Il genio dell’arte, dell’architettura e della chimica che ha deciso di mettere la sua esperienza e la sua creatività al servizio della pasticceria. Un mestiere da fine artigiano fatto come un artista da atelier.
Pasqua con chi vuoi. Insomma, quasi, diciamo. Come a Natale. Ma tra una disposizione e un divieto, resta ancora la libertà di festeggiare con gioia e gusto. In che modo? La colomba di Gianluca Fusto, architetto del gusto, pasticcere nomade da poco ritornato stabilmente a Milano, è perfetta allo scopo. Allenta il peso delle restrizioni fisiche, ammorbidisce la distanza sociale, sollazza le papille gustative spesso intristite da delivery strampalati. Perché lui, Gianluca, ama la semplicità. Ma non certo le cose facili. E la sua colomba creata in onore della regina Teodolinda e di San Colombano è un’architettura semplicemente armonica, equilibrata ed esclusiva. Ma tutt’altro che facile.
Il pasticcere giramondo
Che Gianluca Fusto non amasse la strada in discesa e nemmeno stare all’interno della comfort zone, lo si intuisce dalla sua storia decisamente movimentata. È iniziata in cucina, all’istituto Carlo Porta di Milano. Poi, saltata la staccionata, è continuata in pasticceria, nei laboratori tra Londra e Parigi. Quindi è la volta del Bistrot di Marchesi, ma la sua crescita si è consolidata durante lo step successivo, quello da Aimo e Nadia. E infine il pasticcere ha spiccato il volo non solo metaforicamente, girando per mezzo mondo, dal Nevada al Medio Oriente passando dalla Svizzera, a fare consulenze e a insegnare la sua arte.
La folgorazione della vita l’ha avuta, oltre che con sua moglie Linda, compagna di vita e di lavoro, con Frederic Bau, capo pasticcere dell’École du Grand Chocolat di Valrhona. Che gli ha fatto iniziare un nuovo percorso professionale tra laboratori, aziende e pasticcerie. “Sono stato il primo italiano in cent’anni della loro scuola; i colleghi erano tutti francesi” racconta Fusto. “Giravo il mondo, prendevo 130 aerei all’anno, viaggiavo in decine di Paesi”. Portava in tutto il mondo il suo insegnamento, la sua creatività e lo stile rigoroso ed elegante. “Poi ho deciso di ritornare, fermandomi a Milano. Ho aperto uno spazio tutto mio: era l’8 marzo 2020. Ironia della sorte, nel pomeriggio dello stesso giorno il governo ha chiuso tutto, decretando il primo lockdown”.
Architetto del gusto e anche un po’ ingegnere
Il suo stile è così particolare che nel settore l’hanno soprannominato “architetto”. “È per via delle forme geometriche dei miei dolci”, spiega il pasticcere. “Ma anche per gli abbinamenti ‘scientifici’ con cui accosto gli ingredienti e per la precisa temporalità con cui vengono percepiti i gusti durante l’assaggio”. Pasticcere e architetto, tanto da aver partecipato al programma D.sign di Sky Arte, insieme al gotha dell’architettura e del design a livello mondiale.
Architettura, ma anche un po’ di ingegneria chimica. “Sì, vado spesso a lavorare sullo sviluppo degli aromi e sul fissaggio dei profumi. L’ho studiato e imparato lavorando per l’industria e ne ho fatto tesoro. Ho rielaborato queste conoscenze, mettendole al servizio della creatività artigianale”.
La Colomba Linda, il dolce di Teodolinda: creazione di Fusto per Milano
Per l’imminente Pasqua, il pasticcere giramondo ha creato una sua idea di colomba, prodotta in soli 250 esemplari.
“Il dolce lievitato è tipico milanese, ma la sua origine si perde nelle leggende di epoca longobarda”, spiega l’architetto pasticcere. “Lo preparo con un lievito madre storico ed ereditato che ha quasi un secolo di vita”.
Poi nella Colomba Linda, questo il nome scelto da Fusto, solo ingredienti di altissimo livello. Come la farina Riposata del molino Pasini, il burro di Normandia, il miele di limone di Thun, otto tipi di mandorle della val di Noto, tre tipi di baccelli di vaniglia provenienti da Madagascar, India e Nuova Guinea e, per finire, il limone candito realizzato in proprio a partire dal frutto fresco, un Siracusa Igp.
“Sensorialmente è estremamente leggera, molto alveolata e tipicamente umida”. Poi all’assaggio esplode il super profumo di limone che contrasta con una glassa di mandorla, consistente, croccante, poco zuccherina e molto ammandorlata.
“L’abbiamo chiamata Colomba Linda”, spiega Linda, moglie di Gianluca e ispiratrice della creazione pasquale del marito. “Trae origine dalla leggenda del pranzo milanese tra la germanica regina Teodolinda e l’irlandese San Colombano. Siamo alla vigilia di Pasqua del 618. La regina offre un sontuoso banchetto di selvaggina e volatili. San Colombano, essendo quaresima, vorrebbe declinare. Ma durante la benedizione della tavola trasforma le carni in colombe di pane. Il miracolo colpì la regina, che regalò la chiesa di Bobbio all’abate, poi diventata abbazia di San Colombano. Da qui, l’idea della Colomba Linda”.
Una pacificazione tra culture lontane avvenuta grazie alla dolcezza. La cui leggenda resiste nei secoli. E il cui “miracolo” stavolta non è stato ad opera di un monaco, bensì di un pasticcere.
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