Viaggio alla scoperta dell’azienda agricola Monte Zovo, realtà condotta dalla famiglia Cottini che rappresenta una straordinaria sintesi di tutto il meglio che il territorio sa offrire.
Aria. L’impalpabile consistenza del nulla. Non si vede, non si sente addosso. Sappiamo che c’è perché respiriamo; quando smetteremo di farlo potrebbe essere anche arrivata la fine del mondo.
Il suo girovagare è tracciato dai colori del cielo. L’aria calda tende a salire, una volta raffreddatasi si condensa e dà origine alle nuvole; i loro spostamenti da una zona di alta pressione a una zona di bassa pressione sono le tracce della sua presenza.
Quando questi spostamenti sono repentini l’aria si trasforma in vento, e lì cambia tutto. Il vento lo senti addosso, e quando è molto forte succede che spazzi via tutto. Ogni cosa.
Però, quando questo non accade, allora il vento si limita a portare via il superfluo, quello che non serve. Porta via la polvere, restituendo i colori al loro splendore. Porta via l’acqua, restituendo luce all’erba. Porta via il caldo nelle torride sere di estate, oppure rinforza il freddo rendendolo quasi insuperabile con la sua aria sottile.
Quella porta aperta a un vento gentile
Caprino Veronese, situato ai piedi del Monte Baldo, con l’affaccio rivolto verso il lago di Garda, e una finestra dischiusa sul fiume Adige, è una porta aperta al vento. A un vento gentile.
Seguendo quel vento ha avuto inizio la storia del vino Calinverno, cuspide geografica della Valpolicella, perché di quella zona non può portare la denominazione. Anche se il comune di Dolcè, che segna il confine a Nord Est della Valpolicella, non è distante in linea d’area a più di 5 chilometri dal comune di Caprino Veronese.
Da queste parti Rondinella, Corvina e Corvinone, recitate in sequenza, sono la preghiera laica di chi cerca meraviglia, perché sono le uve con cui vengono vinificati, ciascuno seguendo il proprio disciplinare di produzione, Valpolicella, Valpolicella Ripasso e Amarone.
Per complicazione, l’Amarone è il vino che più patisce le bizze del tempo.
La magia dell’amarone e le insidie del tempo
Si legge nel disciplinare di produzione che storicamente le uve giunte a piena maturazione vengono vendemmiate durante il periodo che va dalla terza decade di settembre fino alla prima settimana di ottobre. Le uve vengono poi raccolte e poste in un unico strato, in cassette di legno, di plastica o su graticci di canne di bambù per fare meglio circolare l’aria ed impedire che le uve si schiaccino. Successivamente, vengono collocate in ampi fruttai ricavati sopra le cantine che devono essere perfettamente aerati e in grado di assicurare un’ideale conservazione dei grappoli. Le uve devono rimanere nei fruttai 100 o 120 giorni sino a che non perdano almeno la metà del loro peso.
In tutti questi passaggi si annida il tranello del tempo. Il cambiamento climatico che ha portato ad avere estati sempre più roventi ha cambiato grandemente il periodo di raccolta delle uve, anticipandolo di molto. Non è un caso che i moderni impianti cerchino sempre maggiori altitudini per la gestione del calore, anche se ciò dovesse andare contro la praticità della vendemmia. E, come se non bastasse, anche il rapporto dell’acqua in vigna ha un precario equilibrio. Nelle vigne perlopiù situate a fondo valle, ma non solo in quelle, capita che l’acqua ristagni, e quel ristagno è portatore di muffe che si aggrappano ai grappoli pregiudicando la sanità dell’uva e la riuscita di una buona vendemmia. Tali e tante complicazioni sono tipiche delle coltivazioni dell’uva in Valpollicella.
La magia del Monte Baldo
Alle pendici del Monte Baldo, invece, dove vengono coltivate le uve che servono per produrre il Calinverno, queste difficoltà sono in qualche modo mitigate.
Il vento che discende i pendii è un vento gentile, e quando trova ingresso in vigna porta via il calore delle sere d’estate garantendo all’uva un deciso sbalzo termico. Il movimento d’aria che ne consegue è capace di pulire, spazzare via e mettere ordine a tutto ciò che è superfluo. Il terreno è sempre asciutto e il vento protegge le uve dall’aggressione di muffe o di altre malattie.
Tali circostanze favorevoli, lette assieme alla mancanza di affanni nel dover rispettare un disciplinare produttivo, poiché il comune di Caprino Veronese è fuori dalla zona di Valpolicella, anche se distante pochissimi chilometri in linea d’area, hanno permesso a Diego Cottini di trovare ispirazione e dare riassunto a quella che è la storia della sua famiglia iniziata nel 1900.
Monte Zovo e la filosofia della famiglia Cottini
Con il vino Calinverno, Diego Cottini è capace di fare esatta sintesi delle tradizioni dei luoghi rivelando, con grande precisione, quella che è la filosofia di fondo della cantina di famiglia: il bello risiede nella misura.
Ecco allora che il vino Calinverno è fatto seguendo in larga parte la tradizione dei luoghi e lo stile della Valpollicella. Al 95% è fatto vinificando le uve Corvina, Corvinone, Rondinella e Croatina. Tuttavia, il restante 5% è lasciato a un filare diverso, ma che cresce nella stessa vigna, l’uva Cabernet Sauvigon.
Questo uvaggio, portato assieme alle altre uve ad appassimento, grazie a una vinificazione fatta da mani sapienti, regala al vino inaspettate e misurate note che molto bene si intrecciano con gli uvaggi tradizionali della zona, senza però mai toglierne la tipicità.
E ciò è reso possibile anche dal tempo atmosferico, che permette a queste uve di poter appassire sui filari consentendo una vendemmia che può dilungarsi fino ai primi giorni di novembre. Il vento che scende dai pendii protegge le uve e porta via il superfluo.
Il Calinverno e la misura del bello
All’assaggio il Calinverno ha la misura del bello. Per scelta stilistica non si è cercata l’opulenza nei profumi, nei colori, nei sapori. Acidità e mineralità sono ben bilanciate per regalare alla bocca un vino immediatamente comprensibile, rotondo nell’insieme delle sue componenti, capace di mantenere questa peculiarità anche in invecchiamenti molto lunghi. Insomma, mantiene intatta la tradizione se declinata al tempo presente oppure se coniugata in un tempo futuro.
Poi c’è anche la cantina Monte Zovo della famiglia Cottini, che ha dato vita a questo vino. Vale la pena frequentare questo luogo perché lì c’è un’idea, una filosofia di recupero veramente interessante.
L’energia viene rubata dal sole e il calore invece viene ottenuto utilizzando le vinacce esauste. I sassi che adornano il perimetro della casa, i marmi che sono stati utilizzati per la costruzione dei pavimenti, sono tutti materiali di recupero raccolti durante la bonifica dei terreni fatta prima di impiantare le viti.
Ebbene, tutto ciò che è possibile osservare in cantina ha il bello nella misura, ma questo richiede a chi guarda uno sguardo vigile e attento, perché le meraviglie presenti non vengono mai ostentate. E allora l’incantarsi per un dettaglio diventa una conquista di chi osserva.
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