Il libro di Fabio Massa, edito da Chiarelettere, è una fotografia di Milano: ascesa e caduta del capoluogo lombardo, che rimane comunque il motore del Paese.
Una fotografia di Milano post pandemia, ma non solo. Si sarebbe dovuto intitolare La città degli eletti (o La torre d’avorio) e avrebbe dovuto descrivere quella che anche il New York Times aveva celebrato nel 2019 come meta da non perdere in Italia e in Europa: la Milano capitale della moda e del design. Invece, il libro di Fabio Massa è incappato nella pandemia da Coronavirus.
Così, dopo una gestazione decisamente più lunga di quella inizialmente prevista, è andato in stampa trasformato sia nel nome e sia nel contenuto.
Con la conseguenza che la copertina riporta impresso a caratteri cubitali il titolo Fuga dalla città e che il percorso narrativo ha acquisito una profondità e una capacità descrittiva di ciò che Milano è diventata oggi, dopo un anno di Covid-19, che ne fanno un testo imperdibile per chiunque abbia a cuore la città e abbia l’ambizione di contribuire a definirne il futuro. Ma non solo.
Doveva essere una mappatura sui poteri della città…
“Il libro non vuole essere un’istantanea, ma un volume ragionato”, spiega Massa, giornalista poliedrico che scrive su Il Foglio, su Affaritaliani.it Milano, che conduce un programma su Telelombardia e che tiene una rubrica quotidiana su Radio Lombardia.
“L’idea iniziale era quella di fare una sorta di rassegna ragionata di tutti i legami profondi che ci sono tra i potenti della città, per uscire con un anno di anticipo sulle elezioni amministrative in modo da andare a impattare su quello che si immaginava potesse essere il confronto sulla città”.
È per questo che la descrizione del capoluogo lombardo, tornato sull’onda dell’Expo 2015 a essere il motore trainante non solo del Nord Italia, ma dell’intero Paese, è affidata anche a una serie di interviste a personaggi di spicco del mondo della politica, dell’economia e della società civile: Attilio Fontana, Stefano Boeri, Giuseppe Guzzetti, Ferruccio Resta e Beppe Sala. Una fotografia di Milano post pandemia, ma non solo.
…poi è arrivata la pandemia e la fuga verso il Sud
Dall’inizio del 2020, quando Milano era al massimo del suo splendore, con un’immagine internazionale straordinaria e una situazione economica florida e apparentemente inscalfibile, all’arrivo della pandemia, che ha stravolto il quadro.
Il libro si apre con l’immagine che poi viene richiamata anche dal titolo: quella dello scalpiccio dei passi della gente che si affretta a prendere gli ultimi treni in partenza dalla Stazione Centrale prima del lockdown, nel weekend del 7 e 8 marzo 2020.
La Lombardia sta per diventare zona rossa e in molti decidono di lasciare Milano alla vigilia della chiusura per trovare “riparo” presso le famiglie di origine che vivono nelle regioni del meridione.
Fuggire per andare dove?
Si parte da lì per arrivare “a una riflessione più ampia”, prosegue Massa. Oggi a un anno di distanza vediamo che la fuga è anche quella dei “grandi investitori, dei lavoratori in smart working e dei cosiddetti south worker (che si sono trasferiti al Sud per lavorare a distanza per le aziende del Nord, Ndr). Però alla fine, fuggi e fuggi, ma fuggi dove?”, chiede l’autore.
“In Italia non c’è nulla di simile a Milano, che resta una città europea, una città aperta, una città che è sempre stata capace di mettersi in discussione e ripartire. Così, alla fine fuggendo da Milano non puoi far altro che tornare a Milano, a meno che tu non decida di dire addio alla città e andare a vivere in campagna”.
Una fotografia della Milano più fragile
Però, se la Milano del 2019 era la città glamour locomotiva del Paese e collegamento diretto e patinato con l’Europa che conta, quella del 2020 e del 2021, anno di elezioni, sembra uscita da un altro mondo.
È la città attraversata dai rider senza contratto, ai quali la politica non è stata capace di offrire mezza risposta. Dei 20 mila bambini in povertà assoluta richiamati da Guzzetti. Dell’azienda agricola (apparentemente) modello che poi si scopre utilizzare metodi da schiavista dell’800.
Una città che non si arrende
Ma è anche la città che vuole ripartire. Che non si arrende alla pandemia e ai suoi effetti. Che è pronta a reagire a un colpo che è comunque stato durissimo.
“Il tema è: lo farà con l’aiuto della politica o malgrado la politica?”, chiede Massa. “Il fatto che il Governo Draghi abbia una trazione molto lombarda-milanese può aiutare”.
“Dopodiché, per la prima volta nella sua storia dal secondo dopoguerra in poi, Milano deve mettere da parte quella voglia di fare tutto da sé. Con questa pandemia si è verificato uno scollamento estremo tra Milano e il Sud Italia, che deve essere ricomposto perché Milano ha bisogno di avere dietro di sé un Paese pronto a tenere da conto la sua locomotiva, che a sua volta non deve pensare di poter guardare il Paese con superiorità, come ha invece spesso fatto in passato”.
Milano, simbolo dell’Italia
Solo così Milano, che poi in questa lunga riflessione diventa il simbolo dell’Italia, può pensare di ripartire. E di farlo costruendo un sistema economico e sociale più equo e più giusto di quello che la pandemia ha non solo rivelato, ma anche contribuito a plasmare esasperando disparità e ingiustizia.
È questo, alla fine della riflessione, il messaggio di Massa. Che da osservatore non schierato suona la campanella per richiamare la politica al suo scopo originario: quello di immaginare il futuro e contribuire a porre le basi per realizzarlo. Una fotografia di Milano post pandemia, ma non solo.