La scherma paralimpica, portata alla ribalta negli ultimi anni dalla campionessa “Bebe” Vio, è presente nei Giochi fin dall’edizione di Roma del 1960, e vanta un intero movimento che ha tanto da raccontare e far scoprire
La scherma paralimpica dal 2011 è considerata la “quarta arma” della Federazione Italiana Scherma perché da allora è regolamentata dalla FIS in accordo con il Comitato Italiano Paralimpico. Gli atleti di questa disciplina sono classificati in tre diverse categorie (A, B,C) sulla base di alcuni test effettuati per fare in modo che possano gareggiare insieme individui con disabilità diverse, ma parità funzionale. Gli assalti seguono le stesse regole della scherma per normodotati e anche le armi sono le stesse: fioretto, spada e sciabola. Anche il bersaglio valido per il fioretto e la sciabola è lo stesso. Nella spada invece il bersaglio è tutta la parte del corpo sopra la cintura. Le gambe vengono isolate con un telo a maglie metalliche indossato dall’atleta.
Gli atleti gareggiano su carrozzine fissate a un telaio sulla pedana e poste a una angolazione di 110° rispetto all’asse centrale. Per vincere una gara nella fase a gironi bisogna raggiungere 5 stoccate, nelle fasi successive ne occorrono 15, come nella scherma olimpica. La scherma in carrozzina fa parte del programma dei Giochi Paralimpici sin da Roma 1960, mentre la divisione in categorie è entrata in vigore a partire da Atlanta 1996. Il programma di Tokyo prevede competizioni individuali e a squadre sia maschili che femminili di fioretto e spada e le sole gare individuali di sciabola, per un totale di 16 eventi medaglia.
La scherma paralimpica fa parte del programma dei Giochi Paralimpici fin dalla loro prima edizione, quella di Roma 1960.
Bebe Vio è il volto della scherma paralimpica, un movimento che ha molto da raccontare
Negli ultimi anni il movimento ha acquistato notevole visibilità grazie a Beatrice “Bebe” Vio, schermitrice specializzata nel fioretto e campionessa paralimpica, mondiale ed europea. Ma dietro a un volto diventato famigliare anche al grande pubblico, , c’è un movimento che ha tanto da raccontare e far scoprire, come Lorenzo Radice, presidente dell’Accademia Scherma Milano.
“L’Accademia Scherma Milano è la realizzazione di un sogno che avevo da studente universitario, quando avevo ipotizzato di creare una società sportiva dove potessero allenarsi assieme persone cosiddette normodotate e persone con varie disabilità”, spiega Radice. “Questa, di fatto, è la mission della nostra attuale società sportiva”.
Un’attività per la quale il presidente, il 7 dicembre 2022, ha anche ricevuto l’Ambrogino D’Oro, la Benemerenza Civica del Comune di Milano. “Per me è stato come vincere una medaglia d’oro alle Olimpiadi”, racconta. “Essere stato premiato dalla mia adorata città, per quello che abbiamo fatto per portare lo sport non solo nei luoghi di gara, ma anche in ospedali, centri diurni, carceri, eccetera è stato davvero straordinario e indimenticabile”.
La nascita dell’Accademia Scherma Milano
Successivamente, scopriamo com’è nato il progetto ASM è nato grazie all’investimento privato dai risparmi di Lorenzo Radice e degli altri tre soci fondatori.
Adesso cercano di appoggiarsi alle istituzioni attraverso la partecipazione ad alcuni bandi, che possano permettergli di poter gestire al meglio l’associazione, riducendo così anche i costi, molte loro progettualità inclusivo sociali. Il presidente Radice afferma “Il supporto delle istituzioni è sempre gradito, lo desideriamo e lo cerchiamo, ma se non arriva, ci rimbocchiamo le maniche e troviamo altre soluzioni”.
Il presidente un po’ commosso racconta cosa lo soddisfa nel lavorare con i ragazzi diversamente abili.
“Il sorriso delle persone che interagiscono con noi, assieme al loro grazie, sono la forza e l’energia vitale di base che permette, a tutti noi, di portare sempre avanti, con grande entusiasmo, il progetto inclusivo di Accademia Scherma Milano“.
“Semplicemente comprendendo le necessità, le potenzialità e i limiti delle persone che vengono in ASM, adattandoci, per quanto possibile, ad ogni singola differente necessità“.
Infine, racconta quali sono i processi futuri, proseguire tutte le nostre progettualità, esportarle in altri contesti europei e attivare sempre più persone che sono isolate ed escluse dallo sport.
Radice si congeda raccontando il progetto che sta portando avanti con la Bebe Accademy.
“Essere parte della Bebe Vio Academy è per noi una gioia immensa e la conferma che chi conosce davvero i problemi delle persone disabili, ci riconosce le nostre competenze e capacità… e questo, in un mondo pieno di invidia, è davvero raro e straordinariamente bello”.
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