La Mascioni Organi, nata quasi 200 anni fa, trova commesse dal Vaticano all’Islanda
La loro prossima fatica, che li terrà impegnati per circa tre mesi tra febbraio e aprile, sarà un intervento approfondito di manutenzione dell’organo della basilica di San Pietro in Vaticano. Ma l’ambito di azione dell’azienda Mascioni Organi, realtà famigliare con sede ad Azzio, piccolo comune di 700 anime a Nord di Varese, la cui storia è ormai giunta alla sesta generazione, va ben oltre i confini nazionali.Nata nel 1829, quando il giovane Giacomo apre un modesto laboratorio di riparazioni e accordature nel borgo di Comacchio, frazione di Cuvio (Varese), seguendo il consiglio di due parenti conventuali tornati in patria dopo la soppressione napoleonica degli ordini religiosi, l’azienda è infatti cresciuta generazione dopo generazione. E lo ha fatto raggiungendo livelli tecnici d’avanguardia e fama a livello mondiale. Tanto da essere una delle più antiche fabbriche d’organi attive in Europa.Attraverso quasi 200 anni di attività si è arrivati alla costruzione di circa 1.200 organi, distribuiti non solo nell’Europa continentale, ma anche in Islanda, Brasile e in Paesi non a maggioranza cristiana come Giappone e Marocco. “Ancora oggi realizziamo in proprio nel nostro laboratorio praticamente tutte le parti necessarie per un organo”, spiega Andrea Mascioni, legale rappresentante dell’azienda. “Dalle parti in legno e metallo, alle leghe di stagno, fino alla lavorazione del piombo”, sottolinea Mascioni. “L’unica cosa di cui non ci occupiamo sono le componenti elettriche ed elettroniche, che con il passare degli anni sono entrate a fare parte anche dei nostri strumenti, perché c’è chi vuole l’organo che suona da solo e chi vuole quello che magari funziona con il telecomando”.Organi per tutto il mondo, che ancora oggi richiedono parecchi sacrifici a chi è chiamato ad assemblarli e accordarli in posti lontani. “Per fortuna ci siamo lasciati da tempo alle spalle ciò che accadeva nella prima metà del novecento, quando magari per trasportare e costruire un organo in Sud America si stava lontani da casa per cinque-sei mesi, tra viaggio di andata e ritorno in nave, assemblaggio e regolazione nel luogo di destinazione”, racconta il legale rappresentante dell’azienda. “Tuttavia, il nostro resta sicuramente un lavoro di sacrificio”.Se da un lato chi ha la passione per meccanismi e strumenti senza tempo può trovare grande appagamento nel lavoro in una fabbrica di organi, dall’altro acquisire le competenze necessarie per costruire uno strumento così complesso è tutt’altro che semplice. “Nel nostro lavoro la formazione si fa ancora sul campo, con l’esperienza”, racconta Mascioni, “e ogni organo è un pezzo unico, il cui suono rappresenta una novità, una sorpresa anche per noi”.D’altra parte, per avere un’idea del lavoro che sta dietro alla realizzazione di un organo basta pensare che per l’impianto realizzato per la basilica del Santuario di Fatima, in Portogallo, sono state necessarie quasi 20 mila ore di lavoro. L’equivalente di oltre due anni di lavoro ininterrotto, 24 ore su 24 e 365 giorni all’anno.Una mole di impegno che, insieme alle dimensioni dello strumento, spiega perché un organo a canne rappresenta tutt’oggi un lusso. “Il nostro primo cliente è di gran lunga la Chiesa, che assorbe il 90% della produzione”, prosegue Mascioni. “Si tratta sicuramente di un cliente affidabile, ma in questo periodo di crisi economica, delle vocazioni e della Chiesa stessa è chiaro che anche le parrocchie sono meno propense a impegnarsi in un investimento del genere”.Nessuna sorpresa, quindi, che anche questo settore abbia registrato un rallentamento rispetto al passato. E che l’azienda, che oggi impiega 18 persone, abbia subito una riduzione del numero di dipendenti tra il 30 e il 40% rispetto a 30 anni fa. Ciononostante le prospettive future dell’azienda, che è stata recentemente premiata come una delle 23 eccellenze lombarde riconosciute da Imprese di Valore, l’iniziativa di Regione Lombardia e Unioncamere Lombardia per valorizzare le migliori realtà aziendali del territorio, sono positive. “Noi abbiamo portato avanti la tradizione fino a qui, ma lavorare in un settore di nicchia e fare un mestiere antico come il nostro può sicuramente dare grandi soddisfazioni anche a quei giovani che allo smartphone preferiscono l’arte, la musica e il piacere del bello”, conclude Mascioni.
Libero, 3 febbraio 2018