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Ventotene: dove il mare si fonde con l’Europa. Il genio di immaginare la pace

Un’isola del Mediterraneo poco battuta, con un mare spettacolare, ricca di storia. Un luogo ideale per rilassarsi e trovare pace. Ma Ventotene è molto di più: qui ha visto la luce il Manifesto, certificato di nascita della moderna Europa. Oggi, 31 anni fa, si è dato il via alla nuova cultura liberale: cadeva il muro di Berlino e quattro anni dopo entrava in vigore il trattato di Maastricht. Ci abbiamo guadagnato? Andare a Ventotene (isola quasi Covid-free), rilassarsi e riflettere sul come vogliamo ricostruire il nostro futuro, non sarebbe male. 

Qui Giulia, figlia dell’imperatore Augusto, è rimasta al confino per anni e anni. Qui – anzi, nella dirimpettaia Santo Stefano – Sandro Pertini ha conosciuto il carcere durante la seconda guerra mondiale. Qui è nato il Manifesto di Ventotene, un libricino scritto da degli anarchici nemici del regime fascista, che professavano niente meno che la pace tra i popoli e un’Europa libera, laica e unita.

Da quest’isola, Ventotene, Ernesto Rossi e Altiero Spinelli, al confino tra il 1940 e il 1945, hanno immaginato quello che poi sarebbe diventato il nostro futuro, fatto di libertà, prosperità, ricchezza, pace e condivisione: l‘Europa unita.

Ventotene è un’isola nel Mediterraneo, un’isola di contadini coltivatori di lenticchie, non di pescatori. Forse la maggior parte dei turisti che sceglie questa meta per passare le vacanze non sa nemmeno che proprio qui è nata l’Europa.

L’approdo per chi arriva da Formia o da Anzio è quanto mai sorprendente: dal mare si scorgono simpatiche casette colorate che si inerpicano per una collina. Sembra già di essere in un racconto fiabesco circondato di acque dai riflessi blu, turchesi e azzurri.

Questo è il luogo ideale per trovare un po’ di pace nei suoi 2 km quadrati. Lontano dalla più movimentata Ponza, meta di romani velisti e di cultori estivi di festival letterari e a poche miglia da Ischia e Capri, che nelle giornate più terse si posso scorgere all’orizzonte.

Un luogo un po’ stravagante, sicuramente unico. Ad esempio, qui non si mangia pesce. Sulle tavole vanno per la maggiori i legumi. Se si cerca dove stendersi al sole, le spiagge sono in piccole calette raggiungibili quasi esclusivamente via mare e che per lo più rientrano nell’Area Marina Protetta, quindi ci si può arrivare solo con barchini a pochi cavalli.

Ma la grandezza di questo luogo è che qui si respira la storia un po’ ovunque. Dagli scavi romani del porto, delle cisterne e della peschiera, fino al carcere della dirimpettaia Santo Stefano, una fortezza che ha funzionato fino al 1965, e che ha rinchiuso personaggi illustri insieme a miseri briganti.

La vita di Ventotene inizia al porto e finisce alla piazza. Attorno alla piazza centrale si svolge la vita dei ventotini e dei turisti, una vita che si fonde assieme, considerato che la maggior parte di loro abbandona le proprie case per affittarle d’estate a chi vuole passare qui le vacanze. Sono pochi gli alberghi, così come i ristoranti.

L’isola ha una forma allungata, fatta un po’ a pera. Nella parte più lunga si coltivano i campi, nella parte più panciuta si vive. Ed è nella parte estrema il luogo dove venivano confinati i traditori del regime fascista. Ernesto Rossi, uno dei confinati, era chiamato “il Burattino”, perché da adolescente si divertiva a schernire i reggenti proprio con dei burattini che costruiva con la carta. Imbastiva piccoli spettacoli che caricaturavano i personaggio dell’epoca e quando firmava – Esto – usava disegnare sempre un burattino.

Il Burattino è arrivato a Ventotene nel 1939, dopo due anni di carcere. In questo luogo perduto e dimenticato da Dio nacque un vero agglomerato di menti pensanti, feconde ed energiche, che diedero vita ad uno straordinario laboratorio politico e culturale che gettò le basi per un pensiero che potesse contrastare la dittatura in corso: un sogno avveniristico che si chiamava Europa.

Con Rossi c’erano anche Luigi Einaudi, Sandro Pertini, Altiero Spinelli, Luigi Longo, Giorgio Amendola, Giovanni Roveda, Camilla Ravera, tutti nomi che forse oggi dicono poco, ma che nell’Italia degli anni ’40, devastata dalla guerra, pativano la fame e il freddo confinati qui. E che lo facevano per mantenere vivo ciò in cui credevano e non soccombere al pensiero unico e omologato della repressione.

“Ventotene è l’ombelico delle tempeste” scriveva Rossi, che grazie alla leggerezza della polizia locale e con la complicità delle consorti riuscì a far uscire il Manifesto dall’isola e a distribuirlo nella rete clandestina europea degli anti fascisti.

Il Manifesto è una vera e propria tempesta: teorizza le riforme per l’abolizione della guerra e della povertà, la necessità di un’Europa contro i nazionalismi, l’unione sotto la stessa bandiera che diventa simbolo di valori e scelte condivise, baluardo di pace, cooperazione, solidarietà tra i popoli. Originale e attuale ancora oggi. Valori e ideali che ancora non si sono ancora del tutto realizzati. La nostra Unione Europea è forse diventata più che altro un’unione burocratica ed economica, trascurando la centralità di tutti quegli aspetti che consentono a un popolo di unirsi sotto un’unica bandiera.

E allora è anche per questo motivo che tutti dovrebbero venire qui: per il sole, per il mare, per un bel giro in barca, ma soprattutto per ritrovare le radici della cultura dell’Europa, o di quello che sarebbe dovuta essere. E ognuno dovrebbe leggere il Manifesto di Ventotene, per ricordare da dove arriviamo e pensare a dove stiamo andando. 

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