Un motore intelligente, che consente di liberare le orbite intorno alla terra dai satelliti a fine vita e di affrontare il problema del sovraffollamento di detriti spaziali. E un servizio di trasporto orbitale con tanto di classi disegnate sul modello di quelle adottate dalle linee aeree tradizionali, per consentire a chiunque di spostare e sistemare il proprio satellite in un punto preciso intorno alla terra.
Sono due progetti rivoluzionari quelli firmati dalla D-Orbit di Fino Mornasco (Como), che aiutano a capire come abbia fatto una startup comasca nata nel 2011 ad affermarsi nel giro di pochi anni in un settore competitivo e dominato da grandi aziende come quello aerospaziale. Nata dall’incontro tra Luca Rossettini e Renato Panesi, due ingegneri aerospaziali che grazie a una borsa di studio Fullbright si sono trovati proiettati in Silicon Valley a 35 anni per un corso in Technology Entrepreneurship, al quale è seguita per entrambi un’esperienza alla NASA, l’azienda rappresenta infatti un vero e proprio fiore all’occhiello dell’ecosistema italiano a livello internazionale.
Un ruolo conquistato innanzitutto in forza della capacità di innovare. Sia l’idea del motore intelligente, che viene installato sui satelliti prima del lancio e che resta dormiente fino al momento in cui il satellite si spegne, consentendo poi di spostarlo fuori dalle orbite più utilizzate o di farlo rientrare in atmosfera in maniera controllata, sia quella della linea di trasporto orbitale ribattezzata InOrbit NOW, affrontano infatti nella pratica questioni che fino a pochi anni fa erano considerate esclusivamente in sede accademica.
Se la prima è culminata nel lancio effettuato lo scorso giugno del satellite D-Sat, che ha testato in orbita la tecnologia di rimozione a fine vita, la seconda dovrebbe trovare realizzazione il prossimo anno. “Al momento le nostre energie stanno venendo assorbite soprattutto dal transporter”, spiega Lorenzo Ferrario, 28enne Chief technical officer (Cto) della D-Orbit, appena inserito dalla rivista americana Forbes tra i 30 giovani europei che stanno contribuendo allo sviluppo del pianeta in diversi settori.
“Con la diffusione dei Cubesat, satelliti miniaturizzati che fino a pochi anni fa venivano utilizzati perlopiù per scopi didattici dalle università e che oggi, invece, consentono di svolgere anche operazioni molto sofisticate, il mondo aerospaziale si è aperto a un numero più alto di fruitori”, spiega Ferrario. “I razzi che vengono utilizzati per i lanci in orbita, però, sono ancora strutturati per il trasporto di sistemi satellitari molto grandi, quindi per contenere i costi ci si deve necessariamente affidare a questa forma di trasporto che però porta tutti i satelliti trasportati in un unico punto in orbita, quello scelto dal committente principale”.
Chi volesse mettere in orbita un piccolo satellite, e oggigiorno sono sempre di più le realtà che sfruttato questa possibilità, si troverà quindi con il proprio strumento posizionato in un punto non necessariamente ideale per le proprie attività. “Anche se le perturbazioni solari consentono in qualche modo di muoversi, i tempi per gli spostamenti sono molto lunghi e non sempre si arriva dove si vorrebbe”, prosegue il Cto di D-Orbit. “Da qui l’idea di un Carrier in grado di trasportare da un minimo di 4 satelliti fino a 48 satelliti di dimensioni molto piccole, e di posizionarli esattamente dove chiede il cliente: un servizio unico, perché finora non esistono sistemi di trasporto orbitale che ti consentano da andare da un punto A a un punto B pagando il biglietto, come invece accadrà con il nostro sistema”.
Il progetto è già stato messo a punto in tutti i dettagli. “Il primo lancio è programmato per il 2019 a bordo del lanciatore italiano Vega C, per quella che sarà una missione tutta italiana. Una cosa che ci rende particolarmente orgogliosi”, conclude Ferrario, “così come siamo molto orgogliosi di essere una realtà che riesce ad attirare in Italia talenti dall’estero”.