Lo chef elogia la città e la sua vitalità gastronomica: “Oggi qui si mangia meglio che mai. Ognuno deve fare la sua parte.”
Milano, la capitale della moda e del design. Ormai da tempo anche della ristorazione. Se anni fa gli chef italiani guardavano all’estero per ispirarsi, oggi non c’è bisogno di varcare i confini: la città è vitale, offre tante opportunità a chi sa coglierle. E per questo non merita tutte le lamentele che, spesso, le piovono addosso.
Questo è in sintesi il pensiero di Andrea Berton, intervistato in occasione della riapertura del suo ristorante in Porta Nuova, fresco di restyling. Lo chef stellato, friulano di nascita e ormai milanese de facto, vive e lavora all’ombra della madonnina da più di vent’anni. «Sono cittadino del mondo, ma scommetto ancora oggi sul prorompente sviluppo gastronomico di Milano».
Berton, si sente piu chef o più impreditore?
Entrambi. I ristoranti sono imprese, devono essere sostenibili economicamente. La ristorazione ha necessità di offrire un’esperienza piacevole, ma deve saper far quadrare i conti.
Ha appena riaperto dopo aver costruito un dehor esterno. Un investimento non indifferente.
Volevamo migliorare l’accoglienza e l’offerta di spazio per gli ospiti. E quindi abbiamo investito con l’obiettivo di essere sempre più attraenti per i clienti. Del resto, non si può rimanere fermi.
Oggi è anche imprenditore, ma prima è arrivata la passione per la cucina. Come è nata?
Da bambino mio padre mi portava a mangiare nei ristoranti quando prendevo buoni voti. Io, invece di stare a tavola, guardavo cosa succedeva in cucina. Da lì è nata la mia curiosità, che poi è diventata il mio mestiere.
Un mestiere che l’ha spinta a viaggiare. Ma, arrivato a Milano, non si è più mosso.
La città oggi è capitale del cibo, non solo in Italia. C’è un grande interesse diffuso per ciò che accade qui. Ci sono tante opportunità per chi ha idee e la determinazione per sviluppare.
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Milano, una scommessa vincente per la ristorazione
Molti dicono che a Milano non si mangi più bene come una volta…
Affatto. Mai mangiato così bene a Milano come nel post-Expo. Quando sono arrivato qui guardavamo all’estero per cercare spunti e tendenze, ora basta stare a Milano. Certo la città è molto competitiva, ma se fai bene il tuo lavoro, ti viene riconosciuto. Io sono sono soddisfatto. Certo, come tutte le grandi città ha problemi, ma è in crescita.
Molti suoi colleghi hanno deciso di andarsene, lei invece resta.
Ognuno sceglie dove lavorare e vivere. Io resto a Milano. Ho altre attività altrove, ma la mia base è qui. Credo che sia il caso di smettere di lamentarsi di quello che manca a Milano. Iniziamo piuttosto a dare il nostro contributo, ad aiutare la città dando l’esempio.
Si sente più milanese o friulano?
Mi sento più milanese, anche se nel dna ho il senso del lavoro tipico dei friulani.
Dibattito sulla ristorazione: il fine dining è morto?
Non amo queste definizioni. Per me il ristorante deve essere un luogo che accoglie, un luogo aperto. Non deve essere esclusivo, per pochi. Al ristorante si cerca “ristoro”, ci si vuole divertire e stare bene.
Cosa avrebbe detto di questo Gualtiero Marchesi?
Il Maestro diceva: ‘Al ristorante si va per mangiare bene. E questo obiettivo può essere declinato in mille modi’. Non posso che condividere questo spirito.
Lui è partito dalla tradizione e l’ha destrutturata e spettacolarizzata, con il raviolo aperto e con la foglia d’oro sul risotto.
Più che destrutturare, l’ha modernizzata. Aprendo una strada importantissima per tutto il settore del cibo in Italia.
Tradizione e innovazione: il futuro della cucina secondo Berton
Lei è per la modernizzazione o il rispetto della tradizione?
Tutti i settori del mondo evolvono, quindi anche quello del food. Il passato è un’importante guida per il futuro. Ma l’attaccamento morboso alla tradizione non lo capisco. Non si deve rimanere fermi, bisogna studiare, imparare. E guardare al futuro, anche in cucina.
Stravolgendo o evolvendo?
Sapendo cogliere nuove sfide. Mi ricordo che quando sono arrivato a Milano non si mangiava buone pizze in città. Oggi è tutto un fiorire di ottime pizzerie. Tra i migliori c’è Confine. Ma ce ne sono tante altre. Come ‘Dry’, che è stata una rivoluzione: abbiamo seguito il progetto all’inizio e siamo riusciti a portare la pizza a un livello notevole affiancandola ai cocktail.
Dove va a mangiare quando non lavora?
Due posti che seguo e apprezzo sono Veramente e Casa Brera. Qui c’è un minestrone buonissimo.
Non possiamo che confermare. Quel minestrone leggendario, merita il viaggio. Forse anche grazie alla preziosa consulenza dello stesso Berton, lo chef dal rigore friulano e dall’imprenditorialità tutta meneghina.
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