Le Uova di Selva prodotte in Valtellina da animali allevati in libertà in mezzo ai boschi: qualità al top e consegna entro 24 ore
Se non è un esperimento sociologico, poco ci manca. La decisione di lasciare qualche centinaio di galline libere di razzolare e nidificare in un bosco di castagni a 600 metri di quota, con l’idea di avviare un allevamento per la produzione di uova, nasce infatti più da un’intuizione filosofica che dall’adozione di un qualche modello tratto da un manuale di agraria.
D’altra parte, quella di Massimo Rapella e delle sue Uova di selva, prodotte nei boschi di Morbegno, in Valtellina, in quello che originariamente era un semplice terreno annesso alla casa in cui vive con la moglie Elisabetta e i loro tre figli in località la Gramola, è la storia di un’impresa nata un po’ per caso e un po’ per genio. E diventata nel giro di soli cinque anni un modello che molti vorrebbero replicare. Soprattutto oggi che le uova prodotte dalle galline libere sono state adottate da alcuni dei più celebri nomi della ristorazione italiana, entrando nei menù di ristoranti stellati quali Sadler e Unico, solo per citarne un paio.
“Fino al 2013 mia moglie ed io gestivamo una comunità alloggio per minori in casa nostra. Poi, con la crisi e il taglio alle spese sociali da parte di molti Enti locali, ci siamo ritrovati nella condizione di dover chiudere”, racconta Rapella. “Fino a quel momento la selva era stata una sorta di spazio terapeutico per i ragazzi. Ma, visto che avevamo le nostre tre-quattro galline che se ne stavano beate nel bosco per poi tornare nel pollaio alla sera, mi venne l’idea di provare a riprodurre il sistema con numeri più grandi”.
Fu così che arrivarono le prime 200 galline ovaiole le quali, lasciate libere di scorrazzare nel bosco e di scegliere se nidificare e deporre le uova in mezzo alle ceppaie o nel pollaio, diedero inizio alla produzione. “La scelta fu da subito quella di garantire al consumatore un prodotto di qualità superiore, biologico e consegnato entro le 24 ore”, sottolinea Rapella. “Per avere un uovo eccellente un aspetto essenziale è quello dell’alimentazione: le nostre galline, che vengono nutrite solo con granaglie, frutta e verdura con certificazione biologica, sono libere di cibarsi di tutti i frutti e le proteine che offre il sottobosco, che garantisce insetti, radici, erba e le castagne che noi non raccogliamo”.
Non solo. Altro aspetto essenziale di un modello di business che inevitabilmente richiese tempo per decollare fu “la scelta di non dare le uova ai negozi, che pure me le chiedevano, ma di venderle solo direttamente ai consumatori, che fossero quelli che incontravamo nei mercati degli agricoltori o quelli a cui consegnavamo a domicilio”, ricorda il padre delle Uova di selva. “Visto che noi ci mettiamo tutto il nostro impegno ci sembrava giusto poter avere un contatto diretto con il consumatore, in modo da trasmettergli il messaggio corretto, lasciando poi che fosse soprattutto l’uovo a parlare”.
Inutile dire che, nel primo anno e mezzo, la scelta di non dare ai negozi le uova che non venivano vendute direttamente, e che venivano cotte e date alle galline stesse come integrazione dell’alimentazione, non fu facile. Alla fine, però, ha pagato: “Siamo arrivati ad avere clienti in lista di attesa, e adesso abbiamo di nuovo un po’ di margine solo perché abbiamo preso delle nuove galline”.
Grazie al passaparola e alla qualità delle uova, nel giro di pochi anni le richieste sono cresciute al punto che oggi nel bosco di famiglia razzolano circa 2 mila galline. “Per avere uno spazio adeguato abbiamo dovuto anche acquistare un altro pezzo di bosco, per cui complessivamente le nostre galline hanno a disposizione due ettari di selva. Qui possono fare i bagni di terra, salire sugli alberi, stare fuori che ci sia il sole o che nevichi. Poi la sera hanno a disposizione un pollaio riparato e riscaldato nel quale tornare e stare al sicuro dalle volpi, faine e poiane che, quando si tratta di cacciare, si fanno beffa delle recinzioni”, ammette Rapella.
Per lui, che condivide la cura degli animali e del pollaio con la moglie e tre collaboratori, l’impegno non si limita al bosco. “Dal 2015 consegnamo le uova a Milano, e prima ancora in Brianza”, spiega. Una volta a settimana, quindi, la vita della selva lascia spazio al traffico cittadino. Un passaggio che rende ancora più dolce il ritorno in una dimensione nella quale i ritmi di vita sono quelli “dettati dalle galline, che li modificano nel corso dell’anno con l’andamento del sorgere e calare del sole”, conclude Rapella.
Libero, 3 marzo 2018