Intervista allo scrittore rock che ha lasciato un lavoro da manager per vivere sulle Dolomiti e che nei suoi video social lancia messaggi positivi.
Ci sono persone portatrici sane di positività, capaci di valorizzare le cose belle che abbiamo davanti agli occhi e delle quali neanche ci accorgiamo, bersagliati come siamo da messaggi negativi, spesso terrorizzanti. Una di queste persone, che è davvero una fortuna conoscere, è uno scrittore che vive sulle montagne del Cadore: si chiama Francesco Vidotto, ha 44 anni e una storia che pare la trama di uno dei suoi bellissimi libri (una decina, ormai, ma se non li conoscete, iniziate da “Oceano” e ne resterete incantati).
Francesco, si racconti. Ci vuole del coraggio dopo una laurea in Economia e dodici anni da consulente di importanti aziende, a lasciare tutto per un’esistenza più libera.
“Semplicemente a un certo punto mi sono accorto che la mia vita da manager era assurda, chiuso in un ufficio senza vedere il sole o in giro tra un albergo e l’altro. E allora ho capito che mi mancavano due cose: il tempo, perché è solo quello e non i soldi che rende liberi, e le mie amate montagne. Così mi sono trasferito a Tai di Cadore, il paese dei miei nonni dove avevo trascorso l’infanzia, e ho iniziato a scrivere le mie storie di persone umili che consideriamo “ultimi”, ma che hanno un mondo da insegnare a tutti noi. Come il boscaiolo Oceano, che a 99 anni non aveva mai visto il mare”.
Ora passa le giornate scrivendo romanzi e scalando le montagne. Ma è diventato anche un opinionista, diciamo così. I suoi video postati sui social hanno un grande successo e raggiungono migliaia di visualizzazioni.
“Forse perché lancio messaggi positivi e spiego che non è vero che in Italia vada tutto a rotoli. Basta piangerci addosso, non siamo il fanalino di coda: qui in Italia abbiamo tutto, siamo benedetti da Dio. Il mondo vuole venire da noi. Se chiedi a un cinese dove vuoi andare cosa ti risponde? Ma in Italia! Basta con questa negatività, serve genialità. E noi siamo il Paese dei geni: abbiamo inventato tutto. Il nostro artigianato ce lo invidiano così come impareggiabili sono le nostre bellezze naturali, le nostre città. Venezia, il mio luogo del cuore, è unica al mondo”.
Lei spesso spiega che il popolo italiano è rock.
“Ma certo, siamo un Paese geniale, pieno di risorse. Basti parlare del cibo, della creatività, della moda, del turismo. Pensiamo solo a quanti siti dell’Unesco abbiamo, più di tutti. Eppure i soli che non ci credono siamo noi. Per forza: siamo bombardati da quelli che io chiamo i bollettini della sfiga. Da un anno e più si sente solo parlare di crisi e di Covid. Io provo a guardare il telegiornale, ma spengo subito, talmente trasmette ansia”.
È vero. Però ammetterà che siamo finiti in un incubo. Questa pandemia ci ha tolto anche la voglia di tornare ad abbracciarci…
“Serve coraggio. Io dico sempre che se hai paura non riesci più a fare niente. Se quando scalo una montagna mi blocco a un passaggio difficile è finita, non riesco ad andare avanti. Così nella vita. È chiaro che questa pandemia ha cambiato la nostra normalità. Ma iniziamo nel nostro piccolo a vivere meglio, in modo più sano. Facciamola una bella passeggiata. Magari il virus te lo becchi lo stesso, ma saremo più forti, più energici. E quando mai dai media ti arrivano messaggi positivi di questo tipo? Anche a livello economico dobbiamo e possiamo uscirne. Basta con la negatività. Esportiamo la nostra genialità. Sfruttiamole le nostre bellezze naturali. Gli stranieri che vengono qui dovrebbero pagare un ticket. Insomma, crediamo nelle nostre potenzialità. L’unico problema che possiamo avere è la crisi di identità”.
È il nostro modo di vivere, quindi, che va cambiato?
“Certo, c’è paura di morire perché non si vive. Si passa il tempo in attesa del weekend, di una vacanza. Io vedo i turisti che arrivano sulle nostre stupende Dolomiti che non si separano un attimo da cellulare: ma lasciatelo a casa, ogni tanto! La vita è bella perché ogni attimo è unico, irrepetibile. E recuperiamo il valore del tempo, non dei soldi. In tasca preferisco avere un paio d’ore libere che il portafogli gonfio”.
Purtroppo ora c’è anche più egoismo, non trova?
“Ma anche prima, quando lavoravo in città, notavo che le persone neanche si guardavano negli occhi. La mia vita ora è diversa, se vado al bar con qualche amico ci si parla, ci si confronta. Vado per le mie montagne e non so cosa sia lo stress. Le cime imbiancate di neve mi danno un’energia impareggiabile”.
Lei è un fiume in piena, un trascinatore. Il successo dei suoi video ha un perché. I social, alla fine, li usa. E ha accettato di essere ospite in tv, in programmi come Geo.
“Non sono un eremita. Però le interviste le doso molto, non vado da tutti. Quando si potevano fare le presentazioni dei libri, facevo molte serate. Mi piace comunicare, ora soprattutto via Facebook dove appunto parlo della mia visione della vita, o attraverso il mio sito dove si trovano tutti i miei libri”.
Allora, parliamo di Francesco Vidotto scrittore. Quando ha iniziato a scrivere a mano le sue storie?
“Ho cominciato al liceo, solo appunti e racconti per me. Poi i primi libri, che col passaparola soprattutto in Veneto e in Trentino, hanno avuto successo e vinto premi, come le storie del boscaiolo quasi centenario Oceano (pubblicato nel 2014 e vero miracolo: ogni anno vende più dell’anno prima) e del pastore Siro, mani callose e scarpe grosse, i miei libri forse più conosciuti, pubblicati da Minerva. Mi piace scoprire persone vere, montanari dal volto solcato dalle rughe, vite che così non spariscono nell’oblio. Poi altri libri, come Fabro e Meraviglia editi da Mondadori, fino all’ultimo “Il cervo e il bambino”, ancora con Minerva. Ora ne ho uno nel cassetto, uscirà prima di Natale, il titolo è “Onesto”. Insomma, la scrittura è la mia passione. Pensare che mi sono laureato in Economia, io che ho sempre odiato i numeri”.
A questo punto manca un regista che trasformi una sua storia in un soggetto cinematografico.
“Ho dedicato uno dei miei libri a Pupi Avati, un regista che adoro, che dopo avermi letto tra i primi mi disse: “Non mollare mai”. Ma il mondo del cinema non è semplice. Per ora va bene la mia vita di scrittore montanaro. Vuoi mettere la gioia di mangiare un panino e bere un bicchiere di vino con gli amici dopo una bella scalata?”.
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