Male, malissimo, eppure Napoleone e Churchill ci avevano avvertito. Invece nulla. Abbiamo confuso l’effervescenza delle bollicine con la frivolezza e così nel trimestre nero marzo-maggio 2020 abbiamo smesso di comprarle (-19%).
Eppure, Napoleone l’aveva capito: non posso vivere senza champagne. In caso di vittoria, lo merito; in caso di sconfitta, ne ho bisogno. La stessa intuizione l’ha avuta Churchill: quando vinci meriti lo champagne, quando perdi ne hai bisogno.
Noi non l’abbiamo capito. Ci siamo rifugiati nel rassicurante vino rosso (+14,9% rispetto alle vendite del trimestre dell’anno trascorso) probabilmente comprato online (+ 109%) oppure acquistato dalla grande distribuzione (+ 9%).
Eppure, la filiera del vino meriterebbe pari occasioni e opportunità. Smettere di bere bollicine è una rinuncia alla rivincita, è una rinuncia sognare, è rinunciare alle buone idee e alle invenzioni.
La sconfitta offre la giusta misura e fa capire che quanto fatto in precedenza è stato inadeguato e allora quello che verrà poi, se vorrà avere una chance, una qualsiasi chance di successo, dovrà essere diverso da ciò che l’ha preceduto: i neuroni richiedono strabiliante effervescenza.
Pari occasioni, poi, dovrebbero essere anche fornite a tutte quelle enoteche ancora aperte, molte nel frattempo hanno chiuso, che rischiano di essere le uniche luci accese in città sempre più vuote e spente.
Animo, serve animo. Serve una cantina attrezzata che possa celebrare le vittorie, ma ancora di più essere di aiuto all’immaginazione nelle sconfitte. Serve premiare le enoteche ancora aperte perché rappresentano una parte importante della filiera del mondo del vino e non possono essere trascurate. Poi servono le bollicine, metodo classico, rigorosamente italiane.
Una parte di cantina allora dovrebbe essere destinata alla rabbia, alla rivincita, e allora la bollicina deve stimolare il palato con decisione, con costanza, le idee di rivalsa devono avere il suono e il tempo di un rullante che batte una marcia militare. Per l’occasione si potrebbe pensare a Filighe di Vinicola Cherchi. Quella bolla è nata disinteressandosi del fatto che in quei luoghi, in Sardegna, sopra le colline di Ussini, non venissero fatte le bollicine; la sua effervescenza è la rivincita su chi non ha mai creduto che si potesse fare.
Un’altra parte della cantina dovrebbe poi essere destinata alla pazienza. Pazientare non significa soccombere. L’attesa permette di far decantare le idee, i progetti, permette di capire gli sbagli senza avere la fretta di commetterne subito altri; e allora in cantina deve trovare spazio Faccoli con l’Extra Brut Degorgement Tardif, un millesimato con 10 anni sui lieviti. Ecco, poi Faccoli si siede, aspetta, bevendo una altra bollicina.
Infine, un’altra parte della cantina deve essere dedicata alla parte consolatoria del ricordo. Ci sono stati giorni più felici, momenti più felici, meglio ricordarli. Ecco allora che in cantina deve trovare spazio Deltetto Extra Brut Millesimato. Quella bolla è un po’ come se fosse la coperta dei ricordi, sembra che abbia rubato il meglio dello stile francese adattandolo alle colline dell’Alta Langa. In bocca si trova l’esatta sintesi di due mondi apparentemente lontani (Francia e Italia) che lì si incontrano facendo pensare ad alta voce quanto possano essere belle le commistioni, le inclusioni tra stili e mondi diversi.