I fili brevettati da Silk Biomaterials consentono di rigenerare vasi sanguigni e legamenti
Reinventare un materiale antico come la seta. E utilizzarne i fili per rigenerare vasi sanguigni, nervi e legamenti. Sembra un’idea fantascientifica. Invece, è il progetto realizzato dal team guidato da Antonio Alessandrino, ricercatore comasco con un dottorato in ingegneria dei materiali e fondatore di Silk Biomaterials.
Partito da un problema ai legamenti delle caviglie che lo affligge da quando aveva 18 anni, e passato attraverso un percorso di studi che l’ha portato ad approfondire e fare ricerca sui possibili utilizzi della fibroina della seta, questo quarantenne sta provando, insieme a un team di altri professionisti, a rivoluzionare la medicina riabilitativa a livello mondiale.
La startup fondata nel 2014 all’interno del Parco Scientifico Tecnologico di ComoNext, a Lomazzo, sta infatti lavorando a un prodotto unico: fili di seta che contribuiscono a rigenerare tessuti vascolari e nervosi prima di degradarsi all’interno del corpo senza dare complicanze o provocare rigetto.
“La seta è uno dei materiali più antichi utilizzati per le applicazioni mediche, visto che è completamente biocompatibile e tra le proprie caratteristiche ha quella di stimolare la rigenerazione dei tessuti”, precisa Alessandrino. Nessuno, però, aveva finora immaginato di utilizzarla in questo modo. “Noi stiamo sviluppando due applicazioni, una per i by-pass vascolari di arterie periferiche e carotide, e l’altra per la rigenerazione di nervi periferici”.
A sostenere il percorso, un fondo di investimento italiano specializzato in life science, che nel 2016 ha scommesso 7 milioni di euro su una tecnologia brevettata che prevede l’utilizzo di componenti elettrofilati in fibroina nanofibrosa, forma che massimizza le caratteristiche biologiche del materiale, e da elementi tessili in fibroina microfibrosa, forma che ne ottimizza le proprietà meccaniche.
Quello che è piaciuto agli investitori, oltre all’idea, è stato il fatto che “nel nostro team ci fossero figure eterogenee, tutte di ottimo livello, capaci di considerare non solo l’aspetto della ricerca, ma anche gli aspetti organizzativi e quelli economico-finanziari”. Oltre ad Alessandrino ci sono infatti Gabriele Grecchi, amministratore con una consolidata esperienza in banche di investimento, Lorenzo Sala, responsabile dei percorsi regolatori, e Giuliano Freddi, responsabile scientifico e tra i principali esperti al mondo nel campo della seta applicata alle biotecnologie.
Insieme, hanno sviluppato un prodotto che può essere utilizzato a livello vascolare in caso di occlusioni e aneurismi, e a livello nervoso in caso di incidenti e traumi. La seta, che in virtù della propria biocompatibilità evita tutti i classici problemi legati all’impianto di corpi estranei, rappresenta di fatto una sorta di impalcatura attorno alla quale le cellule umane poi ricostruiscono arterie e fibre nervose.
Una vera e propria rivoluzione rispetto alla situazione attuale, per la quale i tempi sembrano ormai maturi. “Stiamo lavorando”, conferma Alessandrino. “L’idea è di completare entro i prossimi mesi una serie di sperimentazioni pre-cliniche tale da poter accedere ai comitati etici degli ospedali entro fine giugno, e avere un’approvazione della sperimentazione clinica sull’uomo dopo l’estate. Il sogno è che i nostri dispositivi entrino nella pratica clinica, e vadano a migliorare la pratica clinica in tutto il mondo”.
Un obiettivo ambizioso. Anche per una startup che ha alle proprie spalle la lunga tradizione di produzione di eccellenza della seta nel territorio comasco. “In realtà”, scherza Alessandrino, “a differenza di ciò che si potrebbe pensare l’unico legame che avevo con questo mondo era nel fatto che mia mamma lavorasse in un’azienda tessile che produceva seta. Per il resto il fatto di essere nel Comasco è in buona parte casuale”.
Se si vuole cercare il terreno in cui questa storia affonda le proprie radici, quindi, forse è meglio tornare alle caviglie “ballerine”. Sicuramente uno stimolo ad aguzzare l’ingegno, anche se “la situazione delle mie caviglie è quella che era e loro sono ancora lì, perché su quei legamenti non ci abbiamo ancora lavorato”, conclude Alessandrino.
Libero, 20 gennaio 2018