Cos’hanno in comune Elvis Presley, Francesco Totti e Boris Johnson? Non è una barzelletta, ma un vaccino. Perché a volte vale più il buon esempio di tante scuse (vero Scanzi?)
Vaccino anti Covid: Francesco Totti come Elvis Presley? All’inizio fu il Re del Rock. Era il 1956, gli americani avevano già in salotto i primi televisori, e il re del rock’n’roll accettò di diventare il testimonial della vaccinazione antipolio. Ci mise la famosa faccia, e soprattutto il braccio. Si vaccinò negli studi della Cbs in diretta tv.
Grazie anche a lui la copertura delle vaccinazioni arrivò al 90% e in dieci anni la poliomielite passò da 58mila casi a meno di mille. Fu sicuramente una genialata. La prova che, più che i soliti politici, sono vip e celebrità varie a veicolare messaggi rassicuranti, a dare come si dice il buon esempio. Allora come oggi.
Influencer e testimonial
Gli influencer erano ancora fantascienza, ma Presley fu di fatto il primo testimonial dell’importanza delle vaccinazioni grazie alle telecamere e ai fotoreporter che diffusero le immagini sui quotidiani degli States e di tutto il mondo.
Ecco perché, in questa seconda primavera dell’era Covid, nel caos mediatico che ogni giorno ci destabilizza (vaccini sì, vaccino no, ma quello di AstraZeneca è sicuro? E via di dibattiti, talk show, gara di virologi in tv e fiumi di parole e social impazziti che davvero non se ne può più) a qualcuno, anche in Italia, s’è accesa la lampadina: e che, siam mica fessi, troviamo anche noi un super testimonial, uno che buchi non solo il braccio, ma pure lo schermo.
Quando il premier chiamava Fedez
Certo, dall’epoca del premier Giuseppe Conte che chiamava i Ferragnez al telefono per invitarli a sensibilizzare i giovani sull’uso della mascherina sembra passato un secolo, non cinque mesi. Ve lo vedete il compassato Mario Draghi che chiama Fedez al cellulare e gli chiede aiuto?
No, non ci siamo. Serve un personaggio famosissimo, ma simpatico a tutti. Quindi non un generale Figliuolo in divisa o un premier qualsiasi, come hanno fatto in Europa (vedi Boris Johnson in UK, anche se veramente lì hanno scomodato pure la regina Elisabetta, ma lontano dalle telecamere, sia mai). Meglio un atleta. Anzi, un campione dello sport.
Spazio agli sportivi
Ed ecco, come l’uovo di Colombo, un nome su tutti: Francesco Totti. Prima una grande scritta “Mi vaccino perché…”, poi il volto del Capitano e, all’occorrenza, di altri atleti come Valentina Vezzali, ora sottosegretaria allo Sport.
La campagna è ancora da mettere a punto, in verità (suggeriamo Valentino Rossi, se ci sta). Ma la prima scelta caduta su Totti, che tra l’altro è stato contagiato e il Coronavirus è riuscito a batterlo, è davvero un colpo che se andrà a segno sarà geniale. Soprattutto perché in queste settimane il leggendario Capitano della Roma è il protagonista indiscusso anche in tivù, grazie alla serie su Sky “Speravo de morì prima” con uno strepitoso Pietro Castellitto, così poco somigliante eppure più vero del vero Totti.
È già record di share e ammazza se funziona… Autoironica, romanissima, sincera e coraggiosa. La serie su Totti, la prima italiana su un campione dello sport, ha un cast perfetto, una regia magica e un approccio pop davvero da non perdere. E visto che di un personaggio così non si butta via niente, è giusto averlo scelto come testimonial principale anche di una campagna che deve arrivare al cuore della ggente.
Una dose e le polemiche
Perché si fa presto a dire vacciniamoci, ma il rischio di un passo falso è dietro l’angolo. Prendete le critiche che sono piovute addosso al giornalista del Fatto Quotidiano nonché prezzemolino della tivù Andrea Scanzi, fresco di vaccino anti Covid, ma reo secondo i social inferociti di avere saltato la fila degli aventi diritto. Poco è valsa la giustificazione (“Ero nelle liste di riserva, ho fatto l’AstraZeneca e gli italiani dovrebbero ringraziarmi”), se Scanzi pensava di ricevere applausi come un eroe della patria, mah, diciamo che come testimonial aspettiamo il prossimo.