Che la percezione di noi stessi sia alterata da quello che pensiamo di noi stessi è cosa nota. Ma avete mai guardato indietro chiedendovi cosa eravate per voi stessi in adolescenza e riconoscendo l’immagine che realmente il vostro specchio restituiva? Teresa Ciabatti ci conduce attraverso questo sorprendente viaggio.
Viaggio alla riscoperta della propria adolescenza. Come vi sentivate da adolescenti in mezzo ai coetanei? Dei panchinari di serie B in costante attesa del fatidico fischio di una trionfale entrata in campo?
Teresa Ciabatti con il suo romanzo Sembrava Bellezza (edito da Mondadori) ci fa incontrare una donna che racconta in prima persona la propria storia, in una narrazione che il lettore imparerà a riconoscere come inaffidabile e alterata dalla visione della protagonista. Questa è, infatti, condizionata dai ricordi di una giovinezza vissuta dietro le quinte osservando chi, dotato di bellezza e risorse economiche, esercitava il ruolo di oggetto del desiderio per l’accesso all’olimpo dei più popolari.
Rifiuto e senso di rivalsa
Una condizione che genera un senso di rivalsa che per la protagonista si tradurrà nel raggiungimento del traguardo della popolarità come scrittrice. Ma, nonostante le gratificazioni professionali, c’è sempre un tassello mancante. Qualcosa ha lasciato il segno rendendola inadeguata nelle relazioni umane, generando una donna anaffettiva, capace solo di riscattare la fame di sguardi attraverso la collezione di amanti e mandando all’aria una vita familiare che aveva delle potenzialità, rimpiangendo il rapporto inesistente con la figlia Anita.
Qualcosa cambia nella donna quando, suo malgrado, il passato torna a farle visita tramite Federica, sua migliore amica degli anni giovanili. Con lei condivideva i chili di troppo, l’esclusione dalle feste e il sogno di un evento salvifico che le potesse rendere ben accette nei circoli di persone di serie A dalle quali venivano tagliate fuori.
Presa di coscienza
Federica, appartenente a una famiglia benestante, ha una sorella: Livia, bellissima e desiderata, l’alterità alla loro condizione di emarginate. Per la protagonista, Livia è sempre stata l’icona di tutto ciò che avrebbe desiderato essere, la dea dalla quale ha atteso per anni anche solo il minimo cenno di considerazione.
L’incontro coincide con la presa di coscienza degli strascichi di un tragico e misterioso evento del quale Livia è stata protagonista. Un evento che ha causato danni irreparabili al suo sviluppo come donna, annullandone la memoria e rendendola un’eterna fanciulla.
Il potere della memoria
Il viaggio alla riscoperta della propria adolescenza. A distanza di anni, la protagonista ritrova colei che era il metro di misura dei propri insuccessi, l’inarrivabile per bellezza e per disinibizione, ma se per Livia il tempo si è fermato a quegli anni, la protagonista è ormai donna, madre, e ha acquisito uno sguardo più lucido sulla complessità dell’adolescenza e il dolore di crescere. La cattiveria del proprio sguardo su se stessi, l’emarginazione paragonata a una vita apparentemente perfetta, ma che perfetta non era, e la verità sull’evento che ha reso Livia un’eterna bambina anche a 50 anni, lo conferma.
Teresa Ciabatti ci spinge a una riflessione legata al potere della memoria. Contrappone un essere che ne è ormai privo, e che per questa ragione resta intatto nella sua bellezza giovanile, con la protagonista. Corrosa, quest’ultima, dai complessi di inferiorità. E impegnata da sempre in sogni di riscatto legati ai ricordi tragicomici della vita da ragazza con qualche chilo di troppo, meno attraente e per questo rimasta nell’ombra. Forse per proprio volere.
Un romanzo che coinvolge e che riporta indietro nel tempo. Che lascia un senso di sospensione nel lettore il quale, senza rendersene conto, si ritroverà alla fine della lettura con un pizzico di nostalgia, ma anche molta tenerezza, per l’adolescente che è stato.
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