Francesco Paolo Figliuolo è il nuovo commissario all’emergenza. Mario Draghi cerca di sbloccare la situazione: alza la voce con Bruxelles e compone la sua squadra. Il suo nuovo mantra è: prima faccio e poi comunico. Intanto nei partiti si litiga, o si fa pace, e Conte salva il M5S. Attenzione alle amministrative.
Prima faccio e poi comunico. Sembra essere questa la strategia del Governo, che si conferma essere rigorosamente silenziosa.
Il presidente del Consiglio, Mario Draghi, in questi giorni pare essere molto impegnato su due fronti: piano vaccini e Next Generation EU. Un dossier, quest’ultimo, che sta scrivendo, pare, di suo pugno. Per questo nulla è dato sapere.
Cambio della guardia alla Protezione Civile
Avanza speditamente il nuovo piano viaccinale. In primo luogo, la decisione di cambiare il capo della Protezione Civile, affidandone la guida a Fabrizio Curcio, un funzionario con grande esperienza sul fronte della gestione della crisi.
Addio ad Angelo Borrelli, braccio destro di Domenico Arcuri che, negli ultimi tempi non se la deve essere passata benissimo, tanto da essere stato sostituito proprio oggi, 1 marzo, dal generale Francesco Paolo Figliuolo.
Decisioni più condivise
La trattativa con le case farmaceutiche è passata al ministro Giancarlo Giorgetti. L’organizzazione del piano vaccinale al ministro Lorenzo Guerini. Il nuovo Dpcm, in vigore dal 6 marzo, è stato discusso con i ministri economici e Arcuri non ne è nemmeno stato informato. Tutti elementi che lasciavano immaginare una sua imminente defenestrazione.
L’obiettivo ora è far funzionare le cose. Anche se non in maniera esplicita, sembra che il premier non abbia gradito il modus operandi del capo di Invitalia, che non è propriamente “prima faccio e poi comunico”.
Sui vaccini, comunque, l’unica cosa certa è che qualcosa non ha funzionato: forniture, organizzazione, prezzo. Dove si è inceppata la macchina?
Draghi in Europa alza la voce
Giovedì 25 febbraio, Draghi ha presenziato per la prima volta da premier al Consiglio d’Europa.
All’ordine del giorno la fornitura dei vaccini. Un argomento complesso, soprattutto se si mette a confronto il piano di somministrazione della Gran Bretagna o di Israele con quello italiano o degli altri Paesi europei.
Nel momento in cui la presidente Ursula Von der Leyen ha mostrato ai partner in collegamento le slide sulle consegne dei vaccini, il premier italiano è intervenuto per sottolineare che i numeri “non sono rassicuranti”.
Draghi ha chiesto un cambio di passo, a partire dal rapporto con le case farmaceutiche che non hanno rispettato le consegne e che per questo non sono state in alcun modo penalizzate.
Vaccini: cosa non ha funzionato?
È difficile capire cosa sia successo. Sono diversi gli elementi che hanno complicato il piano vaccinale tanto atteso e sono tutti elementi probabilmente riconducibili ad un’unica motivazione: nei momenti di crisi bisogna essere uniti e fare piani uguali e validi per tutti.
La trattativa UE
La trattativa europea con le case farmaceutiche è la prima ad essere stata messa sotto accusa. Forse il prezzo troppo basso per ogni dose, forse la fretta di arrivare alle prime consegne, hanno lasciato troppo campo libero ai produttori, consentendo loro di avere ampio margine di manovra sui tempi e sulle quantità.
La burocrazia delle Agenzie
Poi c’è il fronte legato all’approvazione. Dopo l’ok della FDA ci si sarebbe aspettati un iter più rapido sia da parte dell’Ema, sia da parte dell’Aifa.
Ma se la verifica delle carte è sicuramente un’operazione necessaria, forse in periodo di pandemia questo iter si sarebbe potuto avviare in parallelo con l’Agenzia americana, attivando magari una comunicazione che potesse anche aiutare lo studio, l’approfondimento, lo scambio e l’iter autorizzativo.
