Mario Draghi è un po’ come Mary Poppins: arriva dall’alto con il suo ombrello, apre la borsa magica, mette in ordine, insegna un metodo, fino a quando non se ne andrà, osservando dall’alto l’operato dei suoi protetti. Magari dall’alto di un Colle.
Mario Draghi e la rivoluzione silenziosa. La scorsa settimana il neo presidente del Consiglio si è presentato al Parlamento per delineare il suo programma di governo e ottenere il via libera dai partiti.
Quelle alle Camere sono state le sole parole che gli abbiamo sentito pronunciare: ufficiali e istituzionali. Nessuna intervista, nessuna ospitata in trasmissioni tv o radio, nessun post sui social.
Un programma di scopo: i fondi Ue
Quello che Draghi ha descritto in Parlamento è un programma ampio, forse anche troppo. A giudicare dalla portata, si direbbe infatti che il neo premier abbia voglia di stare in carica per un decennio. In realtà, quello che ha illustrato nel suo discorso alle Camere è solo ciò che servirà per incassare i fondi del Next Generation Eu: deve solo piacere a Bruxelles.
Inizierà con qualcosa di grosso, ad esempio la riforma del fisco, per poi lasciare al prossimo Governo il compito di portare a termine un programma già scritto, dal quale non si potrà transigere, perché sarà costantemente sotto la lente e sotto l’esame della concessione dei fondi europei.
Mario Draghi e la rivoluzione silenziosa
L’azione del premier è silenziosa. Un silenzio che traccia un operato costante e senza fratture rispetto al passato, ma con la chiara volontà di cambiare velocità e azione. I suoi primi passi sembrano voler dire: “Innanzitutto facciamo un po’ di ordine”.
È come se Draghi volesse suggere il know how ai mega tecnici e commissari per poi procedere speditamente con la propria politica per la ripresa: lotta alla pandemia e riforme strutturali.
Vuole rimettere un po’ di ordine nel caos creato dai partiti. Ristabilire le priorità e occuparsi seriamente delle questioni senza dover quotidianamente ascoltare la pancia del Paese.
Insegnare un nuovo metodo, tracciando la strada ed il percorso per riforme durature e di cambiamento, fino al momento in cui i partiti saranno in grado di camminare da soli e portare avanti il suo programma in autonomia. Un po’ come Mary Poppins.
La comunicazione: rigore e ordine
Anche i giornali hanno cambiato pelle, probabilmente perché il rigore e la serietà del neo presidente hanno creato un senso di rispetto nei confronti delle stesse notizie, forse finora considerate utili solo ad incartare il pesce il giorno dopo. Non c’è più spazio per i retroscena, o per la spasmodica ricerca della voce contraria.
Dal Governo si parla di un portavoce unico per il CTS (Comitato Tecnico Scientifico) per dare un limite al dibattito tra virologi, che nelle sue contraddizioni ha contribuito a creare grande confusione tra i cittadini. E si parla anche di una regia unica per la comunicazione. Quest’ultima di più difficile realizzazione, considerato che i partiti dovranno comunque esprimersi.
Primo Consiglio dei Ministri e primo Consiglio europeo
Oggi, lunedì 22 febbraio, si è tenuta la prima riunione del nuovo Consiglio dei Ministri. Il primo provvedimento è stato l’aggiornamento del Dpcm sulla pandemia, che anche in questo caso non sembra voler stravolgere l’azione del Governo passato, tanto da aver confermato il divieto di spostamento tra Regioni fino al 27 marzo.
Però si manifesta chiaramente la volontà di mettere ordine: rigore e certezza sulle chiusure, non come quella sugli impianti da sci. Uno scivolone che ha fatto capire che ora si deve programmare meglio.
Si vuole dare più sicurezza alle attività produttive, annunciando per tempo i provvedimenti che impattano sul sistema, soprattutto quello commerciale.
Giovedì 25 febbraio sarà la volta del Consiglio europeo, dove, per la prima volta da premier, Draghi potrà far sentire forte la voce dell’Italia, che potrebbe anche essere quella più autorevole, considerato che Angela Merkel concluderà tra pochi mesi il suo mandato. Il neo presidente punterà tutto sui vaccini, sulle modalità di distribuzione e sulla produzione. E’ possibile che il suo standing a Bruxelles sorprenderà i più e la sua parola non resterà lettera morta.
Anche se rimangono dei partiti contro
Tornando al programma, la risposta dei partiti al discorso di fiducia del nuovo Governo è stata ampia e condivisa da quasi tutti i fronti. Gli unici a sfilarsi, come previsto, sono stati i deputati e i senatori di Fratelli d’Italia.
Il partito di Giorgia Meloni (vittima questo fine settimana di insulti) ha infatti deciso di stare all’opposizione, forse per convinzione politica, più probabilmente per tattica elettorale.
Problemi anche nel Movimento 5 Stelle: 40 parlamentari sono stati espulsi dai Gruppi e dal Movimento perché hanno deciso di astenersi,o di votare contro il nuovo Governo.
Uscire dalla pandemia
Il primo punto del programma votato a gran numero da deputati e senatori è stato chiaro: uscire dalla crisi con una massiccia e capillare distribuzione di vaccini, e non solo nelle strutture sanitarie. La riforma sanitaria è infatti il “punto centrale”, a partire dal rafforzamento delle strutture territoriali.
Scuola, transizione ambientale, donne, riforma del fisco, riforma della giustizia civile, infrastrutture per la mobilità sostenibile. Tutti temi affrontati secondo modalità molto pragmatiche e per nulla ideologiche.
Fisco, transizione ambientale, donne, giustizia civile
Un esempio: la riforma del fisco, che dovrà essere valutata nel suo insieme e non per singoli provvedimenti.
O la transizione ambientale, che dovrà essere affrontata con approccio industriale in stretta correlazione con la digitalizzazione e con gli investimenti per infrastrutture sostenibili.
O ancora la rappresentanza femminile, che per Draghi non può essere considerata farisaicamente un mero problema di quote, ma è innanzitutto una questione di equità salariale tra generi, che in Italia resta un tema aperto.
La politica ai partiti
La politica ora deve tornare ai partiti, che in un anno dovranno trovare la quadra per riformarsi e costruire nuovi schieramenti, nuove alleanze e nuove prospettive di programma. Magari iniziando dal dibattuto sulla riforma elettorale. Mario Draghi e la rivoluzione silenziosa potrebbero portare anche al miracolo italiano: avere una stabilità politica.
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