Artioli produce calzature di altissima qualità e, con quasi 80 anni di storia, è marchio di riferimento a livello mondiale nei prodotti di lusso.
Le loro scarpe sono da decenni ai piedi dei personaggi più noti e delle star più acclamate. Da papa Wojtyła a Elton John, da Barack Obama a Prince. Da George Clooney a Robert De Niro. Fino a Boris Eltsin, Saddam Hussein e Vladimir Putin. Anche se al grande pubblico il loro nome suonerà sicuramente meno noto di quello dei grandi brand della moda, Artioli rappresenta infatti un marchio di riferimento a livello mondiale per chi cerca scarpe da uomo di lusso e di alta qualità.
Ciononostante, questa piccola impresa di Tradate, nel varesotto, che esporta il 95% della propria produzione in ogni angolo del pianeta, è rimasta una realtà famigliare che per la propria clientela punta più sul passaparola che sulla pubblicità. E che ha trovato il modo di resistere in un mercato dominato dai grandi marchi del lusso internazionale puntando su scarpe rigorosamente fatte a mano in Italia, anzi in Lombardia, con i migliori pellami e con una differenziazione estrema dei modelli per ogni singolo mercato.
Scarpe: i nuovi modelli
“Disegniamo dai 300 ai 500 nuovi modelli ogni anno, perché i nostri clienti ci chiedono di poter abbinare le calzature ai diversi modi di vestire e alle diverse occasioni”, spiega Andrea Artioli. È lui oggi a portare avanti l’azienda di famiglia con una passione e un entusiasmo che testimoniano un amore profondo per il mondo della calzatura realizzata ancora con cura artigianale.
“Mio nonno aveva cominciato a imparare il mestiere nel 1912 all’età di sette anni, lavorando per un calzolaio che aveva studiato l’arte sutoria a Parigi”, racconta. “Poi, dopo la prima guerra mondiale, aveva acquistato un banchetto e cominciato a lavorare per conto proprio”.
Il salto di qualità
L’avventura proseguì tra gli Venti e Trenta nei primi calzaturifici che producevano scarpe pret-a porter con macchine importate dall’America. Poi, con il passare degli anni Severino si specializzò sempre più, fino ad arrivare nel 1945 a mettersi in proprio, con un’impronta che fin dal principio fu quella dell’alto artigianato.
Dopo i primi anni caratterizzati da una rapida crescita nell’Italia della ricostruzione, il vero salto di qualità per l’azienda arrivò alla fine degli anni Cinquanta, quando Severino venne affiancato in azienda dal figlio Vito. Spirito creativo con alle spalle studi in marketing e pubbliche relazioni al Mit di Boston, Vito Artioli iniziò a disegnare i suoi primi modelli e ad aprire l’azienda ai mercati internazionali, dove il successo fu immediato: Svizzera, Francia, Belgio, Inghilterra. E poi molto di più.
Le invenzioni che hanno fatto storia
“Mio padre inventò anche le calzature a pantofola con l’elastico sotto la linguetta, che permettono di adattare la calzabilità ai vari tipi di piede, e creò i primi morsetti e decorazioni metalliche per ornare le tomaie e spesso anche i tacchi e le suole”, sottolinea Andrea Artioli. Tutte innovazioni che sarebbero poi state imitate universalmente, così come le nuove sagomature e fresature delle suole, segnando una piccola grande rivoluzione per il mondo della scarpa.
Il resto è storia più recente. Con l’ingresso in azienda di Andrea, negli anni Novanta, la presenza all’estero si è ampliata notevolmente: dagli Stati Uniti al Giappone, dall’Australia alla Cina, dai Paesi Arabi all’ex blocco sovietico.
“Il nostro segreto sono sempre stati lo spirito di innovazione e la varietà, oltre al fatto che la qualità delle nostre scarpe è arrivata a un livello tale da migliorare la vita di chi le calza. Non c’è niente come indossare un paio di scarpe per rendersi conto della differenza: le nostre sono leggere, resistenti e durevoli nel tempo, per cui pur essendo care rappresentano un buon investimento”.
I prezzi? Coerenti con la qualità
I prezzi? Si parte da 500 euro per un paio di sandali, per salire a 850 euro per un paio di sneakers e arrivare tra i 1.000 e 2.000 euro per le scarpe classiche. “Il nostro livello, però, è pressoché irripetibile, così come il nostro servizio”, assicura Andrea Artioli, la cui azienda sforna circa 9 mila paia di scarpe all’anno.
“Produciamo anche cinture, borse e accessori da abbinare alle calzature, impiegando una settantina di persone tra la produzione e i nove negozi monomarca”, spiega, che si trovano nelle principali città mondiali: da Parigi a Shangai, da Tokyo a Mosca. Decisamente non male per una realtà famigliare che da quasi 80 anni regala lustro al made in Italy e alla nostra tradizione calzaturiera.