Dal lago di Como allo spazio: oltre un secolo di attività per un prosciutto crudo artigianale d’eccellenza che combina tradizione, intuizione e alta qualità.
Difficile dire quale sia l’aspetto più curioso. Se il fatto che il loro prosciutto crudo è andato addirittura nello spazio, raggiungendo nel 2011 la stazione spaziale nella quale era in missione l’astronauta italiano Paolo Nespoli grazie a un’operazione che ha coinvolto l’Ente Spaziale Europeo e la NASA. O il fatto che il loro cotechino “vaniglia”, termine che vuole sottolineare la delicatezza e dolcezza del gusto e non l’utilizzo della spezia nell’impasto, è richiestissimo dai ristoranti stellati di Milano e di tutto il Nord Italia.
Di certo c’è che la Marco d’Oggiono, azienda artigianale lecchese con alle spalle oltre un secolo di attività nella produzione di prosciutti e salumi, ha ampiamente vinto la scommessa lanciata all’inizio del Novecento da Felice Tavola. Fu lui, giovane imprenditore e nonno degli attuali titolari Dionigi, Agnese e Giulia Spreafico, a rilevare insieme alla moglie Virginia un setificio a Lecco e a volerlo convertire in salumificio, puntando nei primi anni a rifornire gli hotel che si affacciavano sul lago di Como.
All’epoca i prodotti venivano consegnati ai clienti via battello, sfruttando le imbarcazioni che arrivavano dalla Valtellina cariche di ghiaia e che, una volta consegnato il carico, facevano ritorno scariche nella parte settentrionale del lago.
La tradizione di famiglia tra artigianalità e innovazione
“Nostro nonno ebbe l’intuizione di fare il prosciutto crudo in Brianza, cosa che all’epoca nessuno faceva perché era un prodotto costoso e che ha forte calo di peso durante la stagionatura”, racconta Agnese. “Poi, quando nostro padre tornò dalla seconda guerra mondiale, nel corso della quale si è fatto dal fronte francese all’Albania, fino alla campagna di Russia, decise di trasferire la produzione da Lecco a Oggiono, dove abbiamo un microclima dolce grazie al fatto che qui l’aria dei boschi incontra quella del lago”.
Il resto l’hanno fatto una passione e una cura tipicamente artigiane, che in questa storia imprenditoriale di famiglia si sono trasmesse da una generazione all’altra. Sono infatti questi gli ingredienti segreti di un prosciutto crudo che, pur rimanendo un prodotto di nicchia, ha consentito a una piccola impresa con una quindicina di dipendenti come la Marco d’Oggiono di emergere e diventare riferimento per l’alta qualità in un settore nel quale operano grandi realtà industriali e nel quale produrre senza far parte di un consorzio più o meno noto è una sfida davvero improba.
“Noi, ad esempio, siamo riusciti a far riconoscere un nostro disciplinare di produzione e dal 1999 siamo diventati un Prodotto Tradizionale riconosciuto da Regione Lombardia”, sottolinea Agnese, che con Dionigi e Giulia porta avanti la tradizione di famiglia. “Ma c’è voluto tempo e fatica per arrivare a questo risultato”.
Dal cotechino stellato all’export internazionale
Poi, chiaramente, c’è la qualità della materia prima, solo suini italiani, e del prodotto, al quale nel corso dei decenni si sono affiancati tutta una serie di salumi e insaccati attraverso i quali si sono volute riscoprire e nobilitare le vecchie tradizioni brianzole e le ricette dei nonni. “I nostri clienti sono perlopiù l’alta ristorazione e i piccoli negozi di vicinato”, spiega Dionigi, “anche perché i nostri prodotti, per i quali usiamo ancora le ricette di nostro nonno e di nostro papà, magari adeguate al gusto e alle esigenze dei tempi moderni, si scoprono fondamentalmente tramite il passaparola”.
Se il prosciutto crudo, ancora oggi l’unico prodotto in Brianza, resta il prodotto più iconico e quello al quale è maggiormente legato il successo dell’azienda, tra le produzioni più apprezzate e richieste dall’alta ristorazione c’è anche quella del cotechino, tanto gettonato da essere proposto nei menù stellati non solo nel periodo autunnale e in quello invernale, ma ormai quasi tutto l’anno. “Il primo a proporlo è stato Claudio Sadler, ma con il passare del tempo ce l’hanno chiesto quasi tutti i grandi ristoratori”, racconta Dionigi. Quantomeno nelle regioni del Nord Italia.
Ma, a dispetto della dimensione artigiana, i prodotti di Marco d’Oggiono sono presenti anche sui mercati esteri. Un 10% della produzione è infatti destinata all’export, perlopiù verso Francia, Regno Unito, Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo. Decisamente una bella soddisfazione per una realtà che, nonostante i tanti premi e riconoscimenti ottenuti da guide e critici gastronomici, continua a lavorare con la modestia e la semplicità che solo i migliori sanno permettersi.