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Intelligenza artificiale e trattori digitali: la rivoluzione in agricoltura parte da Treviglio

Il gruppo bergamasco SDF è leader nella produzione di trattori e nell’introduzione delle nuove tecnologie in agricoltura. Le sue macchine sono vendute in tutto il mondo, dalla Cina alla Turchia, e i suoi standard hanno segnato la storia della meccanizzazione agricola a livello globale.

Oltre novant’anni di storia alle spalle, caratterizzati da innovazioni che hanno rivoluzionato l’agricoltura a livello globale, come il primo trattore con motore diesel e il primo a quattro ruote motrici prodotti su scala industriale. Quasi 1,3 miliardi di euro di fatturato nel 2019, al 90% proveniente dai mercati esteri. E la capacità di crescere e resistere in un settore dominato da gigantesche Public Company americane, acquisendo marchi storici della concorrenza quali Lamborghini e Deutz-Fahr, solo per fare due nomi.

Quella di SDF, gruppo bergamasco specializzato nella produzione di trattori, è la storia di un’azienda famigliare che ha legato il proprio successo al genio, inteso sia come capacità di inventare e imporre standard che hanno segnato la meccanizzazione agricola a livello mondiale, sia come capacità di guardare avanti e anticipare il futuro. Ne sono prova il processo di acquisizioni, intrapreso in maniera strutturata negli anni Novanta, ma avviato già alla fine degli anni Settanta con la concorrente svizzera Hürlimann, e la visione manageriale della gestione, tutt’altro che scontata per una realtà che è tuttora detenuta al 100% dalla famiglia del fondatore, i cui eredi affidarono l’azienda a un manager esterno già tra gli anni Settanta e Ottanta.

“La Trattrice Cassani, che fu il primo trattore al mondo con motore diesel prodotto su scala industriale, nacque nel 1927, quando Francesco Cassani, che era un genio della meccanica che si dilettava su diversi progetti, decise di applicarsi al campo della meccanizzazione agricola”, racconta Lodovico Bussolati, amministratore delegato di SDF. Una quindicina di anni dopo, in piena seconda guerra mondiale, il primo salto di dimensione: viene fondata a Treviglio (Bergamo), dove il gruppo ha ancora adesso la propria sede italiana e quartier generale, la SAME (Società Accomandita Motori Endotermici).

Lodovico Bussolati

È questo il nome sotto cui andrà la produzione di trattori. E sotto cui verrà lanciata un’altra innovazione destinata a lasciare il segno: la nascita del primo trattore a quattro ruote motrici, nel 1952. 

Da lì al successo il passo fu breve. La crescita dell’azienda e la conquista di nuovi mercati proseguirono infatti di pari passo, anche grazie al boom economico e alla meccanizzazione del comparto agricolo, che garantirono un forte sviluppo fino agli anni Settanta. Proprio in quegli anni l’azienda cominciò a crescere anche attraverso acquisizioni esterne, come quella dello storico marchio concorrente, Lamborghini Trattori, nel 1973. Pochi anni dopo arrivò l’acquisizione di Hürlimann, mentre l’operazione più grossa, quella che portò il gruppo addirittura a cambiare nome, è datata metà anni Novanta. 

Fu allora, infatti, che Same riuscì ad acquisire il gruppo tedesco Deutz-Fahr, “un’azienda che era più grande di noi, ma che era caduta in difficoltà”, racconta Bussolati, sottolineando che “l’operazione rappresentò una mossa molto coraggiosa, ma che alla lunga ha pagato. Oggi, infatti, due terzi del nostro fatturato sono legati al marchio Deutz-Fahr”, la cui acquisizione spinse il gruppo ad adottare prima il nome SAME DEUTZ-FAHR e in seguito SDF.

Un’operazione dopo la quale “l’azienda si è posta il tema dell’internazionalizzazione, andando a produrre in India (tra i primissimi a farlo) con l’obiettivo di realizzare trattori per il mercato locale, ma anche di creare una base produttiva di componenti che potessero venire utilizzati all’interno di un hub produttivo sul modello di ciò che ha fatto Volkswagen”, sottolinea l’amministratore delegato. Si spiegano così anche le successive aperture di unità produttive in Turchia e Cina, entrambi mercati strategici anche da questo punto di vista.

Oggi l’azienda, che ha chiuso il 2019 con un fatturato vicino a 1,3 miliardi di euro, ha i propri mercati principali in Europa, oltre che in Turchia e Cina. I trattori prodotti da SDF sono però presenti pressoché in ogni angolo del pianeta.

Il segreto? “Nel nostro settore le economie di scala sono minime, perché le caratteristiche dell’agricoltura cambiano da Paese a Paese e da zona a zona. Possiamo dire che dalle nostre linee produttive difficilmente esce un trattore uguale all’altro, perché quasi tutti sono fatti su commessa”, spiega Bussolati. “In questo riusciamo a competere anche con gruppi molto più grandi del nostro, perché abbiamo una velocità di reazione molto più alta rispetto alle grandi aziende multinazionali”.

Ma c’è di più. L’ultima sfida dell’azienda bergamasca, infatti, si chiama agricoltura 4.0: intelligenza artificiale applicata alla terra e ai suoi frutti. Un progetto volto a migliorare l’efficienza operativa e la pianificazione delle colture agricole attraverso il collegamento tra macchine e mondo digitale.

Massimo Ribaldone

“Siamo sul tema smart farming e ci stiamo concentrando sul nuovo trend della digitalizzazione e di un’agricoltura 4.0 nella quale il trattore è il protagonista assoluto”, spiega Massimo Ribaldone, direttore ricerca e sviluppo di SDF. “Oggi il trattore è diventato una macchina che riceve informazioni che gli consentono di fare meglio il suo lavoro, per cui potrà produrre di più con meno spreco di energia, riducendo la quantità di CO2 prodotta, di acqua utilizzata, di pesticidi e di anticrittogamici”. 

Un’innovazione per la quale il gruppo orobico ha appena annunciato il lancio di una piattaforma sviluppata da Cefriel, partner di innovazione digitale con know-how specialistico in ambito Internet of Things, che utilizza le capacità combinate di intelligenza artificiale e internet of things con IBM Watson IoT Platform. “Questa novità ci consentirà di creare un ecosistema intorno al trattore, grazie al quale l’imprenditore agricolo avrà non solo informazioni sulla vita della macchina e sulle condizioni delle singole parti, cosa che riduce i costi grazie alla manutenzione programmata e all’eliminazione dei fermi per guasto, ma anche su come intervenire nelle diverse zone di un campo”.

Libero, 5 dicembre 2020

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