La MotoGp riparte dal Qatar senza Marc Marquez, ma ci sono quattro piloti trascurati dalla stampa e dai bookmaker che, invece, meritano la nostra attenzione. Facendo un parallelismo con il mondo del vino, sono come i quattro uvaggi dimenticati dello champagne: poco considerati, ma capaci di regalare grandissime emozioni.
Riparte la MotoGp. Il Qatar è una lingua di sabbia lunga meno di 160 km che si dissolve nel Golfo Persico. Caldo, sabbia, vento, non sembra un gran posto dove far correre delle moto.
Eppure, nonostante tutto, da lì oggi parte la nuova stagione della MotoGp. E partirà sul serio, perché la Dorna (l’organizzatore dell’evento) ha saggiamente pensato di offrire a tutti i membri del Circus la possibilità di vaccinarsi. Evidentemente in Qatar i vaccini crescono in abbondanza.
Come per l’anno trascorso, il mondiale si annuncia orfano, almeno nelle prime gare, di Marc Marquez. E, in assenza della più bella al ballo della scuola, chi rimane dovrà arrabattarsi per trasformare questa assenza in un’occasione per mettersi in mostra, anziché lasciare in chi guarda il rammarico per chi non c’è.
I piloti (e i vitigni) dimenticati
Facendo un parallelismo tra motociclismo ed enologia si potrebbe dire che è ciò che accade con lo Champagne e i suoi Cépages Oubliés. I vitigni dimenticati dello champagne, che ormai nella quasi totalità dei casi è prodotto utilizzando Chardonnay, Pinot Noir e Pinot Meunier (in purezza o in assemblaggio) sono in tutto quattro, occupano meno dello 0,3% del territorio coltivato a vite della regione, e ben si sposano con le possibili quattro sorprese del motomondiale.
I quattro piloti di cui parleremo vengono trascurati dalla stampa, sono quasi ignorati dai bookmaker nelle quotazioni per la vittoria. Eppure, se osservati dalla giusta prospettiva, rappresentano ognuno un meraviglioso Champagne.
Miguel Oliveira e l’uva Arbane: sgraziati, ma vincenti
L’uva Arbane alla vista appare come un quadro di Picasso. Gli acini del grappolo hanno diverse grandezze, a volte molto piccoli oppure molto gradi, e non sempre raggiungono il giusto punto di maturazione. Leggenda contadina racconta che quegli acini spesso siano così duri da essere utilizzati per la caccia al cinghiale. Quest’uva è così poco amata che in Champagne è vietato l’impianto di nuovi vigneti e sono ammessi solo i reimpianti di quelli vecchi.
Eppure, quando tutto va per il meglio da quell’uva nasce una bolla capace di conquistare gli amanti del genere: rustica, polverosa, sgraziata, acidula di natura senza mai arrivare ad essere scorbutica, con una spiccata vivacità e una delicata nota amarognola sul finale.
Quest’uva viene vinificata in purezza da Moutard Pére & Fils, con Vieilles Vignes Cépage Arbane, oppure da Olivier Horiot con l’Arbane Pure.
Due Champagne che si prestano a essere abbinati a Miguel Oliveira, pilota portoghese al terzo anno in MotoGp con la KTM. Come rappresentante della sua nazione è il primo pilota in assoluto capace di vincere un gran premio nella classe regina, sul circuito di Silverstone nel 2020.
Quando tutto è in ordine il ragazzo è veloce, solido, senza timori reverenziali, non sbaglia e va forte. Però quando non raggiunge la giusta concentrazione durante la gara regala ritiri o prestazioni decisamente sottotono. Al momento ha garantito dei risultati sgraziati: un po’ come la forma del grappolo d’uva Arbane.
Brad Binder e il Petit Meslier, rari come i campioni
L’uva Petit Meslier nasce dall’incontro dell’uva Savagnin con l’uva Gouias. Ha forma conica con bacche piccole e un peduncolo dipinto di rosso. Germoglia precocemente, è subito pronta e non fa come le altre uve, che vanno alla ricerca del sole per crescere in altezza. Preferisce, infatti, svilupparsi vegetativamente verso il basso.
