Il gruppo OMR è nato nel 1919 e oggi lavora per i maggiori marchi automobilistici mondiali, compresi Lamborghini, Porsche, Maserati, Bugatti, Jaguar e Bmw.
Dai loro stabilimenti escono i telai delle Ferrari, i motori delle Lamborghini, parti degli chassis delle Rolls Royce. Oltre cent’anni di storia alle spalle, OMR (Officine Meccaniche Rezzatesi) lavora per la maggiore parte dei marchi automobilistici mondiali. Da Porsche a Bugatti, da Bmw a Jaguar, da Maserati ad Alfa Romeo, solo per fare alcuni nomi.
Ma nella storia di questo gruppo bresciano fondato subito dopo la prima guerra mondiale, nel 1919, e oggi leader a livello globale nello sviluppo e produzione di componenti e soluzioni integrate per l’automotive, c’è molto di più. Se oggi il gruppo OMR è diventato una multinazionale con 15 stabilimenti tra Italia, Stati Uniti, India, Cina, Brasile e Marocco, dai quali escono componenti motore e trasmissione in alluminio e ghisa, parti strutturali in alluminio e telai completi in alluminio per i mezzi che viaggiano in ogni angolo del pianeta, la sua attività nei primi decenni di vita è stata indirizzata verso tutt’altri comparti.
Dal marmo al mondo dell’auto
“Qui siamo nella zona del marmo Botticino e i miei nonni nel 1919 avevano dato vita a una fabbrica per produrre macchine per la lavorazione del marmo”, racconta Marco Bonometti, vulcanico presidente del gruppo OMR, il cui quartiere generale a Rezzato (comune a ridosso di Brescia) è stato visitato dall’assessore regionale allo Sviluppo Economico, Guido Guidesi, nell’ambito della tappa bresciana del suo “Tour delle imprese” volto a incontrare gli imprenditori dei diversi territori lombardi.
Dopo i primi anni di attività, “durante la seconda guerra mondiale l’azienda si aprì alla produzione bellica”, prosegue Bonometti. “Poi, una volta finito il conflitto, cominciò a produrre macchine per la lavorazione delle calze”. Fu solo successivamente, alla metà degli anni Cinquanta, che mise a frutto l’esperienza nelle lavorazioni meccaniche cominciando a produrre componentistica per i veicoli industriali e a collaborare con l’OM, oggi parte di Iveco.
L’incontro con Enzo Ferrari
Da lì all’auto il passo fu breve. E così, quando negli anni Settanta il boom economico e la motorizzazione di massa diedero inizio a una nuova stagione per il mondo dell’automotive, OMR fu pronta a cavalcare l’onda.
A governare il nuovo corso dell’azienda fu proprio un giovanissimo Marco Bonometti, chiamato ad assumere la guida di OMR nel 1977, appena ventitreenne e ancora impegnato negli studi di ingegneria, in seguito alla morte prematura del padre Carlo. All’epoca l’azienda, per quanto già molto stimata nel panorama della produzione meccanica bresciana, aveva già una collaborazione con l’Alfa Romeo, ma poco di più.
L’occasione della svolta fu rappresentata da un incontro, quello con Enzo Ferrari. “Ricordo che mi portarono da lui e mi prese in simpatia perché ero proprio giovanissimo”, conferma Bonometti, la cui determinazione e passione sono entrate a far parte del Dna dell’azienda di famiglia. “Cominciammo a collaborare con Ferrari facendo la lucidatura dei collettori dei motori, operazione che consentiva di aumentare i cavalli, ma che all’epoca non faceva praticamente nessuno. Io mi misi sotto e, un poco alla volta, cominciai a fare anche la fusione e la lavorazione dei pezzi, arrivando in poco tempo a fornire a Ferrari il gruppo completo”.
Il fatturato aumentato di 2 mila volte in 40 anni
Il resto, è storia recente. Il fatto di diventare partner della Ferrari, oltre che sponsor da quarant’anni del marchio di Maranello per le competizioni automobilistiche, proiettò l’azienda in un’altra dimensione. Tanto che se alla fine degli anni Settanta il fatturato ammontava a 800 milioni di lire all’anno, oggi si aggira intorno ai 720 milioni di euro: un aumento di quasi 2 mila volte nell’arco di quarant’anni.
“Il comparto dell’auto è la parte predominante del nostro business, ma lavoriamo anche per quelli dei veicoli industriali, dei mezzi agricoli e del motociclo”, sottolinea Bonometti, alla guida di un gruppo che conta circa 3.500 dipendenti, oltre la metà dei quali in Italia. “La nostra forza è stata quella di verticalizzare i processi, per cui partiamo dalla materia prima, facciamo ricerca e sviluppo sui materiali e sui pezzi, ci occupiamo dell’industrializzazione, fino ad arrivare alla produzione”.
Il futuro? Materiali riciclati e abbattimento della CO2
Ma il successo dell’azienda si deve anche al coraggio di accettare sempre nuove sfide e alla capacità di rimanere un passo avanti rispetto alla concorrenza. “Grazie alla ricerca oggi siamo in grado di produrre parti di telaio o di motore che hanno le caratteristiche meccaniche dell’acciaio, ma che non pesano quasi niente”, spiega il presidente, il quale lancia anche uno sguardo al futuro. “Produrremo sempre più componenti leggeri, più sicuri e con materiali riciclati, prevedendo una riduzione delle emissioni di CO2 del 50% durante tutto il processo produttivo”.