Come funzionano i fondi pensione in Italia? E a chi conviene utilizzare questa forma di “pilastro” per integrare l’assegno della previdenza? Tutte le risposte alle domande più frequenti
È importante comprendere il funzionamento dei fondi pensione in Italia? Quali sono i vantaggi per gli iscritti e per i datori di lavoro? Queste forme di previdenza integrativa possono sembrare complesse, ma offrono opportunità significative per garantire un futuro finanziario stabile durante la pensione e importanti risparmi fiscali per tutti gli attori coinvolti. In questo articolo, risponderemo alle domande più frequenti sui fondi pensione in Italia.
Cos’è un fondo pensione e perché è importante?
I fondi pensione sono stati introdotti in Italia nel 1993 e rappresentano ciò che viene comunemente definito il “secondo pilastro” della previdenza sociale. L’importanza di questi fondi sta crescendo costantemente poiché la pensione pubblica da sola non è più sufficiente per garantire un tenore di vita adeguato durante la pensione.
Entro la fine del decennio, si prevede che i lavoratori dipendenti potranno aspettarsi una pensione compresa tra il 60% e il 70% della loro ultima retribuzione, mentre i lavoratori autonomi riceveranno tra il 40% e il 50%.
Per colmare questa differenza, diventa fondamentale considerare l’adesione a una forma di previdenza integrativa.
Come funzionano i fondi pensione?
Al fondo pensione si possono destinare dei contributi volontari, il TFR per i lavoratori dipendenti e, per i fondi negoziali, il contributo del datore di lavoro stabilito dal contratto collettivo nazionale della categoria di appartenenza.
Chi sottoscrive il fondo può scegliere tra diverse linee di investimento, a seconda del proprio profilo di rischio e dell’orizzonte temporale a disposizione, in quanto c’è differenza tra aderire ad un fondo a 20 anni piuttosto che a 60 anni.
I comparti tra cui si può scegliere sono, con profilo di rischio crescente, i seguenti:
- Capitale garantito (sarebbero da preferire per chi è vicino all’età pensionabile)
- Monetari
- Obbligazionari
- Bilanciati
- Azionari (sarebbero da preferire per chi ha ancora molto tempo prima dell’età pensionabile)
Quali sono i vantaggi per gli iscritti dei fondi pensione?
Oltre ad accantonare delle somme che serviranno per integrare la propria pensione futura, il vantaggio più importante dell’adesione ad un fondo pensione è la sua fiscalità, ovvero:
- È possibile dedurre dal reddito complessivo i contributi versati fino a un limite annuale di 5.164,57 euro, che includono sia i contributi volontari del lavoratore che quelli a favore di soggetti fiscalmente a carico (per esempio figli minorenni). Si può dunque recuperare fiscalmente dalla propria aliquota marginale Irpef, che va da un minimo del 23% ad un massimo del 43%. Questo significa che per ogni 1.000 euro versati si possono avere indietro dallo Stato nella Dichiarazione dei redditi dai 230 ai 430 euro, che possono diventare dai 1.187,85 ai 2.220,76 euro se si decidesse di versare tutti i 5.164,57 euro a disposizione.
- I rendimenti degli investimenti ottenuti dalla previdenza complementare sono tassati fino a un massimo del 20%, rispetto al 26% dell’aliquota ordinaria sugli investimenti classici. La tassazione scende al 12,5% se gli investimenti sono in titoli di Stato.
- Anche la tassazione sulle prestazioni previdenziali è molto favorevole, con un’aliquota del 15%. Questa aliquota diminuisce dello 0,30% all’anno per ogni anno di partecipazione alla previdenza complementare che supera il quindicesimo anno, fino a un limite massimo di riduzione del 6%. Con almeno 35 anni di permanenza, l’imposta si riduce quindi al 9% (prima si aderisce ad un fondo pensione e meglio è!). Il TFR lasciato in azienda invece, è tassato alla media Irpef pagata negli ultimi 5 anni di lavoro ovvero ad oggi da un minimo del 23% ad un massimo del 43%.
In quali casi si può chiedere l’anticipazione o il riscatto del Fondo Pensione?
Durante il periodo di partecipazione a un fondo pensione, è possibile prelevare una parte del proprio risparmio previdenziale, a titolo di riscatto o anticipazione.
In particolare, se si è iscritti alla previdenza complementare da più di 8 anni, è possibile richiedere l’anticipazione per l’acquisto o la ristrutturazione della prima casa (anche dei figli) o per spese sanitarie (massimo 75% della somma) o per ulteriori esigenze (massimo 30% della somma).
I riscatti sono possibili per la perdita dei requisiti di partecipazione al fondo, in caso di inoccupazione di durata superiore ai 48 mesi, invalidità permanente e premorienza (100% della somma) o per inoccupazione per un periodo tra i 12 mesi e inferiore ai 48 (fino al 50% della somma).
Che cos’è la Rita?
Un’ulteriore opzione disponibile è l’anticipo della prestazione pensionistica rispetto alla maturazione del diritto di pensione obbligatoria. Questa opzione è chiamata “rendita integrativa temporanea anticipata” o Rita, e può essere richiesta fino al conseguimento dell’età anagrafica per l’accesso alla pensione di vecchiaia, a condizione che siano soddisfatte alcune condizioni specifiche.
La Rita può essere richiesta se mancano 10 anni all’età della pensione, a condizione che l’attività lavorativa sia terminata e ci si trovi in una situazione di inoccupazione da oltre 24 mesi. In questo caso, è necessario aver accumulato almeno 5 anni di partecipazione alla previdenza complementare.
Quali sono i vantaggi per il datore di lavoro se un suo dipendente aderisce ad un fondo pensione?
Diversi sono i vantaggi fiscali anche per il datore di lavoro, tra i quali:
- Deducibilità dal reddito d’impresa del 4% del TFR annualmente versato al fondo pensione (o al Fondo Tesoreria INPS); per le imprese con meno di 50 addetti la deducibilità è pari al 6%.
- Esonero versamento fondo garanzia TFR pari allo 0,2% del monte retributivo correlato al TFR versato al fondo pensione (o al Fondo Tesoreria INPS).
- Riduzione oneri impropri a carico del datore di lavoro pari allo 0,28% del monte retributivo correlato al TFR versato al fondo pensione (o al Fondo Tesoreria INPS).
- Contributo di solidarietà del 10%, sui contributi versati al fondo pensione (escluso dunque il TFR), il datore di lavoro deve versare all’INPS il solo contributo di solidarietà del 10%, anziché gli oneri previdenziali ordinari, pari al 23,81%.
- Esonero rivalutazione del TFR pari al 75% dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo aumentato dell’1,5%.
- La gestione del TFR del dipendente, non essendo più in carico all’azienda, libera tempo prezioso per le attività produttive dell’impresa.
Nel 2022 un’impresa sotto i 50 dipendenti avrebbe risparmiato il 18,59% se tutti i suoi dipendenti avessero fatto confluire il TFR ad una forma di previdenza complementare anziché lasciarlo in azienda.
In questo articolo abbiamo evidenziato i principali aspetti della previdenza complementare, per approfondimenti e per trovare la propria soluzione su misura è sempre bene consultare un consulente finanziario professionista.
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