Amadeus e Fiorello gettano la spugna: come per Conte, non ci sarà un Festival Ter. Questo Sanremo è un mezzo flop, era stata buona solo la prima. Promossi: i big d’antan. Bocciati: Achille Lauro, Fiorello, il televoto (ancora telefonico) e le 5 ore di programma per 26 canzoni da 4 minuti l’una.
E basta, diciamolo: questo Sanremo è un mezzo flop. Se doveva risollevare il morale agli italiani chiusi in gabbia per il coprifuoco, ebbene ha fallito: imprigionati sì, ma mica autolesionisti.
Un bis tirato
Anzi, l’effetto è quasi imbarazzante. Quel voler fare ridere per forza (vero Fiorello?), quel voler portare allegria mentre fuori si soffre o si tira a campare suona quasi come qualcosa di stonato, di forzatamente estraneo alla realtà.
E chissenefrega della mancanza di pubblico in sala. Delle signore col vestito della festa e degli imbucati vip nelle prime file non s’è sentito affatto la mancanza. Non era quello il problema. Il Festival era e rimane uno show televisivo.
Solo la città di Sanremo, ora trasformata in una landa desolata, rimpiange i fan e gli introiti che il Festival porta, certo non la Rai che i suoi bei milioncini di ricavi pubblicitari (certo non i 37 dello scorso anno) se li porterà a casa.
Ma a qualcosa è servito?
Ora che, e menomale, siamo quasi giunti alla fine si aprirà il dibattito nel mondo dello spettacolo fermo da un anno. Ma almeno è servito, questo Sanremo che molti considerano un’ingiustizia, a dare uno scossa, a richiamare l’attenzione sulla necessaria apertura di cinema, teatri, musica dal vivo? Mah.
Noi restiamo pessimisti: così come l’hanno ideato, anche nella scenografia blindata e marziana, Sanremo appare più come un pianeta alieno, una vacanza dal mondo reale e neanche di quelle memorabili. Se volevate portarci su Marte, farci evadere davvero, serviva ben altro.
Neanche li analizziamo i dati di ascolto della quarta serata. Tanto è più o meno la stessa solfa (11 milioni e 43% nella prima parte, sì meglio della terza, ma molto meno dell’anno scorso, poi solito brusco calo dopo le 23 quando la gente esausta sogna solo il letto). Invece, impresa ardua, vediamo cosa c’è stato da promuovere. E soprattutto da bocciare.
Che c’è di geniale?
Con una battuta cattiva, si potrebbe dire che la vera unica genialata è arrivata ieri in conferenza stampa: Amadeus e Fiorello gettano la spugna, per loro niente Sanremo ter. Sono un po’ come Conte: due volte va bene, ma la terza puzza.
Cos’altro? Si è scoperto che i cosiddetti Giovani cantano meglio di molti big (per la cronaca ha vinto Gaudiano), che ormai anche il Festival ha sdoganato lo smart working (per Irama niente esibizione live, ma a distanza). Che i fiori di Sanremo saranno pure bellissimi ma tra le cantanti più giovani ora va giustamente di moda passarli di mano al partner maschile.
Che le immarcescibili Bertè, Rettore e pure (incredibile) Orietta Berti danno ancora dei punti alle ragazze, che Ibrahimovic è, a saperlo capire, un talento che potrebbe avere un futuro come attore nella parte di villain di 007, e che comunque questo Sanremo è stato salvato nonostante il turn over dalle donne, a parte il pippone di ieri sera di Barbara Palombelli.
… E cosa di non geniale
Qui ci vorrebbe un elenco lunghissimo, ma limitiamoci al peggio, o meglio alle delusioni. Spiace dirlo, ma a parte quel… buon uomo di Amadeus (copyright l’inarrivabile Natalia Aspesi), le delusioni hanno un nome, anzi due: Fiorello e Achille Lauro.
Il primo fin troppo spumeggiante e con gag di dubbio gusto, il secondo ormai deciso a stupire ad ogni costo con effetti speciali con però un effetto dejà vu.
Inutile poi soffermarsi sul mix di presunti big in gara: avere voluto i soliti cantanti sanremesi per poi puntare soprattutto su ciò che piace ai giovani ha nello stesso tempo spiazzato gli over (“Ma chi diavolo è questo?”), e spinto i ragazzi a cambiar canale (“Toh, questo è ancora vivo?”).
I ggiovani
A proposito di “pubblico ggiovane”, alcuni suggerimenti arrivano da alcuni svegli rappresentanti della categoria. A parte che gli under 20 mal sopportano quasi tutto del Festival e ciò che piace lo guardano sul digitale, da Youtube a RaiPlay, così come i brani li ascoltano su Spotify.
Le risposte al nostro veloce sondaggio hanno riguardato innanzitutto la lunghezza delle serate (notare che programmi seguitissimi dagli under come X Factor finiscono non più tardi di mezzanotte, anche perché il mattino dopo si “dovrebbe” andare scuola) e poi appunto gli intermezzi non musicali che appesantiscono e basta.
Il televoto
Ultimo appunto, che non avevamo notato, è a proposito del televoto che dovrebbe essere appannaggio dei “teen” per la vittoria finale.
Ebbene, in tutti i talent più seguiti si può votare attraverso web, app o twitter a costo zero. A Sanremo sono rimasti indietro e bisogna pure pagare: il costo della telefonata o di un sms è di 0,51 euro. Eh sì, non è un programma per giovani.
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