sono tornati a intensificarsi. Questi sono dovuti a due fattori: la parziale smobilitazione delle forze di interposizione russe, che garantivano de iure e de facto la pace, e l’indebolimento russo sullo scacchiere internazionale, che hanno indotto la Turchia a spingere il suo unico alleato regionale, l’Azerbaijan verso una nuova offensiva militare.

Ankara ha sempre mostrato segnali di insofferenza verso la risoluzione del conflitto fornita da Mosca, e questa sua iniziativa la riporterebbe ad essere contemporaneamente sia attore negoziale di primo piano, che più vicina a Washington.

I pericoli legati alla Georgia

Secondo attore da tenere in considerazione è la Georgia, lontana dalle sfere di influenza russe – per motivi storici che non richiameremo qui – ma che per interessi economico-commerciali ha deciso di non aderire alle sanzioni contro Mosca. Il Primo ministro Georgiano Irakli Garibashvili ha dichiarato che il suo unico obiettivo è quello di salvaguardare il benessere del paese e della sua popolazione.

Questo suo pragmatismo nazionale ha provocato delle reazioni interne, che potrebbero incrinare la sua già fragile tenuta. Osservando i movimenti politici georgiani da una prospettiva endogena al Paese, si percepisce una situazione simile a quella del 2008, con il sentimento anti-russo crescente e il rischio di rivoluzioni colorate che potrebbero facilmente trasformarsi in altro è molto più che un’ipotesi.

Il fermento tra Caucaso e Asia Centrale
Non solo Ucraina. Preoccupa il fermento tra Caucaso e Asia Centrale

La tensione strisciante tra Tajikistan e Kyrgyzstan

Altri due fronti aperti sono quelli che vedono una tensione strisciante tra Tajikistan e Kyrgyzstan e la transizione in stile “monarchico” in Turkmenistan.

Gli scontri al confine tra i due Paesi dell’Asia centrale si ripetono ormai da mesi. Le fragilità economiche di queste due repubbliche assieme alle frizioni territoriali potrebbero facilmente sfociare in manifestazioni prima e rivolte poi come già accaduto la scorsa primavera. Pechino osserva con attenzione, consapevole che l’assenza della Russia potrebbe esporla a qualche rischio in più di quanto avvenuto in Afghanistan. Bisognerà capire se la sua voglia di imperialismo la condurrà a una mossa preventiva; mossa che al dipartimento di stato americano qualcuno si aspetta.

Il passaggio di potere in Turkmenistan

L’ultimo tassello del mosaico centro-asiatico è rappresentato dal Turkmenistan, sesto Paese per riserve di gas al mondo che si accinge ad una transizione del potere in chiave monarchica. Il 64enne presidente Berdymukhamedov lo scorso febbraio aveva dichiarato che, data la sua età, era giunto il momento di lasciare il Paese a una leadership giovane, di fatto portando il figlio Sardar (già vice premier), ad essere il candidato in pectore.

Non solo Ucraina. Preoccupa il fermento tra Caucaso e Asia Centrale
Il presidente turkmeno Berdymukhamedov

I reali motivi di questa decisione non sono noti, ma gli interrogativi che apre sono molteplici; se l’uscita di scena sarà reale e non teatrale, quali saranno gli scenari di tenuta del Paese? È plausibile uno scenario simile a quello Kazako, con scontri di potere intestini?

Gli interessi in gioco sono alti e se Pechino si vuol fare di nuovo impero dovrà agire come tale. I rischi restano e la “smart power” rimane pratica geopolitica mai démodé, la crisi ucraina ce lo conferma ancora una volta. 

RELATED ARTICLES
- Advertisment -
Google search engine

Most Popular

Recent Comments