Un solo produttore vinifica quest’uva in purezza: Duval – Leroy con la bollicina Petit Meslier. Trovarla in un bicchiere è un’assoluta rarità.
Questo Champagne ben si abbina a Brad Binder. Il ragazzo è un pilota Sudafricano, e trovarne in MotoGP è tutt’altro che usuale. Al suo primo anno in MotoGp, con la KTM, ha dimostrato di essere maledettamente precoce avendo già vinto un gran premio, quello di Brno, primo trionfo nella classe regina anche per la casa austriaca.
La precocità è una stigmate di questo pilota. E, solitamente, i piloti così precoci diventano poi anche dei campioni. Come le rarissime volle da Petit Meslier.
Jorge Martín e il Pinot Grigio: sorprese garantite
Il Pinot Grigio, arcinoto altrove, entra di straforo in Champagne, dove solo lo 0,01% del territorio è destinato a questa uva. In vigna il grappolo è riconoscibile con grande facilità: le sue bacche hanno un colore rosa grigiastro e hanno un acino piccolo. La resa è molto bassa, e di anno in anno può riservare sorprese, non garantendo una qualità costante e uniforme.
Solo una casa utilizza questa uva in purezza ed è Dérot-Delugny, che dà vita al Brut Cuvée des Fondateurs, una vera singolarità nel panorama francese.
Questo Champagne si abbina bene a Jorge Martín, pilota spagnolo al debutto in MotoGp con il team Pramac in sella a una Ducati. Nel suo palmares è possibile vedere un titolo mondiale in Moto 3, eppoi risultati modesti: un undicesimo e un quinto posto negli ultimi due anni trascorsi in Moto 2. Eppure, osservando le sue ultime prove lo si vede appeso alla moto con il posteriore che “sgondola” e un davanti traballante mentre lui continua a dare gas. In verità è caduto diverse volte, ma un plauso all’indomita voglia di arrivare al limite per essere un giorno primo lo merita. E poco importa se poi i risultati non saranno sempre costanti, come quelli del Pinot Grigio.
Valentino Rossi e il Pinot Bianco: la vittoria della maturità
Infine, ecco l’uva Pinot Bianco, molto conosciuta come uvaggio internazionale che dà vita a un vino fermo.È invece meno noto il fattoche questa uva sia ammessa anche nella produzione dello Champagne. In quella regione l’uva viene ancora chiamata con il vecchio nome, Enfumé, ed èutilizzata principalmente per garantire un apporto di “morbidezza” al vino, sacrificando però la sua capacità di invecchiamento.
In vigna la si riconosce perché ha un grappolo moto allungato, conico, senza ali. Insomma appare alla vista magra magra, lunga lunga. È molto produttiva, le gelate primaverili non la fiaccano perché è capace di riprodurre il frutto anche coi restanti germogli, ed è per questo che la si trova alle latitudini più fredde. Tuttavia, sebbene abbia una produzione regolare, è un’uva delicata che si ammala con facilità. In campagna si dice che solo in due annate su dieci maturi adeguatamente. Nelle restanti è una corsa contro la muffa.
Diversi produttori la vinificano in purezza e tra questi si possono ricordare Petit-Camusat con il Blanc de Blancs Pinot Blanc Brut e Marcel Deheurles & Fils con Céleste.
Questi Champagne ricordano Valentino Rossi, pilota che trova nel presente, nella sua maturità, il maggiore punto di forza. Di lui non si parla più in termini lusinghieri, non è più considerato come un possibile contendente al titolo o alla vittoria. Tutto questo però trascura il fatto che quel pilota, come l’uva Pinot Bianco, è dotato di una resilienza che gli ha permesso di resistere a cambi di marca, a lutti e alle retrocessioni. Finché correrà sarà lì per vincere, questa possibilità potrà essere esclusa solo quando smetterà di correre.
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