Di fronte alla difficoltà di immaginare una vittoria totale, la possibilità di una soluzione che lasci entrambi insoddisfatti potrebbe rivelarsi il compromesso più auspicabile.
Nella geopolitica dei conflitti, le situazioni di stallo sul campo possono condurre a un lento deteriorarsi degli equilibri di medio periodo e quindi sfociare in pericolose escalation. Questo è quasi matematico se almeno una delle due parti detiene o ritiene di detenere lo status di grande potenza.
Lo scenario che ci troviamo ora difronte nel conflitto russo-ucraino è quello di una situazione che difficilmente porterà una delle due parti ad una vittoria totale, tale da determinare de jure e/o de facto un processo di pace duraturo e permanente.
La vittoria sul campo di Mosca o Kiev nel medio periodo richiede un dispiego di risorse economiche, militari ed umane che difficilmente saranno sostenibili per una serie di fattori che qui proveremo a delineare in breve.
Per esercitare la propria potenza militare sul campo ed eventualmente vincere il conflitto – senza l’utilizzo di strumenti non convenzionali – Mosca avrebbe bisogno di ridefinire due direttrici. Quella politica e quella economico-strategica.
Lo scontro tra élite in Russia
È pacifico come lo scontro tra élite all’interno della leadership russa stia erodendo lentamente la capacità di decision making anche a livello militare. Per raggiungere i suoi obiettivi, quindi, il Cremlino avrebbe bisogno di riequilibrare il peso specifico di queste capacità a vantaggio di altre generando un nuovo modello di spoiling system simile a quello dei primi anni duemila. Il rischio in questo senso è un’ulteriore frammentazione del Sistema politico-istituzionale prima e del Sistema Paese poi.
In parallelo con la dimensione politica, quella economico-strategica spingerebbe la Russia ad un maggior assoggettamento verso attori esterni – non solo Pechino – tali da assottigliarne il potere contrattuale sui mercati internazionali (commodities in primis).
Sul versante ucraino, Kiev è ostaggio del supporto militare, logistico ed economico dei propri alleati. Spingere il conflitto su un nuovo livello – vedasi la difficoltà a generare una controffensiva a largo raggio – richiede non solo supporto costante, ma anche un innalzamento a livello di incisività militare delle forniture.
La Casa Bianca e la soluzione coreana
In questo senso, paradossalmente, il primo avversario di Zelensky è proprio la Casa Bianca che per ragioni diverse – elezioni, bilancio e geopolitica dell’indo-pacifico – non è disposta a garantire determinati aiuti che la metterebbero definitivamente in una posizione di scontro frontale e diretto con Mosca. Situazione quindi insostenibile se condotta in piena autonomia.
La soluzione per un accordo semi-permanente e riluttante all’escalation – russa – sarebbe quella di spingere entrambi gli attori al tavolo delle trattative mettendo sul piatto una soluzione-(i), che scontenti entrambi.
Tra le ipotesi che riteniamo più convincenti, quella di una linea di confine che congeli lo status quo a tempo semi-indeterminato sulla falsa riga di quella coreana potrebbe essere un’ipotesi congeniale per Mosca che ridurrebbe le perdite economico-militari e troverebbe una quasi vittoria nella narrativa che ha spinto alla cosiddetta “operazione militare speciale”.
Le difficoltà per l’Unione Europea
Dal canto suo Kiev avrebbe bisogno di garanzie sostanziali affinché il congelamento del conflitto non risulti sul medio periodo in un’opportunità per ridefinire le forze militari russe e riprendere le ostilità. In questo senso una delle ipotesi che avevamo già anticipato su queste pagine, sarebbe quella di inviare un contingente militare formato da una “coalizione di volenterosi” guidati dalla Polonia che fungerebbe quasi da forza di interposizione a garanzia non solo di Kiev, ma anche dei Paesi confinanti.
Questa soluzione sarebbe contornata da un alleggerimento delle sanzioni contro Mosca (ipotesi già al vaglio di Washington), solo in alcuni settori, quale ulteriore garanzia e segno distensivo.
A nostro avviso, alla stregua del pacifismo di facciata, una soluzione in questo senso ristabilirebbe una sorta di equilibrio europeo e smarcherebbe attori più economico-politici che militari, come l’Unione Europea di un ruolo difficile da gestire nel lungo periodo.