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Il punto geniale. Draghi e il suo nuovo Governo. Sarà un esecutivo rigoroso?

La nuova compagine tecnico-politica si è insediata. Il primo provvedimento sulla chiusura degli impianti di sci fa discutere e si teme che possa essere un segnale sulla rigidità del mandato.

Draghi e il suo nuovo Governo saranno un Esecutivo rigoroso? È stata una settimana difficile quella che si è appena conclusa per la politica italiana. In soli sette giorni il Bel Paese è riuscito a trovare la quadra e a formare un nuovo Governo.

E quella che si apre sarà un’altrettanto importante tappa: il giuramento del nuovo Esecutivo con il tracciamento delle linee che guideranno il lavoro del neo presidente Mario Draghi e dei suoi ministri.

Uscire dalla pandemia e ristabilizzare l’economia

La nuova squadra messa assieme dal ex presidente della Bce è composta da figure politiche e tecniche che sono state da alcuni definite degne di un esecutivo “tecnico Cencelli”.

Il primo compito della nuova formazione sarà quello di uscire dalla pandemia, sul fronte economico, ma anche e soprattutto sul fronte sanitario.

Dall’altra parte, la politica e i partiti dovranno trovare il modo per ricostruirsi e tornare ad essere credibili, per ritrovare la fiducia degli elettori. Draghi e il suo nuovo Governo saranno un Esecutivo rigoroso?

Il primo provvedimento: chiudere

Il giuramento del nuovo Governo  di sabato 13 febbraio alle 11:57 (qui il suo tema Natale e le previsioni astrali sul suo orizzonte) ha dato quasi l’illusione di essere usciti dalla crisi, politica e pandemica. Ma è bastato un giorno per ritornare alla realtà.

Il nuovo provvedimento emanato dal ministro della Salute, Roberto Speranza, il primo del nuovo Governo, ha riportato tutti con i piedi per terra.

Per oggi, 15 febbraio, era prevista l’apertura degli impianti sciistici, ma i dati di risalita dei contagi hanno portato alla dura scelta di bloccare tutto. Peccato che la comunicazione sia stata data a 10 ore dal via, facendo insorgere gli operatori della montagna.

L’ennesimo gesto improvvisato? Oppure un segnale che ora la pandemia sarà presa sul serio, con chiusure serie?

Un presidente silenzioso

Ma andiamo per ordine. Quella appena conclusa è stata una settimana di maestria politica e comunicativa (del silenzio) del duo presidenziale Draghi-Mattarella.

Durante le consultazioni il neo presidente ha lasciato spazio di parola ai partiti e si è messo in funzione ascolto.

La crisi del Movimento 5 Stelle

Chi più di altri ha dato mostra di sé è stato il Movimento 5 Stelle, spaccato a metà tra chi voleva appoggiare il nuovo esecutivo e chi, invece, si rifiutava di farlo.

Così, il leader carismatico Beppe Grillo ha posto un aut aut, chiedendo a Draghi di occuparsi dell’ambiente.

A conclusione dell’incontro con la presidente del WWF, Donatella Bianchi, il nuovo premier ha fatto sapere che avrebbe dedicato un ministero alla Transizione Ecologica.

Un Rousseau divisivo

Il quesito per interrogare la base attraverso la piattaforma Rousseau, quindi, è stato proprio su questo.

L’impressione però è stata che avrebbero potuto chiedere qualsiasi cosa e forse Beppe Grillo si è reso conto che l’unica alternativa per l’Italia oggi sia consentire che questo Esecutivo faccia il proprio lavoro.

Dal risultato del voto (59% di sì) il Movimento è uscito con le ossa rotte. Alessandro Di Battista ha annunciato di voler mollare e il risultato in termini di peso all’interno dell’Esecutivo è stato veramente basso. E ora c’è chi spinge per l’astensione alla fiducia.

Un’occasione per i partiti

Ma tant’è, questa è l’occasione per tutti i partiti per ripartire e ritrovare un equilibrio con l’elettorato e con la democrazia.

La settimana di consultazioni, da questo punto di vista, è stata molto interessante, perché ha riportato al centro del dibattito interno i contenuti e la politica.

Ogni leader ha portato al premier incaricato i propri desiderata sul programma e una lista di possibili ministri da cui pescare per formare il nuovo Esecutivo.

Il nuovo Governo

E così Draghi e Mattarella sono riusciti a formare una squadra tecnico-politica. Le riforme per ottenere i fondi del Next Generation Eu saranno affidati a Ministeri che Draghi sembra voler dirigere in prima persona.

Le figure tecniche sono a lui molto vicine: Transizione ecologica (Cingolani) e Tecnologica (Colao), Infrastrutture (Giannini), Scuola (Bianchi), Giustizia (Cartabia).

Forza Italia e Lega

Ma anche le figure politiche non sembrano essere state scelte a caso. Come quella di Renato Brunetta alla Pubblica amministrazione. Un dicastero senza portafogli che il deputato di Forza Italia aveva già guidato lasciando la sua legge incompiuta, ma dimostrando di saper trattare con il pugno di ferro le rappresentanze sindacali.

E forse è proprie questo ciò in cui spera Draghi: una testa d’ariete che sfondi i muri che le parti sociali potrebbero ergere contro le riforme che vorrà imporre. In particolare sulla scuola e nel tessuto imprenditoriale.

Giancarlo Giorgetti, Lega, Mara Carfagna, Forza Italia, sono due figure probabilmente volute da Mattarella che dovrebbero rispondere il primo agli imprenditori del Nord, la seconda al sistema sociale del Sud.

Il vero ministro degli Esteri sarà Draghi?

Luigi Di Maio, M5S, è ben voluto dalla macchina della Farnesina, dalla quale si lascia guidare senza pestare i piedi al mondo diplomatico, una realtà che si regge su regole proprie.

È molto probabile però che il vero ministro degli Esteri sarà lo stesso Draghi. Sia in Europa, sia con l’alleato Atlantico Joe Biden, che nei giorni scorsi ha lanciato un tweet dicendo che non vede l’ora di iniziare a lavorare insieme.

La comunicazione

Ultimo aspetto è quello della comunicazione. Nei primi giorni il silenzio del neo presidente è stato visto con favore.

Ma la mancata nomina di un portavoce e l’assenza quasi totale di notizie da Palazzo Chigi (ufficiali e non) comincia a far storcere il naso a molti giornalisti. Negli ultimi anni, infatti, sono stati abituati a essere imboccati di retroscena e di anticipazioni.

Avanti così per almeno un anno

La linea comunicativa del nuovo Esecutivo sembra segnare una netta differenza col passato. Draghi non ha profili social e le uniche occasioni di comunicazione sono state solo quelle ufficiali, previste da protocollo.

È possibile che questa continuerà a essere il suo modus operandi, per un mandato che dovrà durare almeno per un anno, fino alla elezione del presidente della Repubblica.

Una cosa è certa: i giornalisti dovranno tornare per strada a cercare notizie. Ed è possibile che quello di Draghi sarà un Esecutivo rigoroso anche su questo fronte.

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