Il 2020 segna per il mercato del bio un +11 per cento. Gli italiani lo associano a salute e ambiente, ma potrebbe anche essere un’onda cavalcata dalla grande distribuzione.
Italia, un paese di santi, poeti navigatori. E consumatori bio. Sì, perchè nemmeno la pandemia è riuscita a fermare la crescita inarrestabile dei consumi di prodotti “organic”. Secondo Bio Bank, la banca dati del biologico italiano che dal 1993 segue l’evoluzione del settore attraverso i censimenti diretti di migliaia di attività, l’aumento delle vendite nell’annus horribilis che si appena concluso è ancora a due cifre. Più 11 per cento, a dimostrazione di quanto il prodotto biologico venga percepito dagli italiani non come uno sfizio o una moda. Anzi, come una risposta a bisogni fondamentali, come la nostra salute e quella dell’ambiente.
Sorpasso della grande distribuzione
Forse alcuni di noi hanno ancora in mente i primi negozietti biologici, piccoli e minimal, seminascosti come fossero rifugi carbonari che spacciavano prodotti salutari. Solo in quegli antri minuscoli potevano essere acquistati oli spremuti a freddo, cicerchie del contadino, saponi naturali e vini senza solfiti. Ma da diversi anni il clima è cambiato come emerge nel “Focus Bio Bank – Supermercati & Specializzati 2020“. I negozi specializzati si sono ingranditi e si sono moltiplicati; contemporaneamente le referenze biologiche hanno varcato le soglie della Gdo, la grande distribuzione organizzata, trovando sempre più spazio sugli scaffali. Fino al 2014, anno del sorpasso delle vendite. Se prima la maggior parte delle vendite di prodotti naturali era appannaggio dei negozi specializzati, negli anni seguenti i supermercati hanno avuto il sopravvento.
Gdo in crescita come volumi e quota sul totale
In dieci anni i supermercati sono diventati forza motrice delle vendite. La loro quota è salita dal 27 al 47%: quasi metà del fatturato del biogico è realizzato dai supermercati, mentre la restante quota è distribuita tra gli specializzati, gli altri canali come le vendite dirette e la ristorazione. Un’eccezione di rilievo per la Gdo italiana è stata la chiusura, poco prima dello scorso Natale, di tutti i punti vendita nazionali appartenenti alla catena Bio C’Bon.
Per quanto riguarda il commercio specializzato nei prodotti 100% naturali, nel corso degli ultimi anni ha registrato un calo della quota vendite sul totale del biologico, passando dal 45 al 21%. Nonostante ciò il fatturato in valore assoluto (poco più di 900 miliono di euro) è cresciuto nel 2020 dell’8%. Proporzionalmente i negozi sono cresciuti più dei supermercati: questi hanno visto il loro fatturato derivante dal bio (circa 2 miliardi di euro) incrementarsi “solo” del 5%.
Tornanto ai negozi, il loro numero totale rimane stabile, circa 1400 anche se il tournover è marcato. A duecento nuove aperture sono corrisposte lo stesso numero di chiusure. A gettare la spugna sono stati soprattutto i piccoli negozi che hanno fatto la storia del biologico. Al contrario crescono quelli con superfici oltre i 150 metri quadrati.
Riaffermare la bio-identità
Al di là dei freddi e asettici numeri, la ricerca evidenzia il peso che il bio ha assunto nelle strategie della Gdo e, in generale di tutta la popolazione italiana. Ormai i grandi supermercati hanno sposato i temi chiave del bio. E questo va in parte a discapito dei negozi che devono investire sempre di più nella riscoperta della loro vocazione originaria. In che modo? Comunicando sempre meglio i valori della scelta biologica e legandosi ancora di più ai produttori locali, per offire un’esperienza di acquisto sempre più autentica e identitaria.
[…] l’articolo di Stefano Corrada sul mercato del […]