Dalla bassa campagna padana ai campanili di tutto il mondo, per far risuonare le proprie note a chilometri di distanza. Dal Giappone, all’Australia. Dall’Egitto al Perù. Dalla basilica della Natività a Betlemme, a un monastero buddista in Corea, passando dal Nord America e da tutti i Paesi europei. È questa la storia delle campane prodotte dalla Fonderia Allanconi, piccola realtà di Bolzone, frazione del comune di Ripalta Cremasca – una manciata di chilometri Sud di Crema – tra le poche al mondo che ancora fondono campane.
“In realtà siamo probabilmente gli unici a farle ancora con un sistema completamente artigianale, che prevede l’impiego di soli materiali naturali e l’utilizzo della tecnica a cera persa, per intenderci la stessa utilizzata per la realizzazione dei Bronzi di Riace”, sottolinea Emanuele Allanconi, titolare della fonderia avviata negli anni Settanta da nonno Angelo e giunta ormai alla terza generazione. Dal nonno, Emanuele ha ereditato la passione per un mestiere che consente di “dar vita con materiali semplici che si possono reperire ovunque a qualcosa che rappresenta al contempo uno strumento musicale, un oggetto d’arte sacra e un mezzo di comunicazione: in poche parole una magia”.
Parole che bastano per capire perché dopo il liceo, pur essendosi iscritto all’università e con la possibilità di seguire le orme del padre farmacista, abbia scelto di entrare in fucina anziché stare dietro al bancone. E perché se da un lato si dice “pieno di orgoglio per il fatto di aver mantenuto questa lavorazione artigianale che ci garantisce la migliore qualità, cosa essenziale oggi che la campana è passata dall’essere un pezzo di bronzo che fa din don all’essere uno strumento musicale”, dall’altro esprime dispiacere per il rischio “che si perda una tradizione artigiana di questo tipo”.
La squadra di otto persone che lavorano in fonderia è formata da professionalità diverse. Ognuna specializzata nel suo ambito. “Abbiamo il direttorie d’orchestra laureato al Conservatorio che si occupa della parte musicale”, sottolinea il titolare. “Ma abbiamo anche gli scultori per la produzione e altre figure che, tutte insieme, consentono di creare una campana in grado di sviluppare oltre 50 frequenze (note) e inserirsi al meglio nel contesto in cui andrà a stare”.
Una tradizione che, a differenza di quanto accade con le imprese del settore che hanno un approccio industriale, consente alla Fonderia Allanconi di non utilizzare sostanze chimiche nelle fasi di lavorazione, per la quale vengono impiegati materiali locali quali l’argilla, la canapa, la cera d’api e il crine di cavallo. Quanto alla tecnologia, “è entrata nei nostri processi solamente in due fasi”, prosegue Allanconi, “quella di progettazione, che viene fatta al computer per creare i disegni per il taglio laser della sagoma in legno, e quella di controllo della qualità”.
Per il resto, si procede come in quei tempi antichi ai quali risale la tradizione della fusione di campane nel cremasco. Dopo avere creato un modello con tre stampi di argilla sovrapposti e aver creato l’anima e il mantello che conterranno la colata di bronzo fuso, lega nobile composta da rame e stagno, si procede a interrare in una fossa nel terreno il modello, che poi viene completamente ricoperto di terra in modo che non abbia cedimenti una volta riempito di bronzo.
Dopo il raffreddamento, che richiede diversi giorni, la campana viene estratta dalla fossa. Una volta pulita, cesellata e lucidata, si procede al collaudo del suono e ad applicare un battaglio adeguato alle sue dimensioni e forma.
Questo procedimento è alla base di tutta la produzione, che è di circa 300 campane all’anno. “Il 90% delle campane che vengono vendute in Italia le produciamo noi, anche se la nostra quota di esportazioni sta sempre più crescendo, e ormai è arrivata al 30-40%”, sottolinea il titolare. I tempi di produzione sono inevitabilmente lunghi, e possono arrivare fino a 6/7 mesi per le campane più grandi.
Ma tra i prodotti realizzati dalla fonderia ci sono anche campanelli di pochi centimetri, come quello realizzato per papa Francesco. “Abbiamo partecipato a un concorso e abbiamo vinto con un progetto molto semplice, nel quale abbiamo previsto di scolpire sul campanello la basilica di San Pietro, la cattedrale di Buenos Aires e tutte le atre chiese le cui campane hanno scandito la vita del pontefice”, racconta Allanconi.
Quanto al futuro,”vogliamo puntare il più possibile sulla cultura, perché basta una generazione che non insegna a quella successiva per perdere in un attimo secoli di storia”.