La piccola realtà milanese è da sempre all’avanguardia nel suo settore, al punto che le sue soluzioni sono spesso state adottate come nuovi standard internazionali.
La loro ultima invenzione è un filtro in cartone che consente di eliminare l’utilizzo dei boccagli in plastica usa e getta per esami come la spirometria, garantendo un salto di qualità notevole in termini di sostenibilità ambientale senza alcuna rinuncia per quel che riguarda la funzionalità. Ma questo nuovo brevetto, che promette di rivoluzionare il mondo della diagnostica polmonare, rappresenta solo una delle tante innovazioni grazie a cui Lumed, piccola azienda milanese con quartier generale a Opera e una seconda sede a Forlì, si è imposta a livello italiano e internazionale nel settore medicale.
La storia di questa realtà con una quindicina di dipendenti, nata oltre trent’anni fa come azienda commerciale per la vendita di carte termiche per apparecchi medicali e di carte speciali per i ticket delle scommesse è, infatti, caratterizzata dalla capacità di trovare soluzioni tanto innovative da avere non solo successo, ma da imporre anche nuovi standard a livello internazionale. “In realtà quando con i miei soci abbiamo rilevato Lumed nel 2000, l’azienda aveva un interesse poco più che regionale”, racconta Fabio Santamarina, amministratore delegato con uno straordinario talento nel sapere riconoscere nuovi prodotti di grande successo. “Noi siamo entrati con l’idea di farla progressivamente crescere e farla uscire dal limbo della micro impresa”.
Dalla carta termica ai boccagli monouso
È così che Lumed ha prima acquistato una piccola azienda che realizzava carta termica per le apparecchiature medicali, diventando in questo modo produttore, e poi ha progressivamente allargato le proprie attività. “Dopo la carta abbiamo cominciato a produrre anche materiali di consumo per la diagnostica polmonare, diventando fornitori per i controlli cardiopolmonari di primo livello”, racconta Santamarina. Elettrodi, gel per Ecg e ultrasuoni, piastre per defibrillazione e, soprattutto, boccagli e filtri per la spirometria.
È questo, infatti, l’ambito nel quale l’azienda si è imposta rapidamente come leader nel mercato italiano, grazie a un’intuizione che oggi – soprattutto con le norme e abitudini acquisite durante la pandemia – può sembrare scontata, ma che solo vent’anni fa non lo era. “Fummo i primi a produrre e confezionare singolarmente i boccagli monouso e i filtri”, rivela l’amministratore delegato di Lumed, “una cosa che all’inizio sembrava una follia, ma che poi è diventata uno standard in Italia e all’estero”.
Lo step successivo: produrre apparecchiature medicali
Ma la progressione non finisce qui. Il passaggio successivo? “Visto che già ci occupavamo dei materiali di consumo e degli accessori, abbiamo deciso di registrare il nostro marchio e cominciare a fare dei sistemi e delle apparecchiature medicali come fabbricanti, nel senso che oltre a produrli ci mettiamo il nostro nome e ce ne assumiamo la responsabilità”, spiega Santamarina. Il catalogo si è arricchito passo dopo passo. Fino ad arrivare a comprendere, oggi, elettrocardiografi, holter, audiometri digitali, saturimetri ed ergometri.
“Visto che restiamo comunque una realtà di dimensioni contenute, le nostre macchine vanno a finire prevalentemente nel settore privato italiano ed estero, che apprezza molto i nostri altissimi standard in termini di sicurezza e prevenzione dei rischi, mentre i materiali di consumo vengono acquistati anche da grandi ospedali pubblici”, spiega l’amministratore delegato.
L’ultima invenzione: un boccaglio in cartone
“Con la pandemia, peraltro, il mercato si è evoluto, anche se noi siamo ancora leader nel mercato dei materiali di consumo per la spirometria. Ora abbiamo introdotto questa novità del boccaglio in cartone per la diagnostica polmonare, che sostituisce in tutto e per tutto quello in plastica monouso utilizzato universalmente, al quale abbiamo lavorato per sette anni e per il quale siamo titolari di un brevetto”.
Oggi l’azienda, che è associata ad API, l’Associazione Piccole e Medie Industrie, esporta circa il 40% della produzione all’estero e i suoi prodotti sono distribuiti in oltre 40 Paesi, dall’Europa al Sud Est asiatico, dall’America Latina al Medio Oriente. Una presenza capillare destinata a crescere ulteriormente nei prossimi anni, complice l’ultimo brevetto che ha aperto una nuova stagione all’insegna della “massima attenzione alla sostenibilità”, conclude Santamarina.