Maxi incendio al datacenter. Sono centinaia i siti internet di aziende pubbliche e private, anche italiane, andati offline a causa di un devastante incendio avvenuto la scorsa settimana a Strasburgo, che ha distrutto il datacenter di Ovh, azienda francese di web hosting leader nel settore con oltre 1,5 milioni di clienti nel mondo.
Diversi Comuni italiani hanno dovuto comunicare ai cittadini funzionalità sospese per alcuni servizi e migliaia di utenti hanno lamentato gravi rallentamenti provocati dall’interruzione di corrente decisa dall’azienda dopo la catastrofe.
Chi era presente, racconta di fiamme alte. Per spegnere l’incendio sono serviti un centinaio di pompieri. Fortunatamente non ci sono state vittime. Ma i problemi causati da un punto di vista tecnico sono stati enormi e hanno fatto capire, ancora una volta, quanto siano ormai parte della nostra vita i servizi digitali, la tecnologia in generale e in particolare il cloud, la famosa nuvola, dove carichiamo tutte le nostre foto, le email e i nostri dati in generale.
Le aziende e il personale
Questo maxi incendio al datacenter ha portato alla ribalta, inoltre, la necessità da parte delle aziende di mettersi al riparo per queste evenienze. Non solo da un punto vista tecnico-tecnologico,
“L’incendio abbattuto sul datacenter della Ovh, uno dei più grandi d’Europa, ricorda quanto sia fondamentale per le aziende implementare le procedure per la salvaguardia dell’infrastruttura e predisporre un’adeguata formazione al personale, passaggi fondamentali verso quello che rappresenta il percorso ottimale per raggiungere la conformità alle linee guida dettate dal Regolamento Europeo sulla protezione dei dati personali, noto come GDPR (General Data Protection Regulation)”, commentano ma da Enterprise Solutions, una realtà italiana con esperienza ultraventennale nel settore.
Il tentativo di metterci una pezza
Il fondatore di OVH, Octave Klaba, ha prontamente raccomandato ai clienti, tramite Twitter, di attivare i propri piani di Disaster Recovery, mettendo in crisi centinaia di aziende che non erano pronte a farlo.
“Tra le misure necessarie ricomprese in un piano di recupero dei dati in caso di eventuale disastro sono sempre presenti una buona soluzione antivirus e un efficiente sistema di backup, che devono comunque fare da supporto ad una più ampia strategia di Business Continuity tramite la quale poterli utilizzare rapidamente per non farli perdere di efficacia”, proseguono da Enterprise Solutions. “Incidenti di questo tipo evidenziano il valore delle infrastrutture logiche e dei servizi Iaas (Infrastructure-as-a-service), dove è importante avere l’accesso alle risorse anche da remoto, separando così il piano virtuale da quello fisico: ricordiamo che una best practice di Disaster Recovery prevede tra i 50 ed i 100 km di distanza per repliche asincrone. Può capitare che server, dischi e cabine elettriche possano subire un danno, ma con l’accesso virtuale a server, storage e connessioni di rete possiamo smaterializzare ancora di più i processi assicurando una maggiore continuità dei servizi erogati in caso di eventuale incidente. Ad ogni modo, nella vicenda OVH il tema principale sembra essere stato quello dell’indisponibilità dei dati e la gravità dell’interruzione all’accesso”.
Le conseguenze sulla privacy
Una questione che, nel caso di referti medici o altri dati sensibili, potrebbe aver provocato conseguenze particolarmente gravi. Anche in termini di tutela della privacy.
Non una situazione proprio piacevole insomma per la multinazionale di Roubaix che sicuramente si troverà a dover fronteggiare, oltre all’ira di Enti pubblici e aziende private, anche il richiamo da parte dell’Autorità francese per la Protezione dei Dati per cercare di ridurre la sanzione che dovrà dimostrare di aver adottato tutte le misure tecniche ed organizzative adeguate per garantire la propria conformità al GDPR.