La startup milanese Nibol sta rivoluzionando il mondo del lavoro, con una semplice app che consente di prenotare la propria postazione di lavoro scegliendo tra l’ufficio, uno spazio esotico e mille altre possibilità in Italia e all’estero.
L’obiettivo futuro è quello di trasformare il mondo in uno spazio di smart working senza confini, per cui un dipendente sarà libero di scegliere se lavorare in un ufficio nel cuore di Milano, in un museo a San Francisco, in una caffetteria di Parigi, da una spiaggia in qualche luogo esotico o da casa propria. Ma, anche prima di arrivare a completare questo progetto, la startup milanese Nibol sta comunque contribuendo a rivoluzionare il mondo del lavoro e l’organizzazione delle nostre giornate.
Nata nel 2018 dall’intuizione di Riccardo Suardi, che aveva cominciato a mappare le caffettiere e gli spazi di coworking meneghini nei quali i freelance potevano mettersi a lavorare gratuitamente o pagando una tariffa conveniente, con la pandemia e la diffusione del telelavoro la piattaforma si è evoluta, diventando punto di riferimento per la gestione degli spazi all’interno delle aziende.
L’inizio da Starbucks
“In realtà tutto è nato da un’esigenza che avevo io: trovare uno spazio dove un freelance potesse lavorare senza necessariamente prendersi una scrivania in un coworking”, racconta Suardi, oggi ventottenne. “Mentre stavo in Inghilterra per un periodo di studio mi capitava di lavorare come freelance e, avendo cinque coinquilini, lo facevo stando da Starbucks”.
Tornato a Milano e terminato il percorso di studi alla Naba (Nuova Accademia di Belle Arti), Suardi nel 2017 cominciò a mappare “i tanti locali milanesi carini con wi-fi e spazio dove mettersi a lavorare, salvandoli su Google Maps con qualche nota sulla velocità della connessione, il numero di prese di corrente e il modo in cui mi trattavano”.
L’impatto del lockdown
Condividendo con amici e conoscenti queste informazioni “capii che molti avevano le stesse mie esigenze: così, dopo aver studiato come sviluppare la piattaforma, mi sono buttato full time sul progetto insieme ad alcuni amici”, prosegue Suardi. “Offrivamo la possibilità di prenotare tramite app un posto in caffetteria o in uno spazio di coworking e la cosa ebbe successo. Subito dopo il primo round di finanziamento, però, ci ritrovammo a marzo del 2020 col lockdown, con i locali chiusi, la gente a casa e noi a dover usare i soldi che ci avevano dato più per sopravvivere che per svilupparci”.
Quelle difficoltà, che avrebbero potuto far naufragare il progetto, diventarono lo stimolo per farlo evolvere. “Studiando la nostra lista utenti ci rendemmo conto che non c’erano solo freelance, ma anche dipendenti che si iscrivevano a Nibol nonostante avessero una postazione regolare in ufficio”, racconta Suardi. “Così cominciammo a guardare ai dipendenti e alle aziende, che con il passare dei mesi si erano ritrovati con l’esigenza di un rientro al lavoro in sicurezza in una fase nella quale i posti a disposizione in ufficio non erano più sufficienti”.
La nuova frontiera dello smart working
Da lì al nuovo sviluppo il passo fu breve. “A ottobre 2020 abbiamo firmato il primo contratto e, poco dopo, ne abbiamo firmato un secondo con ING Bank, il nostro primo grande cliente”, ricorda Suardi. Poi, in rapida sequenza, sono arrivate altre decine di realtà medie e grandi, tra cui Sony, Vivienne Westwood, Bending Spoons, Pronto Pro e MusixMatch.
“Ci basta la piantina dell’ufficio e delle postazioni e in poche ore siamo pronti per gestire la prenotazione degli spazi e delle scrivanie, i visitatori, i parcheggi, le sale meeting e i pacchi che i dipendenti ricevono sul posto di lavoro”, spiega il fondatore di Nibol. Al momento abbiamo oltre 50 aziende iscritte alla piattaforma e circa 15 mila dipendenti che la utilizzano per prenotare la propria postazione di lavoro in ufficio o negli oltre 150 spazi on demand che abbiamo tra Italia, Francia, Spagna e Paesi del Nord Europa. “Siamo gli unici in Europa a offrire una gestione ibrida degli spazi aziendali e di quelli esterni”, e la lista delle location è lunghissima: da Catania a Barcellona, da Parigi a Manchester, da Copenaghen a Gran Canaria.
Non male per una formula nata in piena pandemia, che consente alle aziende di ridurre i costi e ai dipendenti di essere più flessibili. E che potrebbe rivelarsi molto preziosa per affrontare le misure di austerity a cui potremmo andare incontro a causa della guerra in Ucraina.