Ne basta poco a tavola, meglio insaporire con erbe e spezie aromatiche. Ma, se serve, allora libero spazio alla fantasia con il sale colorato: rosa, rosso, nero e viola.
Una riduzione di sale abbassa la pressione arteriosa e previene le malattie cardiovascolari. È questo in sintesi il tema che viene promosso durante la campagna per la riduzione del consumo di sodio, che si è appena conclusa in tutto il mondo. La pandemia non ha frenato il movimento internazionale WASSH (World Action on Salt, Sugar & Health) nell’organizzare l’iniziativa. Attraverso la Società Italiana di Nutrizione Umana (SINU) per il quindicesimo anno anche nel nostro Paese è stato promosso su stampa e social il claim “Meno sale. Più salute”.
Il sale della terra
Nonostante la relazione causale tra consumo di sale, ipertensione e rischio cardiovascolare sia ampiamente riconosciuta, passando ad un piano più spirituale ricordiamo che il Vangelo diceva qualcosa di profondamente diverso. Voi siete il sale delle terra, si legge nel libro di Matteo. Come a sottolineare l’importanza fondamentale del nutriente per gli esseri umani. Ma scendendo a livello terreno, duemila anni dopo le sacre scritture, il sodio, che insieme al cloruro forma quel sale che tutti i giorni insaporisce i nostri piatti, ha mutato il suo significato nutrizionale.
Quel pizzico di troppo
Il sale c’è sempre, in quasi tutti i prodotti alimentari. L’uso che se ne fa è divenuto ormai talmente istintivo, tanto da non rendersi quasi più conto delle dosi che quotidianamente vengono assunte. Infatti, mentre i livelli di assunzione di sodio necessari per l’organismo sono meno di un grammo e mezzo ogni giorno, quelli che mediamente vengono introdotti sono quasi 7 volte tanto.
Come fare allora a ridurre il consumo in maniera significativa? Eliminare le vecchie e care saline dalle tavole è inutile. Il sale aggiunto direttamente sui cibi pronti influisce in maniera marginale sul computo totale del sale ingerito. Salumi, formaggi, pizza, pane, carne e pesci conservati, sughi e prodotti pronti: sono loro che forniscono la stragrande quantità di sale (un etto di salumi dà 1,5 g di sodio, uno di formaggio circa un grammo, una pizza margherita quasi 2 g).
E l’acqua minerale? Non ci si lasci ingannare dalle sirene della réclame, che ci invitano ad acquistare solamente “quell’acqua povera di sodio”. Infatti, bevendo una qualunque acqua oligominerale si apporta all’organismo un quantitativo di sale praticamente nullo.
Erbe aromatiche ad libitum
Ma diminuire il consumo di sale è possibile, senza per questo dover sacrificare e mortificare il gusto dei cibi. È utile provare a usare i sapori dati da erbe, spezie e frutti aromatici. Origano, basilico, pepe, limone, aglio e cipolle possono far tranquillamente dimenticare nella credenza il vasetto del sale. Oppure si può provare a consumare i pani senza sale in alternativa a quelli tradizionali, che apportano un terzo di tutta la razione quotidiana di sodio. Alternative? Si possono cercare sostitutivi del sale comune, come ad esempio i sali aromatizzati, quelli dietetici a basso contenuto di sodio oppure quelli speciali.
In ogni caso, è comunque fondamentale introdurre gradualmente meno sale, giorno dopo giorno. Per far sì che che il palato si “educhi” a reclamarne sempre di meno.
A ciascuno il suo sale colorato: il rosa, il rosso, il nero e il viola
Oltre al bianco, il rosa, il rosso, il nero e il viola. Sono i sali da cucina più curiosi e pregiati al mondo. Ognuno ha la sua storia e la sua peculiarità.
Quello rosa dell’Himalaya è raccolto a mano dalle pietre che si trovano nelle profondità delle montagne himalayane e contiene quasi un centinaio di microelementi, tra minerali e metalli che conferiscono il tipico colore.
Stessa tonalità cromatica per il sale rosa del Perù. Differisce da quello dell’Himalaya perché, pur essendo estratto a 3000 m di altezza, è considerato un sale marino. E’ infatti ricavato da un bacino di acqua salata situato proprio sotto il villaggio dove ha origine l’estrazione.
Più intensa è la tinta del sale marino delle Hawaii: colorato naturalmente di rosso grazie a una particolare argilla commestibile che satura le acque marine e che conferisce al prodotto un’alta percentuale di ferro e elementi nobili. Sempre hawaiano è il sale nero black lava, raccolto a mano e poi miscelato alla lava vulcanica purificata e al carbone vegetale.
Di origine indiana è il Kala Namak dalla tipica colorazione violacea. Questo sale fossile, utilizzato da millenni nella medicina Ayurvedica, presenta un odore e un sapore sulfurei che in cottura si smorzano, lasciando un delicato e caratteristico retrogusto.