L’umanizzazione della burocrazia: Remo Tagliacozzo propone un modello di gestione che unisce efficienza, innovazione e umanità, integrando tecnologia e soft skills per rivoluzionare i servizi pubblici e privati
Più efficienza e human touch per aziende ed enti pubblici, è possibile? La risposta geniale di Remo Tagliacozzo, Amministratore Unico di Acquario Romano
In un contesto caratterizzato da eccessiva burocratizzazione e parzialità delle informazioni, è ancora complesso indicare una vera via di cambiamento che garantisca una maggiore produttività in tutti i settori industriali, compreso il settore dei servizi, e che salvaguardi contestualmente le prerogative di sostenibilità sociale, ambientale e economico-amministrativa.
Quali risultati ha prodotto la ricerca di una configurazione organizzativa efficiente, capace di massimizzare l’integrazione di elementi gestionali con una nuova dimensione “umanizzante” del business? Lo abbiamo chiesto a Remo Tagliacozzo, Amministratore Unico di Acquario Romano e della Multiservizi Caerite, componente del Collegio Sindacale di Ferservizi spA & Poligrafico e Zecca dello Stato, già CEO presso Zètema progetto cultura Srl.
“Tutte le organizzazioni, pubbliche o private che siano, devono maturare la capacità di gestione del cambiamento come fenomeno continuativo e non episodico, che permette loro di analizzare il contesto in cui operano, recepire e elaborare l’evoluzione della domanda e, di conseguenza, rinnovarsi. – sottolinea Tagliacozzo – Mi riferisco ad un processo di trasformazione che origina dalla necessità di strutturare adeguatamente l’organizzazione, non solo per competere con successo sui mercati di riferimento, ma anche per interagire costruttivamente con tutti gli stakeholder.
Bisogna ripensare la gestione aziendale in funzione dei bisogni di una nuova utenza esigente e diversificata
Lei ha portato avanti articolati processi di change management nelle organizzazioni di cui è diventato responsabile, proponendo modelli focalizzati sui concetti di benessere e innovazione. Potrebbe approfondire maggiormente questo concetto?
È innegabile come il contesto sociale, soprattutto negli ultimi decenni, abbia assunto una fisionomia sempre più complessa e dinamica e che l’affidabilità e l’efficienza delle aziende di servizi si misuri soprattutto sulla capacità di recepire e rispondere a bisogni di un’utenza esigente e diversificata. In tutte le esperienze di gestione aziendale ho sempre cercato di sovvertire, progressivamente, alcuni canoni che sembravano intoccabili attraverso l’introduzione di supporti tecnologici e progettuali che, da un lato, ampliavano le possibilità di intervento sul territorio e, d’altro canto, incidevano sulla soddisfazione dei dipendenti. Io credo fortemente in un approccio “umanizzante” dei processi di managerializzazione.
Largo alle competenze tecniche ma anche a quelle soft skill che permettono di approcciare, ad esempio, la gestione delle risorse umane attraverso l’empatia, l’ascolto, la valorizzazione dei talenti.
Una metodologia che ha, nel tempo, previsto l’introduzione di metriche e strumenti di misurazione delle performance sempre più “sociali” e sempre meno “contabili”
Si certo, ma senza per questo trascurare le regole della resa produttiva e della generazione di utili e margini operativi. Occorrono però che tutto questo faccia il paio con l’utilizzo di strumenti di misurazione bilanciati dei risultati tramite indicatori di natura non esclusivamente economico-finanziaria ma anche ambientale e sociale, che analizzino il rapporto tra forze poste in campo in termini di coinvolgimento e partecipazione delle risorse umane, impatto diretto e indiretto sul territorio, soddisfazione dell’utente. Criteri oggettivi che ristabiliscano il giusto rapporto tra performance e benessere complessivo prodotto.
La vera priorità è la soddisfazione dell’utente e la tutela del diritto a ricevere prestazioni che rispondano a bisogni primari e inalienabili
Indicazioni che lei ha già applicato nel suo passato di manager a capo di importanti realtà multinazionali
Un percorso che avevo sperimentato nelle mie pregresse esperienze di lavoro e che oggi applico in ambiti come l’erogazione di servizi culturali e alla comunità, le dirette ripercussioni sulla qualità di vita di migliaia di persone sono più evidenti. Per ricordare alcuni dati, sottolineo come nel 2023 il settore dei servizi abbia fatto registrare un Pil di 1.504,5 miliardi di euro (dai reali del 2022), con una variazione percentuale del +1,5% rispetto al 2022 quando il risultato in valore assoluto era stato di 1.482,7 miliardi. La quota percentuale sul PIL totale è del 72,1%.
A prescindere comunque dal valore economico, ogni attività di servizio, prima di rispondere a disciplinari di mandato e standard prestazionali appropriati, deve tenere ben presente una inderogabile priorità: la soddisfazione dell’utente e la tutela del diritto a ricevere prestazioni in grado di rispondere a bisogni primari e inalienabili. Non tutte le funzioni sono uguali o hanno lo stesso peso sulla vita degli individui.
Quando si tratta del benessere dei cittadini è fondamentale pensare a progetti a lungo termine
Soprattutto quando si tratta del benessere della collettività, come per esempio rispetto al progetto della farmacia dei servizi di cui lei è stato promotore
Quando si tratta della salute dei cittadini occorre saper guardare oltre, considerare l’esigenza contingente ma anche la necessità di incidere sul territorio a lungo termine elaborando forme di assistenza accessibile, attenta e articolata in base anche ad un mix demografico che, soprattutto, nel nostro Paese, vede l’effetto del combinato-disposto tra un’alta speranza di vita e il perdurare di un regime di bassa natalità contribuire al progressivo aumento della popolazione anziana, determinando uno squilibrio intergenerazionale particolarmente critico in alcune aree. Agire nel contesto dei servizi alla comunità significa sapere calibrare gli interventi in base a modelli di efficienza che partano dal presupposto che la sussistenza, ovvero lo stretto necessario, non può bastare.
L’impegno di Tagliacozzo per recuperare un rapporto di fiducia con l’utenza
Un modo di agire che sembra controcorrente ma che in effetti cerca di evolversi rispondendo al cambiamento
Il mio impegno si è concentrato negli ultimi anni nella definizione di modelli operativi capaci di scardinare la farraginosità di una burocrazia antagonista dell’efficienza, per stabilire parametri non solo di efficienza ma anche di approccio “umanizzato” e umanizzante finalizzato al recupero di un rapporto di fiducia con l’utenza. Ma non basta. Nessun paradigma gestionale può dirsi effettivo e applicabile se non può essere sottoposto a dispositivi di misurazione fondati su un corredo di KPI quanto più possibili oggettivi che conduca a documenti di rendicontazione attendibili e non superficiali. Un assesment di multi-utilità che comprenda precisi riferimenti a standard e obiettivi di impatto ambientale, sociale e di governance capaci di attribuire anche ad organizzazioni medie e piccole, come nel caso della multiservizi che mi onoro di guidare da qualche anno, un rating di affidabilità adeguato alla partecipazione di bandi e gare dove sempre più certi requisiti sono divenuti essenziali.
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