L’ex presidente della BCE sembra ricevere il consenso di quasi tutte le forze politiche. I leader si guardano indietro e ripensano agli errori fatti in questi tre anni di Governo fatto a colpi di social e di Dpcm.
Draghi a Palazzo Chigi. La spinta per uscire dalla crisi pandemica porterà ad una ripresa della politica, spersonalizzando i partiti e riportando i contenuti al centro del dibattito?
Si apre una settimana interessante da ogni punto di vista: un nuovo Governo guidato da Mario Draghi sta per ottenere la fiducia e varcare le porte di Palazzo Chigi. Il dubbio ora è se quello che sta per arrivare sarà un esecutivo politico o tecnico.
Il silenzio di Draghi, un momento per riflettere sui contenuti
Draghi non rilascia dichiarazioni, né fa trapelare nulla sulla direzione che sta prendendo il lavoro di consultazione con i partiti e con le parti sociali. Fa solo sapere che ora è il momento dell’ascolto.
Ed è interessante l’effetto che questo silenzio avrà dopo anni di sovra comunicazione. Tolti i leader dal centro della dinamica e del dialogo politico, ora il focus potrebbe tornare ai contenuti: Europa, ripresa economica, Recovery Fund, giovani, digitalizzazione, crescita.
Il tempo per spersonalizzare la politica
Finora, la personalizzazione è stata l’arma vincente in sede di campagna elettorale, ma dall’altra parte anche la fine della politica e del dibattito. Matteo Renzi ne è l’esempio lampante: personalizzare il referendum sulla riforma Costituzionale gli è costato la segreteria del Pd e la poltrona di Palazzo Chigi. Matteo Salvini ha avuto un’ascesa e un epilogo molto simili, a colpi di immigrazione e mojitos.
Entrambi, e con loro tutti gli altri, ora convergono su Draghi per cercare di recuperare quel terreno perso in questi ultimi anni vissuti di politica istantanea.
Un silenzio rumoroso
Il silenzio di Draghi, quindi, produce in realtà un grande rumore di sottofondo dovuto alle manovre che si stanno creando. L’obiettivo di molti è quello di riposizionare il proprio partito o creare un nuovo movimento per affrontare quello che ci si augura possa essere uno Stato Nascente della politica italiana, prima dell’elezione del Presidente della Repubblica.
Un centrosinistra da riformare, liberista e ambientalista?
Da una parte c’è il Pd, con il segretario Nicola Zingaretti il quale, affermando che la Lega dà ragione al Partito democratico, dà l’idea di annaspare un po’.
Non è ancora chiaro perché il presidente della Regione Lazio abbia voluto legarsi mani e piedi all’ex premier, o Conte o morte, per dover poi ritrattare, rivendicando l’anima europeista del suo partito.
Ora, il maggior partito di centrosinistra dovrà trovare una nuova convergenza, a partire dai contenuti, perché l’equilibrio cercato con i grillini non sta premiando. Spostare lo sguardo da Roma (la tendenza romano-centrica è sempre stata un po’ il grande difetto del Pd) potrebbe giovare.
Un Pd troppo romanocentrico
È infatti curioso ciò che sta costruendo a Milano Beppe Sala. Il sindaco meneghino, in vista della riconferma, sta raggruppando una nuova coalizione. L’animo è il suo: liberale, liberista e ambientalista, con l’asticella sui diritti civili sempre alta. Un riposizionamento dell’area di sinistra che in realtà gioverebbe anche a livello nazionale.
Interessante sarà capire se Renzi avrà voglia di far parte del gioco. Un’alternativa, forse distopica, potrebbe essere l’ambizione di diventare il leader di una coalizione di centro con gli ex democristiani e i socialisti di Forza Italia.
Il centrodestra si divide?
Nel centrodestra l’unica certezza è Giorgia Meloni (futura candidata Premier per il centrodestra secondo le previsioni dell’Oroscopo geniale). Fratelli d’Italia è la sola forza politica di opposizione, una posizione di assoluto guadagno per il suo partito.
Salvini ora deve ritrovare un’anima, avendo svuotato il partito dal famoso “Prima il Nord”. Lo zoccolo duro della Lega rimane comunque quello. Le dichiarazioni europeiste rilasciate in questi giorni dal leader del Carroccio sembrano voler riportare la Lega verso quell’elettorato che sempre lo ha premiato.
Inoltre, viene meno anche l’anima anti-europeista, visto che Bruxelles non dovrà più imporre importanti tagli per restare nell’Euro. Condizionerà infatti il rilascio dei fondi del Next Generetion EU all’approvazione di profonde riforme, forse proprio a partire da Quota cento.
Conte leader dei grillini, orfani di Casaleggio senior
Anche i grillini dovranno trovare un modo per far convivere l’anima di lotta con quella di governo. Proprio il Premier uscente Giuseppe Conte forse racchiude in sé la sintesi tra Di Maio e Di Battista. Egli , forte del consenso popolare, potrebbe riuscire nell’impresa di ricomporre un movimento che ha perso molto del suo spirito iniziale, a partire dal suo fondatore, Gianroberto Casaleggio.
Anche se l’esperienza dei due Governi Conte, con Montecitorio che doveva essere aperto come una scatoletta di tonno, sembra aver fallito. Sul campo molti feriti, a partire dalla perdita di voti delle ultime tornate elettorali.
Spersonalizzazione e poche parole per iniziare
Ma con Draghi a Palazzo Chigi, questo è il tempo per spersonalizzare, per parlare poco e per agire. Il silenzio di Draghi può sembrare anomalo. Ma potrebbe essere anche una strategia: quella di rimettere al centro i contenuti e quindi la politica.