Il campione mondiale della MotoGP ha annunciato il ritiro dalle corse. Nel prossimo futuro è in arrivo un bebé che gli cambierà ciò che ha sempre cercato di battere: il tempo.
Valentino Rossi ha smesso di correre. Ma non è particolarmente interessante che abbia smesso di correre in MotoGp; lo rivedremo altrove in macchina, o con un altro mezzo veloce. E non offre neppure un piacevole trasporto provare a riassumere quanto abbia fatto in moto nel corso degli anni. Forse l’esatta sintesi l’ha offerta Jorge Lorenzo quando nel tributo dato all’addio delle corse ha scritto, fuori dai numeri della velocità, che Valentino in termini di carisma e trascendenza è stato a livello di Michael Jordan, Tiger Woods, Muhammad Ali o Airton Senna.
Insomma, che Brad Pitt in un’intervista abbia detto che avrebbe voluto essere Valentino Rossi rende bene la misura della sua stella. Poi, per carità, a determinare se è stato il più veloce, il più vittorioso, eccetera eccetera ci penseranno i freddi numeri delle gare trascorse che offriranno una risposta plausibile per qualunque tesi si vorrà sostenere. E da lì in poi nasceranno quelle meravigliose e infinite discussioni su chi è stato il migliore pilota di tutti i tempi.
Valentino, però, è stato molto altro ancora. E così è arrivato anche per lui il momento di diventare genitore (lo ha annunciato sul suo profilo Instagram). E il tempo, la misura del minor tempo possibile che per tutta la vita è stata l’arbitro che ha decretato ogni sua vittoria o sconfitta, smetterà di esprimere giudizi.
Perché il tempo, nella vita di un genitore, sfugge a qualsivoglia diretta disponibilità e diventa un’unità di misura dentro la quale comprendere milioni di cose che riguardano direttamente o indirettamente i figli, magari tutte fatte di corsa, velocemente, a perdifiato senza però che a fine giornata vengano distribuiti premi tra il primo, il secondo o il terzo arrivato.
La genitorialità traccia, infatti, una linea orizzontale dove tutti, dal primo all’ultimo, hanno lo stesso tempo a disposizione, 24 ore, e i medesimi problemi d’affrontare. Nessun genitore vincerà o perderà nel confronto con un altro.
Anzi, l’unico dato vero per vero è che la clessidra del tempo è in mano ai figli.
Nell’insana e insensata voglia di stringere un dialogo a qualsiasi età, soprattutto nell’età prescolare, dove l’apice dello scontro ha il proprio habitat naturale nel capriccio, vale a dire in quell’ostinata e disarmante volontà del figlio di ottenere ciò che vuole, ecco allora che al genitore viene richiesto contenere quella cocciutaggine prodigandosi nel patetico sforzo di trovare con il figlio un compromesso tra ciò che vuole e ciò che può ottenere, magari nulla.
In quel momento e in quel frangente il tempo smette di scorrere perché se il figlio dovesse cogliere fretta o urgenza nel parlamentare con lui, il capriccio potrebbe assumere picchi inarrivabili di una durata tendente all’infinito. Così, proprio quel preciso momento in cui si cerca un dialogo con loro, quello è il tempo presente per antonomasia. Senza prima né dopo, senza preoccupazioni, urgenze o altro. Al genitore è concessa una sola e unica speranza, che quell’istante finisca presto.
Per un pilota da corsa come Valentino, poi, l’esatta ripetizione del gesto, accelerare, frenare, staccare, piegare, fatta nel giusto istante ha significato, nei record infranti e nelle vittorie conquistate, la perfezione del gesto sportivo di quell’epoca.
Nella vita genitoriale, invece, l’esatta ripetizione del gesto può portare, ad andar bene, a una fragorosa risata. I figli sono creature che mutano forma e interessi nel giro di meno di poco. È certo che si è sempre in ritardo. È un po’ come correre a perdifiato su una strada che si vede per la prima volta, non è prudente, e i rischi che si incontrano nell’attività genitoriale, pensando che ogni giorno sarà uguale all’altro, possono essere molto pericolosi.
Il ringraziamento di tutti gli appassionati
Infine, Valentino Rossi, un ringraziamento è doveroso da parte di chi è stato spettatore di tutti i tuoi meravigliosi anni trascorsi nel motorsport, perché hai anche insegnato a tutti che il tempo di un pilota non è racchiuso nella sua età anagrafica, ma nei tempi che è in grado di offrire.
Hai detto la parola fine proprio quando hai visto che, nonostante i tuoi continui progressi che ogni anno ti dicevano che eri sempre un poco più veloce dell’anno precedente, i ragazzi attorno a te sono diventati più veloci, oramai inarrivabili.
Così ha deciso di abbandonare quel tempo, severo arbitro che ha deciso delle tue vittorie e delle tue sconfitte nella maggior parte dei tuoi anni, per regalarlo e metterlo interamente a disposizione di chi entrerà tra poco nella tua vita.
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