PlasticFinder ha inventato un nuovo sistema che certifica tramite blockchain il percorso di produzione delle vaschette alimentari: traccerà almeno 30 milioni di pezzi al mese.
Una vaschetta alimentare parlante, in grado di fornire all’utente tutte le informazioni possibili sui materiali utilizzati per la sua realizzazione, per favorire la diffusione di contenitori in plastica riciclata e contrastare il fenomeno sempre più diffuso del greenwashing. È questa la novità a livello europeo lanciata dall’azienda milanese PlasticFinder, nata come startup nel 2016 e diventata rapidamente punto di riferimento per l’economia circolare delle materie plastiche. Il sistema, già operativo nella filiera dell’industria alimentare, sbarcherà nelle prossime settimane anche sui banchi di vendita dei supermercati.
Grazie all’utilizzo di un QR code basterà inquadrare la vaschetta con il proprio smartphone per scoprire l’esatta storia della plastica utilizzata per produrla. Il percorso sarà certificato dal sistema di verifica dell’azienda milanese, che traccerà almeno 30 milioni di vaschette alimentari al mese.
Le vaschette di plastica: quale destino?
“Fino a poco tempo fa la quasi totalità delle vaschette alimentare in PET finiva negli inceneritori”, spiega Riccardo Parrini, che ha fondato PlasticFinder insieme a Stefano Chiaramondia, Ivan Riva e Srinivasn Manikantan. “Ora che, grazie a un accordo tra Corepla e B. For Pet, è stato attivato il meccanismo per il loro recupero post-consumo, la nostra tecnologia per la tracciabilità su blockchain dedicata alla plastica riciclata garantirà la provenienza e ogni singolo passaggio lungo la filiera del riciclo”.
Il meccanismo inventato da PlasticFinder si basa sulla blockchain, un registro condiviso e immutabile che è sfruttatissimo nell’ambito delle criptvovalute per garantire l’affidabilità delle transazioni. “Finora la blockchain è stata poco utilizzata al fuori dell’ambito criptovalute: quello che noi abbiamo fatto è sfruttarla per certificare milioni di vaschette alimentari in plastica riciclata”, prosegue Parrini.
La certezza della blockchain
Nel concreto, il percorso sviluppato dalla realtà milanese, che ha una decina di dipendenti, prevede che ogni singolo passaggio venga trascritto su un registro immutabile. “Il nostro sistema funziona con una catena di custodia che verifica che non ci siano falsi conteggi. Per fare un esempio, se in un impianto entrano 100 chili di PET usato, non possono uscire più di 70-75 chili di plastica riciclata. Oggi, invece, succede spesso che chi acquista plastica riciclata poi la utilizzi insieme a quella da materia vergine per aumentare la produzione e spacciarla come materia da riciclo, cosa che per molti consumatori ha un valore maggiore”, sottolinea il cofondatore di PlasticFinder.
Una pratica scorretta che rientra nel greenwashing, fenomeno la cui diffusione va di pari passo con l’aumento della sensibilità al tema sostenibilità tra i consumatori. Secondo i dati diffusi da Fòrema, ente di formazione del sistema confindustriale veneto, se un’azienda su due comunica di aver avviato progetti in ottica green, quelle che poi misurano realmente il proprio impatto ambientale con dati e numeri precisi sono solo una su venti.
Il viaggio della plastica in un QR code
“Noi in qualche modo saremo l’antidoto a questa cattiva pratica, perché chi verrà pescato a dichiarare il falso verrà penalizzato”, spiega Parrini. “Al momento siamo in grado di tracciare oltre 30 milioni di vaschette riciclate in PET al mese, ma l’obiettivo è di arrivare a 100 milioni al mese entro la fine dell’anno. Il QR code sui prodotti finiti, destinati alla grande distribuzione, offrirà inoltre ai brand un touch point diretto con i consumatori, sempre più attenti alla sostenibilità certificata. Inoltre, tutto questo rappresenterà uno strumento chiave per redigere le dichiarazioni ambientali verificabili”.
Una serie di temi che in Europa stanno diventando sempre più centrali nelle scelte dei consumatori, soprattutto di quelli under 30, e che per le aziende rappresentano quindi questioni di cui occuparsi rapidamente. “Conoscere la storia di un materiale consente di avere un consumo più consapevole, per cui l’obiettivo è di far diventare il nostro sistema il riferimento a livello europeo per aziende, istituzioni ed enti”, sottolinea Parrini. “L’italia ha inventato la plastica grazie al premio Nobel Giulio Natta, ha sempre riciclato per propria cultura e ora propone una soluzione al greenwashing”. Più geniale di così.