Il discorso del Presidente russo ha una doppia valenza: rispondere alle frange militariste interne e cercare di aprire una via diplomatica con gli Usa che fino ad ora hanno chiuso i canali. Ora che succederà? La storia dimostra che le minacce dell’impero russo non sono mai state un bluff.
Premessa: una nota personale
Il commento arriva forse un po’ tardivo, perché non sarebbe stato corretto parlare a caldo del discorso del presidente russo Vladimir Putin. Il trasporto emozionale per persone vicine a chi scrive, che sono coinvolte in prima persona sulle vicende di questi giorni, avrebbe allontanato lo spirito di rigorosa oggettività scientifica con la quale proviamo a spiegare fatti ed eventi internazionali, focalizzandoci sempre su quelli che definiamo gli “scenari possibili”.
Quindi, ecco il commento. Il discorso alla nazione ci offre diversi spunti di analisi, sia su quello che sta e potrebbe avvenire sullo scacchiere internazionale, sia per quelle che sono le trasformazioni politiche interna alla Russia e alla sua leadership.
La mobilitazione parziale non è una sorpresa
Avevamo già parlato di come una mobilitazione parziale fosse una delle opzioni in mano allo stato maggiore russo per velocizzare il processo di avanzata in Ucraina. Da quelle giornate il quadro di insieme ha subito variazioni sostanziali.
Lo stato di avanzamento verso altre regioni ha visto un rallentamento. L’attesa controffensiva dell’esercito ucraino ha parzialmente modificato la geografia interna al conflitto.
Le forze cecene in campo avrebbero dovuto portare risultati migliori
La scelta di non avviare una mobilitazione parziale in estate era dettata dalla volontà di capire se le varie rotazioni nelle linee di comando sul campo avrebbero portato ai risultati sperati con le risorse disponibili.
I fatti ci dicono altro e il maggiore contributo fornito attraverso battaglioni militari volontari provenienti dalla Cecenia – con piccoli ma evidenti risultati sul campo – ha spostato il peso politico all’interno dell’amministrazione presidenziale proprio a favore della Leadership di questa Repubblica, come sottolineato nel nostro ultimo contributo.
Cosa vuole ora Putin?
Gli interrogativi che necessitano di una risposta sono vari. Qui proveremo ad inquadrare il perché di questa scelta ora e quali risultati conta di ottenere la Russia da questa politica
A nostro avviso la scelta di avviare una mobilitazione in tandem con i referendum riguardanti l’annessione dei territori sotto il controllo russo non ha una valenza univoca.
Un colpo all’ala oltranzista e uno a quella diplomatica
Con questa scelta, infatti, Vladimir Putin ha voluto in parte cedere alle pressioni interne dell’ala più oltranzista e militarista della sua leadership, cercando di mantenere equilibrio e stabilità nella stessa. Dall’altro lato ha voluto riaprire la porta alla diplomazia, come si è visto con la questione dei prigionieri.
Con l’annessione dei territori sotto il suo controllo e fortificandone militarmente le posizioni, Mosca vuole mostrare come la possibilità di un congelamento del conflitto – nel framework Donbass 2014-2022 – ma alle sue condizioni sia ancora possibile.
Il blocco Nato da sponsor dell’Ucraina a cobelligerante
Un messaggio in questo senso arriva dal cambio di narrativa all’interno del discorso di mercoledì, dove il blocco occidentale/Nato da “sponsor del regime di Kiev” ha assunto il ruolo di “cobelligerante”.
Un maggiore contributo logistico e militare, quindi, sarebbe visto come una volontà di quest’ultimo a voler alimentare un’escalation, trovando Mosca pronta – grazie alle nuove forze – a continuare con fermezza sulla linea dettata dai piani originari.
In questo senso va letto il commento rilasciato a margine del Summit SCO di Samarcanda dalla stesso Presidente russo la scorsa settimana, durante il quale dichiarava che solo alla fine si potrà analizzare il risultato sul campo della controffensiva ucraina.
Mosca aveva cercato un contatto con Washington
Non vanno separate, quindi, da questa interpretazione le dichiarazioni sul possibile uso di missili tattici se “ la sovranità e l’integrità territoriale della Federazione fosse messa in pericolo”.
Questa dichiarazione arriva dopo che più volte Mosca aveva cercato di trovare un canale di contatto in questa direzione con Washington, ottenendo prima un diniego – come sottolineato dall’ambasciatore Ulyanov sul suo profilo Twitter – e poi ricevendo come risposta indiretta alcune dichiarazioni allarmanti da Casa Bianca e Dipartimento di Stato.
La Russia è poco incline ai bluff
Mosca sa che l’uso di queste armi sarebbe una via di non ritorno, ma l’unico modo per salvare l’imperatore è mostrare la forza al proprio impero.
La storia ci insegna come la Russia in quanto impero è sempre stata poco incline al bluff, ma piuttosto propensa a sacrificarsi.
Gli effetti militari di questa mobilitazione parziale si potranno stimare solo dopo l’effettiva dislocazione delle forze sul campo. Quelli politici potrebbero arrivare prima e non dipendono solo da Mosca.