Diventati un punto di riferimento a livello internazionale per lo stile moderno contemporaneo, i mobili dell’azienda Turri sono ricercati da designer e capi di Stato
I loro mobili e complementi d’arredo sono nelle ville più esclusive, negli yacht più ricercati e negli hotel più lussuosi a livello mondiale. Per i grossi studi di architettura e per i designer più affermati il marchio Turri rappresenta infatti il punto di riferimento a livello internazionale per lo stile moderno contemporaneo, tanto che i suoi prodotti sono nelle case dei capi di Stato, degli sceicchi, dei sultani e dei grandi industriali internazionali.
Eppure, questa azienda che oggi vende fuori dall’Europa l’85% della propria produzione, con mercati principali tra Stati Uniti, Medio Oriente e Asia, ha rischiano di rimanere la classica realtà artigiana della Brianza comasca apprezzata nella nicchia sempre più ristretta dello stile classico. Con la prospettiva di arrivare al secolo di vita, traguardo che verrà celebrato il prossimo anno, come una delle tante rispettabilissime aziende che producono mobili nel distretto brianzolo dell’arredo, ma non come brand di valore globale.
“Fino al 2006 l’azienda è rimasta legata al proprio modello tradizionale, complice il fatto che la realtà che mio bisnonno aveva creato nel 1925 si era ritrovata a essere una società con 21 soci diversi, tutti cugini e tutti capaci, ma non esattamente la formula ideale per introdurre innovazioni”, racconta Andrea Turri, amministratore delegato e rappresentante della quarta generazione nell’azienda che porta il nome di famiglia.
Cambio di direzione e di focus: la seconda vita dell’azienda Turri
Fu allora che Andrea Turri, reduce da un’esperienza di studio e di lavoro negli Stati Uniti nel corso della quale aveva conseguito anche un Master ad Harward, si rese conto che quella realtà famigliare che all’epoca fatturava 7 milioni di euro e nella quale era entrato inizialmente come consulente pro bono aveva un potenziale nettamente più alto di quello che riusciva a esprimere. “Eravamo in una fase un po’ di stallo, per cui decisi di rilevare tutte le quote in mano alla famiglia e di iniziare una nuova avventura per rilanciare il marchio”, conferma.
Una sorta di seconda vita, che è passata per una serie di stravolgimenti. Prima un netto cambio di direzione rispetto al passato: addio allo stile classico, intagliato, intarsiato, con foglia d’oro e barocco, e apertura a forme più moderne. Poi focalizzazione al mondo del lusso e ai mercati russi, cinesi e arabi, dove Turri è presto diventato uno dei marchi leader. Infine, il successivo passaggio a uno stile più pulito e contemporaneo, sempre lussuoso e ricco di dettagli, ma più pulito e sviluppato anche in collaborazione con architetti e designer del calibro di Monica Armani e Paola Navone.
“Noi facciamo mobili sartoriali, customizzati al massimo in ogni aspetto, realizzati in maniera artigianale e curati in ogni dettaglio, un po’ come accade con una Ferrari”, sottolinea con orgoglio Andrea Turri, che in poco più di 15 anni ha portato l’azienda a un fatturato che nel 2024 supererà quota 37 milioni di euro e a una crescita che ha reso necessaria l’apertura di un secondo stabilimento a Briosco (Monza e Brianza), nel quale la produzione ha affiancato quella nello storico quartier generale di Carugo (Como).
Il successo è importante, ma i valori sono la base fondante di tutto
Ma il successo di questi ultimi anni si deve anche alla capacità di rinnovarsi costantemente. Tanto che l’azienda, che è associata da decenni alla Compagnia delle Opere, realizza circa 50-60 prodotti nuovi ogni anno.
Uno sforzo destinato a crescere ulteriormente in futuro. L’ambizione, infatti, è quella di crescere ulteriormente in un settore nel quale le piccole realtà faticano a competere a livello globale. “Abbiamo come obiettivo un percorso di crescita nel retail, a livello progettuale e di dipendenti”, conferma Turri, la cui azienda è già presente con negozi monomarca in molti dei centri più importanti, da Hong Kong a Dubai, da Londra a Pechino, da Shangai a Singapore, fino al Principato di Monaco, a Tokyo e a Vancouver.
“Il nostro target è superare i 50 milioni di euro di fatturato nel giro di tre-quattro anni, ma di crescere nel rispetto di quelli che sono i nostri valori fondanti: le persone devono venire a lavorare contente e il cliente deve rimanere al centro. Siamo consapevoli che sono i piccoli gesti a fare la differenza e che dobbiamo ambire ad essere un buon esempio per gli altri. Non solo per i figli, ma anche per le persone che lavorano con noi e per gli altri imprenditori”.
Libero Quotidiano, 23 novembre 2024