Il partito del Presidente, Russia Unita, si indebolisce. Il Parlamento cambia peso specifico e gli avversari devono decidere se restare filo-governativi o cavalcare l’onda. Sullo sfondo il caso Naval’nyj, che mai come ora potrebbe unire gli oppositori e cambiare le sorti del Paese.
Elezioni in Russia, vince ancora Putin. Ma analizzare l’esito di un voto il giorno dopo la chiusura delle urne è un compito non facile per chi scrive adottando un approccio analitico e non giornalistico. Incappare in una mera registrazione del voto, utilizzando dietrologie e teorie unilaterali rappresenta sempre una rapida scorciatoia soprattutto quando si parla di Russia e della sua leadership.
Il crollo del partito di Putin: ricambio generazionale?
Il voto appena conclusosi ci offre una fotografia della Russia che va osservata anche attraverso quello che non viene detto. Passato lo spavento indotto da sondaggi pre-voto che davano il partito del presidente Vladimir Putin – Russia Unita – in crollo verticale tra il 26-29%, pone i leader del movimento davanti ad un bivio: continuare sulla linea dell’ala conservatrice ( i cd. Falchi), o aprirsi a nuove istanze e al ricambio generazionale.
La ristrutturazione sarà sicuramente rinviata alla fase successiva all’analisi del voto. Ora sarà necessario capire dove sono confluiti i consensi persi, e la nuova posizione dell’opposizione sistemica saranno le priorità da perseguire.
L’opposizione dei comunisti si rafforza: ora sarà di lotta o di governo?
Il primo dato a cui guardare è la percentuale di voti raccolti dal partito comunista guidato da Gennadij Zyuganov: il 19% cambia il peso specifico in seno alla Duma, il parlamento russo, ma la vera sfida sarà quella di capire per primi su quale tavolo giocare.
Continuare ad essere opposizione sistemica? Rischiando così di perdere il surplus di consenso. Dare risposte a quelle istanze extra sistema? Potrebbero esporre ad uno scontro istituzionale, ma anche potenzialmente trasformare il partito da ideologico a partito “catch all” (piglia tutto).
La consapevolezza di aver attirato i voti dell’opposizione extra-parlamentare hanno spinto Zyuganov a rigettare l’esito del voto elettronico nella città di Mosca che, considerati gli exit-poll, avrebbe dato ulteriore vantaggio ai comunisti ma che di fatto ha dato la vittoria alla lista creata ad hoc del sindaco della capitale, Sergej Semënovič Sobjanin, esponente del partito di Putin.
I liberal democratici pagano l’appiattimento filogovernativo
Il dimezzamento dei voti per il partito liberal democratico di Vladimir Vol’fovič Žirinovskij apre ad alcuni interrogativi. Anch’esso mai partito di rottura, paga proprio l’appiattimento verso il sistema. La debolezza nel difendere alcuni esponenti locali implicati in procedimenti giudiziari si è rivelata un boomerang per una leadership che molto spesso ha giocato su proposte di impatto più mediatico che politico Il partito quindi si trova ad un bivio: far scivolare la leadership verso nuove mani e cercare una nuova collocazione o rischiare di scomparire?
Russia Unita rimane al potere, ma “non importa il destino dell’imperatore, ma dell’impero”
Nonostante i 324 deputati assicuratesi, Russia Unita dovrà fare i conti con queste realtà e quel che rappresenta l’opposizione extra-parlamentare.
I veri problemi potrebbero venire dalla base di quest’ultima che pur di aggrapparsi al cambiamento potrebbero sacrificare la controversa figura di Aleksej Naval’nyj, il leader del partito Russia del Futuro, oppositore e ora in carcere, che non è mai riuscito ad unire l’opposizione in un blocco unico.
Se l’antico adagio russo “non importa il destino dell’imperatore ma dell’impero” dovesse essere applicato a Naval’nyj, quello sarà il momento per la leadership russa di temere un tracollo.
I tempi delle rivoluzioni e delle piazze sono lontani, stabilità ed apertura sono le parole chiavi per controllare la Russia del nuovo decennio. Combinarle avrà un costo ma la politica non è mai a somma zero, anche in Russia.
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