In “Niente di vero” Veronica Raimo esorcizza con ironia le ossessioni famigliari, regalandoci un’opera meravigliosa che è candidata al 76° Premio Strega.
Niente di vero. Diciamoci la verità: per molti, forse non per tutti, la famiglia è stata quella miscela che ha alimentato un’energia paralizzante chiamata insicurezza. In molti hanno ereditato fobie e ossessioni materne e una notevole maggioranza nel genere umano ha cercato di evitare con tutte le forze di non assomigliare ai propri genitori.
La famiglia, quel guscio rassicurante, nell’ideale di protezione, spesso diventa quel cemento che inibisce azioni di emancipazione ed espressione di disagio.
Veronica Raimo con il suo “Niente di vero”, pubblicato da Einaudi e candidato al 76° Premio Strega, vince una sfida, trasformando ossessioni genitoriali, piccoli traumi e roboanti figuracce in una narrazione terapeutica, fatta di immagini comiche e di un’ironia caustica. Un balsamo per il lettore che non può esimersi dall’identificare un pezzettino di se stesso nel corso dei capitoli che snocciolano episodi e rivelazioni con un lessico che appartiene a ognuno di noi e ci fa sentire in linea con la maggioranza. Perché ognuno di noi è stato quello che è stata Veronica nel corso della sua crescita.
Veronica Raimo ci scuote con una scrittura diretta ed essenziale, autentica, dotata di una comicità pungente, frutto di un acuto spirito di osservazione che, applicato al genere umano, dona una lettura a Raggi X di ossessioni, ansie e talloni di Achille di coloro che hanno condito la sua giovinezza, assediandola di episodi grotteschi, surreali e capaci di innescare quella risata liberatoria e ad alta voce che, una volta chiuso il libro, fa dire “ho fatto bene a sceglierlo”.
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