Da cosa nasce la parola “scaricaricabarile”? Un vocabolo che oggi con la cultura vitivinicola non ha più nulla a che fare, ma che in realtà ha origini enologiche lontane. Inizia tutto quando si decide di trasportare il vino in botti e non più in anfore. Come sarebbe arrivato a destinazione il prezioso nettare? Si sarebbe trasformato in aceto? O sarebbe diventato la meraviglia di Baco?
Da quando la botte ha soppiantato le anfore per il trasporto del vino, fino a quando queste a loro volta sono state sostituite dalle bottiglie di vetro con tappo ermetico durante il diciassettesimo secolo, non c’è sempre stato il vino buono nella botte piccola, perché dietro al trasporto si nascondeva il mistero ella sua evoluzione.
Arrivano i barili
La fine dell’uso dell’anfora avviene attorno al secondo secolo a.C., per lo più per una ragione pratica: togliere peso a una merce che di per sé ne aveva già molto, per facilitarne l’allora impervio trasporto da un posto a un altro.
Ad esempio, gli avamposti di Roma e del suo Impero tra il 200 d.C. e il 400 d.C. sono stati segnati dallo scorrere del Danubio e del Reno, lungo i cui corsi si trovavano le Legioni sempre molto assetate. Per intere settimane le botti hanno viaggiato su carri trainati da cavalli o buoi, fino a raggiungere i fiumi per poi navigarli fino all’incontro dei distaccamenti lungo le frontiere.
Grazie a un editto imperiale si è passati poi dal trasporto del vino alla coltivazione della vite lungo i vari avamposti e ciò ha dato origine a oltre i tre quarti del patrimonio viticolo europeo.
I vini di Bordeaux hanno navigato tra i corsi d’acqua della Garonna e della Dordogna fino a raggiungere l’Inghilterra per placare la sete di “claret” degli inglesi.
Si pensi allo stesso modo ai vini coltivati sulla Mosella o in Alsazia che per arrivare alla tavola dei più abbienti consumatori hanno dovuto percorrere il Reno in lungo e in largo. A tacere poi del tragitto fatto dai vini spagnoli o portoghesi nelle agitate acque percorse per arrivare alla volta dell’Inghilterra.
La conservazione durante il trasporto
Prima dell’avvento della conservazione del vino attraverso le sofisticazioni importate dall’Olanda a base di zolfo o di acqua vite, molto poco si conosceva della chimica della bevanda e non si poteva certo conoscere in anticipo in che condizioni si sarebbe presentata alla fine di tanto pellegrinare.
Il vino poteva essere di eccellente qualità alla partenza e infima qualità all’arrivo senza causa apparente, eppure erano passate, settimane, mesi non anni. Tali variazioni erano dettate, ma allora non si sapeva, dal fatto che il vino contenuto nella botte continuava ad essere una sostanza viva il cui variare della temperatura poteva portare l’attivazione di processi chimici imprevedibili e incontrollabili per la scienza del tempo.
In tali circostanze, la presenza nel vino del batterio l’Acetorbcter aceti, se messo a contatto con l’ossigeno a una certa temperatura, era capace di moltiplicarsi fino a trasformare il contenuto dell’intera botte in aceto.
Questo mistero accompagna la parola “scaricabarile”, parola che è stata pronunciata a gran voce da ogni mercante di vino come se fosse un mantra, come se fosse una litania, come se fosse un’implorazione, come se fosse la preghiera pagana del commercio di vini.
Assaggio, valutazione di gradimento e individuazione sono stati i tre passaggi che hanno preceduto la consegna delle botti al mercante, botti piccole però, poiché le dimensioni dei contenitori dovevano garantire un certo agio nel sistemare il carico sopra un carro o sopra un altro mezzo di trasporto; stipata la merce, in capo al mercante sopravvivevano tutti i rischi del viaggio, compreso quello di fallire.
Ecco allora che solo con la conclusione del viaggio il mercante poteva finalmente affrancare lo spirito dalle tante tribolazioni patite, ma non solo; raggiunto il luogo dove la merce sarebbe stata venduta, se questa avesse incontrato il giusto compratore, avveniva la liberazione del mercante da ogni obbligo.
Dopo l’assaggio, la vendita del vino veniva compiuta con la consegna delle botti in mani dell’acquirente e con quell’atto di “scaricabarile” il mercante si liberava da ogni rischio, da ogni preoccupazione, da ogni responsabilità assunta e patita durante il viaggio. Così facendo il mercante poteva disinteressarsi delle botti, del vino e della loro sorte.
La normativa odierna
Ai giorni nostri della professione del mercante se ne è quasi persa traccia. Il trasporto delle cose da un posto all’altro è ora soventemente segnato da un accordo commerciale a monte tra il venditore e l’acquirente e la regola generale che governa il passaggio del rischio e della responsabilità ha la propria disciplina nel codice civile e nel brocardo res perit domino.
La consegna del bene non determina più il passaggio del rischio poiché questo viene trasferito con l’accordo di cessione intercorso tra acquirente e venditore; ecco allora che gli accidenti del viaggio che incontreranno le merci, questi avvenuti per causa non imputabile al venditore come allora era ritenuta la trasformazione del vino in aceto, non libereranno l’acquirente dall’obbligo di eseguire la controprestazione anche qualora il bene dovesse perire durante il trasporto.
In verità, diversi distinguo dovrebbero farsi alla regola generale res perit domino; Incoterms, CIF, FOB e via via discorrendo, ma non tutte le storie che riguardano il vino meritano di essere raccontate.