È possibile che a breve ci ritroveremo tutti nuovamente chiusi in casa, ad impastare e infornare, e ne siamo tutti un po’ atterriti, perché ormai sappiamo che l’essere umano non è fatto per essere rinchiuso.
Poi, in qualche parte del mondo, ci sono luoghi che potrebbero essere ovunque, dove il tempo potrebbe essersi fermato veramente e dove i virus e le convenzioni sono terra lontana.
C’è chi ha voluto fare della propria vita un modello di accoglienza per il mondo intero.
Che tu sia giovane, vecchio, malato, vigoroso, prestante, gay, lesbica, di colore, cinese, borghese, povero, contadino, aristocratico, vergine, esperto del mondo, o qualsiasi tipo di categoria in cui si possa immaginare e incasellare una persona, c’è chi ha pensato di guardare tutti con gli stessi occhi e mettere tutti nelle condizioni di guardarsi senza filtri e senza pregiudizi.
Questa persona si chiama Paolo, vive nelle colline dell’entroterra di Rapallo. Paolo ha una casa, anzi, un casale, anzi, una tenuta nelle colline dietro alla zona più Inn della Liguria e lì, nel Cancello che porta al Selvaggio (Gate to the Wild), dove dormire costa 20 euro a testa, più 15 euro se vuoi anche cenare, devi decidere di lasciare andare tutte le convenzioni che attanagliano la tua esistenza per riuscire a comprendere dove sei.
Puoi decidere di stare in una tenda indiana sulla cima di una collina, dentro a un Van della Volkswagen ai margini del bosco o in un letto.
La cosa che rende questo posto assolutamente geniale è il mood: a un certo punto non sai nemmeno più se sei in Liguria o in Tibet.
Gate to the Wild non è solo un luogo di vacanza, non è solo un’esperienza. È un luogo che fa riflettere sull’importanza che diamo alla materialità rispetto alla nostra felicità. È l’altra faccia della medaglia della nostra vita, quello che potremmo essere se ci spogliassimo di tutte le corazze che quotidianamente indossiamo, quello che vorremmo avere il coraggio di fare, quello che tutti dicono di voler fare: abbandonare tutto. C’è chi l’ha fatto, a poca distanza da Milano, dall’altra parte della collina della Liguria fighetta, anche se in maniera disordinata e forse poco rispettosa di tutti i parametri di sanificazione e igienizzazione, ma qui siamo in un mondo parallelo.
Si arriva dopo aver percorso per circa 20 minuti una strada fatta di tornanti che si inerpicano sulla collina. Dopo aver fiancheggiato la costa ricca di ville e case da nababbi di Zoagli, dopo aver percorso il sottopasso della ferrovia di Rapallo, si entra in un mondo che sembra dimenticato e si sale, si curva e si sale, fino a quando non si scollina e si entra in un bosco selvaggio, un po’ abbandonato.
Poi un cartello, Gate to the Wild, annuncia che la meta è raggiunta.
La polvere e il disordine che in altri luoghi sarebbero inaccettabili, qui sembrano essere parte dell’arredamento e non semplice incuria. Tutto potrebbe essere più curato, sicuramente, si potrebbe anche dare un volto shabby chic, ma non sarebbe più la stessa cosa, perché questo è un posto che resta dentro, attaccato alla pelle perché è vero, essenziale, basilare, selvaggio. Paolo accoglie per lo più giovani da tutto il mondo, offre loro un alloggio in cambio di lavoro nei campi, o di pulizie in casa, o di servizio per i clienti, quelli che pagano la tariffa piena.
Noi ci siamo stati: due coppie con un cane, una bimba di 4 anni, una di 10 e un bambino di 8 che appena sbarcati hanno deciso che cartoni, telefonini, tecnologia fossero di un altro pianeta. Lì c’era da esplorare, correre, guardare, sperimentare, nascondersi, urlare, giocare agli indiani. Eravamo quattro adulti borghesi coi figli, in arrivo da Milano. Ci siamo scontrati con le nostre abitudini e la nostra comfort zone prima di abbandonarci al senso di libertà del selvaggio.
Si potrebbe definirlo un luogo figlio dei figli dei fiori, ma sarebbe riduttivo, perché l’esperienza che regala questo posto non è solo “scappo dalla città, la vita l’amore le vacche”, ma è una vera immersione emotiva ed esplosiva, per la bellezza del luogo, per la pace, per la semplicità. Il cielo di settembre, al momento del tramonto, si colora di rosa, un rosa che si fonde con il verde intenso dei boschi rimasti intatti e ci si ferma per minuti interi a guardare questo panorama che sembra infinito, senza rendersi conto del tempo che passa.
Ad un certo punto ci si siede tutti a tavola e Mattia, l’uomo di fiducia di Paolo (circa 25 anni che rivendica di aver fatto il primo lockdown in Nepal, ma di essere brianzolo e quindi un gran lavoratore), ti dice che per cena si mangia farinata ligure e pizza cotte nel forno a legna e che si può bere quanto si vuole, ma solo fino a quando non si è finito di mangiare. Da quel momento in poi il vino si paga. E mentre ingolli il prosecco di loro produzione come fosse acqua, ti ritrovi a parlare francese con un israeliano che vive a Parigi di quanto Milano sia diventata bella ma anche quanto sia effimera, e a scambiare opinioni su come educare tua figlia con una maestra in pensione appena tornata dalla Sardegna. Lei vuole capire dove vivere la sua vecchiaia e sta pensando di trasferirsi proprio in questo luogo fuori dal mondo, e ha già adocchiato la sua prestanza a petto nudo di Mattia mentre appoggia sul tavolo le pizze calde. Mattia, invece, ha puntato la ventenne fiamminga studentessa di arte all’università di Lovanio, in Belgio, in vacanza da sola e in cerca di ispirazione in Italia, che non ci pensa lontanamente a passare la notte con lui.
La nottata è fresca, è settembre e non ci sono nuvole. La cima della collina è facile da raggiungere. Una stella cadente. Una coperta di stelle magiche avvolge completamente e illumina il buio intenso e ti aiuta a percepire una natura che urla la sua essenza così emozionante.
È strano sbarcare qui, soprattutto rispetto alle convenzioni sociali di chi pensa alla casa e al focolare, al lavoro e alla domenica in chiesa, alla comunità e al proprio villaggio, agli amici di una vita e alle cene del sabato sera fatte delle stesse chiacchiere con le stesse persone. Perché qui si vive in maniera essenziale, comunitaria, si finisce banalmente per farsi la domanda delle domande: quali sono le cose importanti nella nostra vita?
Sapendo che il giorno dopo si ritornerà a quella vita, fatta di casa, chiesa, lavoro, colazioni pranzi e cene e di domeniche al supermercato.
Ma questo è un luogo che qualcosa lascia, è il luogo che tua figlia che aveva 4 anni ancora ricorda perché “non ho mai visto delle stelle così belle” e di giorno, in 20 minuti ci si tuffa nel mare di Zoagli.
Foto: Stefano Corrada