Il nuovo Social della parola parlata ha conquistato la generazione nata negli anni ’70. La crisi politica raccontata in diretta e commentata, dove chiunque è un vip: basta avere qualcosa di interessante da dire.
Verso le ore 21.00 del 2 febbraio 2021 il presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella, ha annunciato che le consultazioni non hanno portato ad alcun risultato e che oggi, alle 12.00, interrogherà Mario Draghi sulla possibilità di conferirgli l’incarico di Primo Ministro dell’Esecutivo italiano.
Apriti cielo! Social impazziti, a partire da Twitter. Anzi no, le Twittstar non erano lì, erano da un’altra parte. Erano tutte in una stanza, anzi, in una Room a parlare. Sì, a parlare, ma non di persona. Perché nemmeno si vedevano in faccia.
Clubhouse, il social esclusivo che dà potere alla parola parlata
Si chiama Clubhouse, ma non lo raccontate in giro, perché è un posto esclusivo in cui si deve essere invitati per poter partecipare.
Potere alla parola parlata. Scordate le immagini, gli scritti, i video, i balli di Tik Tok e tutta la tradizionale e ormai vecchia content digital communication. Basta selfie o filtri per Instagram. Basta ore e ore perse a godere degli spacchettamenti altrui di Influencer sulle stories.
Hanno finalmente inventato lo strumento social per la vecchia generazione, per chi ha dai 40 anni in su e che ha sempre vissuto relazionandosi con la parola parlata. Ora può tornare a farlo.
Fiorello è già una star, ma non solo
Questa mattina, dalle 6.00 alle 7.00, Luigi Contu, direttore dell’Ansa, Mario Calabresi, già direttore di Repubblica, e Rosario Fiorello, prossimo conduttore di Sanremo, dialogavano amabilmente con un’altra decina di persone della crisi politica e di Sanremo. E chiunque poteva dire la sua.
Qui si parla, si ascolta e si parla. Se ci si annoia si esce e si sceglie un’altra stanza e si ricomincia a parlare e ad ascoltare. È probabile che non saranno i più giovani a esserne conquistati, quei giovani che si impegnano a doppiare monologhi su Tik Tok o che inventano selfie ammiccanti su Instagram.
Le Room
Qui esistono le “Room”, che hanno un argomento base. Si può parlare di politica, di religione, di musica, di cucina e vino, di musica, di tv, di qualsiasi cosa salti in mente. Si apre una stanza e via, si aspetta che le persone entrino e comincino a parlare. Un esempio: tutte le mattine alle 9.05 don Alberto Ravagnani legge e commenta il vangelo, per poi discuterne assieme.
Negli Usa ci fanno le audizioni per gli spettacoli di Broadway e improvvisamente si entra da spettatori, scusate, auditori di cantanti, musicisti e artisti che sperano di essere selezionati. Oppure si può imparare il giapponese con un gruppo di americani e portoghesi.
Qui non esistono hashtag, non esistono trending topic, non esistono like. Semplicemente si entra e si esce dalle stanze, si ascolta e se si vuole si interviene. Si possono anche creare dei “Club” su argomenti specifici ai quali ci si può iscrivere.
Oppure si può creare un appuntamento, che finirà in una sorta di palinsesto e si verrà avvertiti che la Room è partita.
Un social orizzontale che crea dipendenza
Clubhouse è uno strumento orizzontale, dove tutti sono allo stesso livello e quindi ci si ritrova a chiacchierare sul rapporto madre e figlia con Michelle Hunziker e Aurora Ramazzotti, o scorgere che Selvaggia Lucarelli sta ascoltando educatamente senza intervenire.
Si può finire a dialogare con Brando Benifei, il capo delegazione del Pd al Parlamento europeo, senza sapere chi sia, o mettendolo a tacere perché non è il suo turno di parlare.
Ci sono Room che non chiudono mai, i cui organizzatori hanno dichiarato di esserne ormai dipendenti. Come “Caffé e argomento”, dove Giovanni Mattiazzo, Aldo Pecora e Alberica Ferraris si danno il turno per tenere vivo il dibattito (chi sono costoro?! Per Clubhouse già degli eroi).
Sanremo sbarca su Clubhouse, altro che pubblico
Sono già nati gruppi d’ascolto di trasmissioni televisive, in cui ci si ritrova a commentare quello che succede in tv, dando un po’ la sensazione di essere tornati indietro di decenni, quando si andava al bar per guardare la partita o il telegiornale e la tv era solo una scusa per socializzare e bere un bicchierino.
Qui stanno nascendo gruppi di ascolto per commentare Sanremo, e altro che polemica sul pubblico (leggi il pezzo di Silvia Golfari sul pasticcio del Festival).
Solo che qui è tutto virtuale e non ci si vede nemmeno in faccia. Atteggiamento tipico da lockdown: ciabatte e tuta, tazza fumante di tè e gatto sulle ginocchia mentre si disquisisce di politica e innovazione con Elon Musk o con uno studente delle scuole superiori che non ha voglia di seguire la lezione via DAD e trova svago in questi strani soggetti adulti che parlano e parlano e parlano e bla bla bla bla.
La parola è vita e finalmente è arrivato qualcosa che le dà dignità. Per cazzeggiare o per essere seri, per imparare o per insegnare. Come recitava un vecchio brano di Frankie Hi-Nrg: Potere alla Parola.