La gestione disomogenea italiana
Poi c’è il fronte interno, quello italiano. Si è dato mandato ad ogni Regione di decidere il proprio piano delle priorità, frastagliando così la somministrazione, senza identificare realmente i più fragili o i più esposti (come anziani e personali medico in prima linea).
Inoltre, il fatto di aver conservato, come da indicazione, il 30% delle dosi di riserva ha ulteriormente diminuito il numero assoluto di persone vaccinate, almeno con la prima dose.
Via al nuovo piano: le primule sono appassite
Ora, il nuovo piano prevede che le primule di arcuriana memoria, i box mobili che dovevano identificare i luoghi per la somministrazione, vadano in soffitta. Saranno sostituite dalle strutture gestite dal vecchio e caro esercito affiancato dalla Protezione Civile.
Il ministro Guerini sta infatti correndo per allestire palazzetti dello sport e addestrare il personale per dare il via a una nuova campagna.
A questo punto si pensa anche di somministrare la prima dose a tutti, visti i risultati della Gran Bretagna e considerato che è stata provata una copertura alta anche con la prima dose.
Arriva Jannese. E i vaccini sono quattro
L’annuncio dell’ok da parte della Fda al nuovo vaccino americano della Johnson&Johnson, Jannese, fa ben sperare sulla fornitura, che ora potrebbe paradossalmente sovrabbondare. Si attende, infatti, per marzo il via libera dell’Ema.
A quel punto saranno quattro i vaccini disponibili in Italia. E altri tre potrebbero essere approvati a breve per l’uso in Europa: lo Sputnik, il vaccino russo, il Curevac, tedesco, e il Novavax, americano.
AstraZeneca assicura 5 milioni di dosi a marzo
AstraZeneca ha assicurato che a marzo arriveranno 5 milioni di dosi, che si sommeranno a quelli della Johnson&Johnson. Vedremo che succederà, se il nuovo piano riuscirà a mettere tutti in sicurezza.
Un po’ come era successo un anno fa con le mascherine: nessuno le aveva e dalla Cina non arrivavano e non si capiva il perché. Ora ne siamo invasi (e c’è anche chi ci lucra).
E i partiti? I 5 Stelle fanno pace
Sul fronte politico, il Movimento 5 Stelle sembra aver terminato la telenovela delle separazioni, grazie all’uomo della provvidenza. Guarda a caso si chiama Giuseppe Conte, indicato dal leader Beppe Grillo come colui che sintetizza in un’unica figura tutte le anime del Movimento. Si attende ora che il nuovo capo politico decida se i 40 figlioli prodighi espulsi possano tornare all’ovile.
Nel Pd si litiga
Il Pd è sempre più uguale a se stesso. Il capro espiatorio, come in ogni crisi, è il segretario, che oggi si chiama Nicola Zingaretti. Stefano Bonaccini, presidente dell’Emilia Romagna, prepara l’esercito per invadere il Nazzareno e assumerne il comando. Ma la strada per il congresso è lunga. Intanto, prepara i soldati: amministratori del Nord, sindaci e personalità opposte all’intelligentia romana legata all’antico Goffredo Bettini.
All’orizzonte le amministrative, rinviate
All’orizzonte ci sono le elezioni amministrative e soprattutto c’è da prendere una grande decisione: allearsi con i 5stelle? A Torino Chiara Appendino, per ora, avrebbe deciso di fare un passo indietro, ma a Roma Virginia Raggi ha già lanciato la sua candidatura.
Domani li Consiglio dei Ministri dovrebbe decidere se le urne si apriranno a maggio oppure in autunno. La decisione, causa pandemia, avrà sicuramente ripercussioni politiche, a partire dalla segreteria del Pd, dalla quale si partirà per capire anche le alleanze che si formeranno per la scelta dei sindaci di Torino, Milano, Roma e Napoli.
Leggi anche il punto geniale della scorsa settimana