Li avevamo dimenticati quest’estate, quando sorseggiando un mojito a un tavolino all’aperto ci illudevamo che virus e contagi ci avessero abbandonati. Ma a volte ritornano. E loro, virologi e compagni, rieccoli tutti: in settembre abbronzati e più rilassati, ma poi con l’autunno via via sempre meno sorridenti nei vari tg e talk show.
Oddio, qualcuno che al rompete le righe di fine maggio ci aveva rassicurato c’era. “Il virus clinicamente non esiste più”: chissà quante volte Alberto Zangrillo, direttore della Terapia intensiva del San Raffaele, si è pentito di aver pronunciato questa frase, soprattutto quando poi si è ritrovato nei letti del suo reparto amici come Flavio Briatore e Silvio Berlusconi. Incompreso o facilone?
Sta di fatto che il medico personale del Cavaliere è tra quelli che ora hanno adottato un precauzionale low profile e sugli schermi si vedono meno. Ma gli altri?
Roberto Burioni, immunologo, accademico, divulgatore scientifico, oltre che ricercatore e chi più ne ha ne metta, ospite fisso da Fabio Fazio durante la prima ondata del Covid-19, in effetti mentre l’Italia correva in spiaggia e buttava le mascherine si era dato un po’ alla macchia. Si era dichiarato in silenzio stampa e ora è ricomparso solo con messaggi, per la verità sempre puntuali, preferendo però social di divulgazione scientifica al presenzialismo in tv. “Non voglio entrare nella polemica che ormai assomiglia a una lotta nel fango a scopi politici”. Difficile dire quanto resisterà al richiamo delle telecamere. Per la serie: Si nota di più se vengo o se non vengo per niente?
Massimo Galli, numero uno di Malattie infettive dell’ospedale Sacco di Milano, nei mesi del lockdown era diventato la vera star tra gli esperti scientifici. Corteggiato da Lilli Gruber, da Giovanni Floris, anche da La7, ma meno dai programmi Mediaset, resta comunque la voce e il volto che gli italiani impauriti hanno imparato ad apprezzare di più. Piace perché ha quell’aria da zio burbero che quando ti dà uno schiaffo sai che te lo sei meritato. Ma visto che c’è un virus di destra e uno di sinistra (assurdità tutta italiana), non è amato da chi vota Salvini, Meloni e quel che resta di Forza Italia. Zangrillo gli ha pure rinfacciato il suo passato da sessantottino. E questo, in un’Italia sull’orlo di una crisi di nervi, basta per alzare o abbassare l’audience. Ex superstar.
Matteo Bassetti, direttore del reparto di Malattie infettive del San Martino di Genova, in questa seconda ondata è il vero Ronaldo tra i camici bianchi. Piace alle donne ed è diventato anche un’icona gay nonostante a “Un giorno da pecora” si sia scrollato di dosso ogni etichetta. Selvaggia Lucarelli lo ha bollato come l’infettivologo di riferimento del centrodestra, ma ad ogni stagione il virus manda a segno il suo campione e in questa ripresa il bomber è lui. In effetti buca lo schermo, e poi è contro gli allarmismi e questo tranquillizza il popolo dei talk show pomeridiani. In questi giorni ha attaccato le misure del governo Conte: “Non serve chiudere per qualche ora ristoranti e bar”. Bello e impossibile.
Walter Ricciardi, ex presidente dell’Istituto superiore di Sanità e consigliere del ministro Speranza, è forse il più esperto tra gli esperti (tra i pochi che quest’estate ammonivano che non era finita), ma purtroppo per lui non ha un grande appeal. In tv è più ospite di Porta a Porta o di approfondimenti Rai vagamente istituzionali. Pessimista o semplicemente realista, ultimamente si è smarcato dalla linea di Palazzo Chigi. “Così non va, servono lockdown localizzati”. Autorevole, ma poco amato.
Ilaria Capua, virologa emigrata negli Usa, si è presa una bella rivincita mediatica come ospite fissa a Di martedì di Floris dopo le vicende giudiziarie da cui è uscita pulita. È considerata affidabile anche perché risponde a quesiti medico-scientifici con semplicità rivelando una profonda conoscenza dei virus. Tra le donne scienziate (che sono brave e tante, ma anche in questo campo la parità di genere resta un miraggio) è la preferita dal pubblico che invece ha bocciato la virologa del Sacco Maria Rita Gismondo, non perdonandole di avere paragonato il Covid a una semplice influenza e di avere partecipato con Vittorio Sgarbi al convegno dei negazionisti. Piace di più l’immunologa Antonella Viola, spesso a Otto e mezzo, sempre sorridente ma precisa quando parla di epidemia. Tornando alla Capua, si teme che resterà a lungo collegata al programma di Floris, ma solo perché l’infezione durerà a lungo. La chiarezza è (quasi sempre) donna.
Andrea Crisanti, diventato famoso come il medico che aveva sconfitto il virus in Veneto, si definisce un incompreso. È un fanatico dei tracciamenti dei focolai e di una politica sanitaria rimasta lettera morta. Quanto alla sua presenza mediatica, da buon cavallo pazzo spiazza il pubblico. Arriverà il giorno in cui si dirà: aveva ragione lui. Partito bene, ma…
Franco Locatelli è presidente del Consiglio superiore di Sanità, dovrebbe essere il più autorevole sui media, ma è stato spesso confuso nelle previsioni, in più non buca lo schermo e alla fine nessuno se lo fila tanto. Forse perché eravamo abituati a vederlo, nei terribili mesi di marzo e aprile, accanto a un soporifero Angelo Borrelli nei quotidiani bollettini della Protezione civile. Che per fortuna, almeno in quella versione angosciante, ora ci vengono risparmiati. Meno burocrazia, più certezze.
E poi c’è lui, il virologo milanese Fabrizio Pregliasco: ai tempi in cui nei giornali ancora di carta arrivava, verso dicembre, il picco dell’influenza stagionale non c’era redattore che non lo intervistasse per i vaccini e i consigli del caso. Era una certezza, l’unica. Ora, lo rivediamo spesso in tv, mentre scuote la testa nel parlare di un virus sconosciuto arrivato come uno tsunami a sconvolgere la vita di tutti. Arruolato nel circo mediatico del Covid, fa quasi tenerezza. Immarcescibile.